Forza compagni, rovesciamo tutto
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Lunedì su Liberazione Piero Sansonetti raccontava la conferenza dei lavoratori organizzata dal Prc a Torino, davanti alla ThyssenKrupp.
Scrive Sansonetti: “…è stata un avvenimento politico molto importante e originale. (…) Il Prc è partito da lì: ha chiamato i lavoratori e ha chiesto loro di parlare, di dire cosa pensano, come vivono, cosa vogliono, a cosa può servire loro la politica.
Hanno risposto: «Ci sentiamo soli, siamo incazzati, abbiamo bisogno di rovesciare gli attuali rapporti di forza tra noi e la società, noi e l’impresa, noi e la fabbrica, noi e la politica. E hanno chiesto alla sinistra: davvero hai voglia di nascere e di diventare un nostro interlocutore e di porre il lavoro al centro della politica e del progetto di riorganizzazione della società e del mercato? Se è così puoi contare su di noi. Ci saremo, come ci siamo sempre stati nei momenti decisivi. Ma se non sei in grado di fare questo, se ti chiudi nei burocratismi, se pensi che la politica sia tuta tattica, accordi, diplomazie e opportunità, allora non bussare più alla nostra porta...»
Ma davvero la felicità degli uomini, dei lavoratori consiste nel rovesciare i rapporti di forza?
E poi, cosa vuol dire rovesciare i rapporti di forza tra lavoratori e società, impresa, politica?
Davvero lo scopo della politica è mettere al centro il lavoro?
O non è forse l’uomo, che dobbiamo mettere al centro?
Davvero è nella lotta che la “classe operaia” trova la sua realizzazione?
0 non è invece vero che la realizzazione di sé, sta nel dare un senso al proprio agire? Nel sapere per chi e perché si fa?
Altrimenti diventa tutto un inumano sforzo etico, dove ognuno cerca di cogliere nell’altro l’errore, perché questo gli pare giustifichi il suo.
Uno sforzo titanico, dove il lavoratore considera chi svolge un ruolo più qualificato del suo, un nemico, uno da combattere tranne poi ricadere nei suoi stessi errori, se non peggiori, quando ne prende il posto.
Urge una riflessione sulla dignità del fare, del lavorare, sulla bellezza dell’essere maestri e dell’imparare un mestiere, direbbe Raffaello Vignali Presidente di CDO su “l’onore di fare Impresa”, e l’impresa non la fa solo chi ha l’idea, chi ci mette il capitale o fa i debiti perché il suo sogno, il suo desiderio si realizzi.
L’impresa è un’opera collettiva e riscoprire il perché si partecipa a quest’opera rende più vero e più umano il fare.
Rende gli uomini anziché, rivali o nemici, partecipi di uno stesso progetto.
Enzo Rossi. l’imprenditore del pastificio di Campofilone per due mesi ha provato a vivere con lo stipendio dei suoi dipendenti, alla fine gli ha aumentato di 200 euro la paga, qualcuno ha ritenuto che il gesto fosse una sorta di pubblicità indiretta, io penso che a volte il pregiudizio rende ciechi, induca a credere che chi dirige un’azienda debba avere solo difetti e chi invece lavora alla catena di montaggio debba avere solo pregi.
Eliminando così la verità e ciò che siamo uomini e in quanto tali fatto do bene e di male ed è solo un lavoro su noi stessi, una riscoperta del senso di “Chi ce lo fa fare” che può cambiarci e quindi cambiare la società, il modo di essere operai e imprenditori.
Cantava Claudio Chieffo, nella “Ballata Del Potere”
Lo dicevo tutto il giorno: questo mondo non è giusto!
E pensavo anche di notte: questa vita non dà gusto!
E dicevo: è colpa vostra o borghesi maledetti,
tutta colpa dei padroni e noialtri poveretti...
e noialtri a lavorare sempre lì nell’officina,
senza tempo per pensare dalla sera alla mattina...
Forza compagni, rovesciamo tutto e costruiamo un mondo meno brutto!
Per un mondo meno brutto quanti giorni e quanti mesi,
per cacciare alla malora le carogne dei borghesi,
ma i compagni furon forti e si presero il potere
e i miei amici furon morti e li vidi io cadere...
Ora tu dimmi come può sperare un uomo che ha in mano tutto,
ma non ha il perdono!
Come può sperare un uomo quando il sangue è già versato,
quando l’odio in tutto il mondo nuovamente ha trionfato:
c’è bisogno di Qualcuno che ci liberi dal male
perché il mondo tutto intero è rimasto tale e quale...”
Chissà se Sansonetti lo ha mai ascoltato.