La caduta del Governo in diretta TV
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Il giorno dopo Milano è la solita.
Caotica, gente che cammina veloce e auto impazienti ai semafori.
Uno sciopero condiziona il traffico.
Il Sindaco abolisce per un giorno l’eco pass, perché il suo scopo e disincentivare l’uso dell’auto, ma in caso di sciopero non vale.
Mentre disperatamente cerco un parcheggio che non sia a pagamento, ripenso alla caduta del Governo, non pare sia cambiato nulla, la gente corre come al solito, disillusa? In fondo a Milano si corre e si lavora, si spera solo che qualcuno premi questa laboriosità e non la castighi.
La caduta trasmessa in diretta TV mi è sembrata una tragedia mal fatta.
Una volta non sapevamo per filo e per segno ciò che accadeva a Palazzo.
Lo raccontava qualche parlamentare ai suoi amici, qualche commesso che voleva attirare l’attenzione, si leggevano i resoconti sui giornali, i libri che uscivano dopo decenni raccontando pezzi di storia passata, svelavano retroscena, aneddoti, ma la parola raccontata, stampata è altra cosa.
Ora la televisione ci manda la “diretta impietosa”.
Ogni gesto è spiato, ingigantito, trasmesso, i vizi, i tic, le debolezze, trasmesse in diretta Tv appaiono come la rappresentazione grottesca dell’uomo.
Eppure è a quegli uomini che tramite la democrazia abbiamo affidato le nostre sorti.
Guardando alla tv la votazione al Senato della fiducia al Governo Prodi, mi sono detta che siamo proprio un popolo governato da vecchi signori - poche donne, poca gioventù. Le telecamere indugiavano sulle teste calve, sulle pance prominenti, sulle rughe pensierose, sugli abiti scuri, le uniche note di colore le portavano alcune signore, con i capelli pepe e sale e la giacca rossa che li faceva risaltare, qualche foulard civettuolo o un monile elegante.
E’ il Senato signori, le statistiche ci dicono che l’età media è di sessant’anni.
Ma su 277 senatori uomini, 121 hanno più di sessant’anni.
Le donne sono 45 e la media è solo leggermente più bassa.
Presenti alla votazione c’erano anche quelli del reparto “grandi traumatizzati”, costretti sulla sedia a rotelle con la gamba in trazione, con il braccio al collo o le stampelle, avevano l’aria di chi sta facendo il suo dovere sino in fondo, eroi d’altri tempi o indispensabili pedine di un gioco a monopoli.
Abbiamo visto la sfilata del voto, ascoltato parole che non vorremmo sentire pronunciare da chi è stato eletto per Governare uno Stato come l’Italia, da chi è stato scelto perché si occupasse del bene comune, di ogni persona che vive e lavora in questo Paese.
Abbiamo udito insulti ignobili e assistito a festeggiamenti che si potevano fare in altro luogo, insomma, il comportamento di chi abbiamo delegato a rappresentarci la dice lunga sulla decadenza del nostro paese e chiedere che in tutte le sedi si riparta da una riflessione su quale sia il BENE COMUNE di questa nostra Italia e su cosa voglia dire a tutti i livelli, scegliere di fare politica, non è certo chiedere troppo.
O sì?