La buona battaglia e la vittoria di Pirro del pensiero debole
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
Finalmente dopo anni di posizioni difensive, anni di retroguardie, di battaglie in ritirata, forse ci siamo. Finalmente siamo tornati all’attacco! È tornata all’attacco la cultura del pensiero forte e della tradizione. Era all’incirca dal ’68 che tutta quella cultura che chiamo per brevità “pensiero forte” soccombeva all’inesorabile avanzata del pensiero moderno (o pensiero debole, che della modernità è l’espressione più compiuta), inteso nel senso deteriore del termine: rifiuto di tutta la costruzione che l’Occidente ha sviluppato nel corso di più di venti secoli, libertà intesa come idolatria del singolo e assenza di legami, dileggio del concetto di autorità, rifiuto e disprezzo della metafisica... La cultura del pensiero forte comprende innanzitutto la Chiesa, ma anche molta cultura laica che considera umanamente irrinunciabile prendere in considerazione la tradizione di secoli di Civiltà Occidentale, filosofi e pensatori come M. Pera, N. Abbagnano, A. Finkielkraut, R. Scruton, J. Weiler (per citare i primi che mi sorgono alla mente). Tutti accomunati da voler affermare qualcosa che non sia il nulla, affermare la possibilità che il mondo e la vita possano avere un senso, che quanto meno la ricerca di tale senso non può essere considerata aprioristicamente insensata, che ci siano cose per cui vale la pena spendere la vita e perfino morire, che ci siano dei valori assoluti, delle conquiste assolute di tutta l’umanità, che l’umanità deve in ogni modo preservare. Questo pensiero forte sta alzando la testa. Sta sfidando la modernità, che è giunta al suo apice nella formulazione del pensiero debole, nel progressismo, nel relativismo bersaglio di Papa Benedetto. Stiamo andando all’attacco, finalmente. E partiamo proprio da quel terreno su cui per secoli la modernità si era dichiarata, tramite una autoincoronazione, padrona e regina: la ragione. Il Papa sta sfidando sul concetto di ragione. Molti pensatori laici sono con lui. “Avanti - dice - il nostro concetto di ragione è questo, e porta questi frutti! Che cosa potete portare voi? Dove sono i vostri dati sperimentali? Avanzate di un solo passo trasformando la ragione da strumento a idolo?” E poi la lotta sui fondamenti, su quei fondamenti su cui si è retta la Civiltà per secoli: la vita, i figli, la famiglia, il matrimonio... “Forza, stiamo parlando dell’uomo reale, non dei vostri schemi. L’uomo moderno, senza legami, senza Dio, legge a se stesso, ideale a se stesso, è forse più felice? La civiltà moderna è forse più buona, più giusta, più bella? La nostra concezione di uomo è questa, qual è la vostra? Avanti, rispondete!” Finalmente li stiamo mettendo con le spalle al muro. Cercano di scappare i seminatori di zizzania, i “relativisti”, i “progressisti”. Qualcuno leva alti lai paventando la futura teocrazia, qualcuno semplicemente fugge, elude, scappa, cambia discorso, parla per frasi fatte, non risponde. Ma le domande sull’uomo, censurate, compresse per tanto tempo stanno iniziando a ribollire, e le risposte iniziano a venire a galla. Finalmente si parla di risposte.... alcuni dicono: “l’uomo è X”, altri: “l’uomo è Y”, ma l’esercito di coloro che dicono: “l’uomo non è nulla” inizia a subire diserzioni, sotto l’urto delle domande di sempre sul senso della vita e dell’uomo. Benedetto XVI è il vessillifero, è l’alfiere, il ‘colossale’ Discorso di Ratisbona, le due Encicliche sono i piani di battaglia. Al suo comando il grande esercito, pieno di contraddizioni e disertori, che è la Chiesa. Al suo fianco non sudditi, non passivi esecutori di ordini, ma preziosissimi nuovi alleati. I vibranti proclami di una Fallaci, grondanti amore per la vita e per il mondo, con il suo grido lacerante ma non disperato: “se un'atea e un Papa dicono la stessa cosa, in quella cosa deve esserci qualcosa di profondamente vero, disperatamente vero”. L’opera sottile dei filosofi come Pera e Scruton (p. es. il Manifesto dei Conservatori). Le grandi, coraggiose battaglie lanciate dal grande Ferrara... Essi non fanno parte dell’armata del Generale. Sono alleati, preziosi e inaspettati, che hanno disertato il campo del nemico perché hanno capito che il nemico non fa altro che fare del male a sé e all’umanità. Scappano, i relativisti, come topi impazziti, la polemica per la visita del Papa all’Università la Sapienza ne è la prova! “Il Papa vorrebbe parlare con noi, vorrebbe sfidarci? Non osi, non osi venire nel nostro campo, nel nostro castello, con che diritto si presenta? Vorrebbe affrontarci in campo aperto?” Scappano vigliaccamente, non hanno il coraggio di stare di fronte a se stessi, alle loro stesse debolezze, alla loro completa incapacità di rispondere alle domande più importanti. Soccomberebbero innanzi alla montagna di dati sperimentali contro le loro teorie, continuano ad affermare che l’uomo è nulla, o che l’uomo è economia, o società, o molecole, o... nulla che non possano sezionare chiudendosi a chiave nei loro studi polverosi, nei loro laboratori asettici, nelle loro pagine inchiostrate, “Fino a sognare sistemi talmente perfetti /che nessuno avrebbe più bisogno di essere buono./ Ma l'uomo così com'è/ adombrerà sempre ciò che l'uomo pretende di essere” (T. S. Eliot) Le prove sperimentali sono contro di loro, allora eccoli, gli illustri scienziati, che non osano confrontarsi con gli esperimenti, con lo stesso metodo scientifico, che con tutta la loro scienza fuggono innanzi a chi pone semplicemente loro delle domande! Hanno giocato una carta disperata, addirittura hanno dovuto rinnegare uno dei più profondi principi democratici, quello della libertà di espressione! Ma la loro è una vittoria di Pirro: siamo tornati all’attacco, e non ci fermeremo! È nei Disegni di Dio l’esito di questa guerra. È nelle nostre mani rispondere alla chiamata, sia che abbiamo la Fede, sia che non lo abbiamo, in gioco è il nostro cuore e il cuore dell’umanità intera. Bisogna che chiunque sia veramente uomo non si tiri indietro, non abbia paura, poiché “Bisogna dare battaglia perché Dio doni la vittoria!”