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Valori e politica

Autore:
Guastalla, Guido
Riceviamo da Guido Guastalla, Capogruppo Amare Livorno, questa bella riflessione che pubblichiamo volentieri, segno anche della stima e amicizia reciproca

Nel periodo intercorso fra la promulgazione dell’Enciclica papale Spe salvi e il discorso del Presidente francese Sarkozy in San Giovanni in Laterano di giovedì scorso, il dibattito sulla presenza della religione (o delle religioni) nell’etica pubblica ha avuto una accelerazione straordinaria, con interventi sia in positivo che in negativo.Sono diversi anni, almeno dal gennaio 2004, in occasione dei colloqui di Monaco fra il filosofo Habermas e l’allora Cardinale Ratzinger che assistiamo ad una crescente richiesta di partecipazione al discorso pubblico della religione, in contrasto con quella idea illuministica di un mondo senza Dio o, comunque di una fede religiosa relegata nella dimensione privata.
Per sgombrare il terreno da ogni possibile equivoco di supremazia temporalistica, nella conferenza monacense del 2004 Ragione e fede. Scambio reciproco per un’etica comune, nel capitolo Maggioranza e verità, il cardinale Ratzinger si domanda: “Quando una maggioranza - per quanto preponderante - opprime con norme persecutorie una minoranza, per esempio religiosa o etnica, si può parlare ancora di giustizia o in generale di diritto?”. L’età moderna, nelle varie dichiarazioni dei diritti dell’uomo tende a sottrarre una serie di elementi normativi al gioco o all’arbitrio delle maggioranze. Per cui conclude il cardinale.” Ci sono dunque valori che valgono per se stessi, che provengono dalla natura umana e perciò sono inattaccabili per tutti coloro che possiedono questa natura”. Questa legge rappresenta il correttivo al diritto positivo e al suo puro formalismo. Nella Bibbia d’altronde, si racconta che Dio, dopo il Diluvio universale, stabilisce un patto definitivo con Noè e tutta la sua discendenza che, essendo l’unico sopravvissuto, è quindi l’intera umanità. Dice il Talmud, cioè la Bibbia orale ebraica, che chiunque accetti i sette comandamenti che Dio impone a Noè (fra cui il divieto di idolatria, di sacrilegio, l’incesto, l’omicidio e il furto) avrà parte alla vita nel mondo a venire. Come si può notare c’è piena concordanza fra la tradizione ebraica e quella cristiana.
Il tema posto da Habermas e dal cardinale Ratzinger su società “secolare e “postsecolare” e sulle fonti prepolitiche della società, recentemente confermate e approfondite dal filosofo tedesco nel convegno romano che tante contestazioni ha suscitato in ambito laicista, ha trovato un critico severo in Gian Enrico Rusconi che, su La Stampa di giovedì 20 dicembre, rovescia le posizioni affermando che:” L’enfasi con cui si riconosce alla Chiesa il diritto di esprimersi nella sfera pubblica suggerisce che l’essere laico sia una faccenda privata”. Poiché la laicità è sottoposta al rischio del puro formalismo, conclude Rusconi si deve “falsificare l’inconsistente obiezione che la laicità sia, nel migliore dei casi, soltanto una procedura o un metodo, mentre la religione offrirebbe contenuti sostantivi di senso”. Quando nella democrazia laica si manifestassero posizioni incompatibili fra di loro, ai fini dell’etica pubblica e delle sue espressioni normative, la soluzione per Rusconi è da individuare “nello scambio amichevole di argomenti nella lealtà reciproca”. Chi di fronte a questa soluzione lanciasse contro l’accusa di “relativismo” non solo non potrebbe essere definito laico ma userebbe questo concetto come una parola killer che uccide ogni dialogo.
Nel suo discorso in Laterano Sarkozy ha affrontato gli stessi temi; partendo dal secolo dei Lumi, constata che l’Europa ha riposto “di volta in volta le speranze nell’emancipazione degli individui, nella democrazia, nel progresso tecnico, nel miglioramento delle condizioni economiche e sociali, nella morale laica”. Ma questo non le ha impedito di deragliare nel comunismo e nel nazismo e soprattutto “ nessuna di queste prospettive è stata in grado di rispondere al bisogno profondo degli uomini e delle donne di trovare un senso all’esistenza”. Se esiste certamente una morale umana indipendente da quella religiosa, “la Repubblica ha interesse a che esista anche una riflessione morale inspirata alle convinzioni religiose” Se l’augurio è quello di “una laicità positiva, cioè una laicità che, pur vegliando alla libertà di pensare… non considera che le religioni sono un pericolo ma piuttosto un punto a favore” la conclusione sul punto è “che si tratta… di cercare il dialogo con le grandi religioni di Francia e di avere come principio quello di agevolare la vita quotidiana delle grandi correnti spirituali piuttosto che di cercare di complicarla a loro”. A fronte dell’ossessione del benessere materiale c’è una ricerca di senso dell’identità che si esprime nell’attesa di spiritualità, valori, speranza, che non a caso è il tema della nuova enciclica di Benedetto XVI. Citando Bernanos conclude che “l’avvenire è qualcosa che si domina. Non si subisce l’avvenire, lo si fa… La forma più alta di speranza è la disperazione dominata”.
Due forme di laicità, due risposte, si potrebbe dire, diametralmente opposte.
Felice, mi viene da dire, quel Paese che ha un Presidente capace di un discorso siffatto!
Potremo sperare anche in Italia e per l’Italia una politica che si elevi al di sopra delle mediocri liti da cortile alle quali siamo costretti ad assistere?
Io ho l’impressione che la prossima battaglia politica si giocherà sul piano dei grandi progetti, di più vasti orizzonti, dei valori appunto e della spiritualità. E che vincerà quella parte politica che meglio interpreterà questa esigenza e la saprà proporre alla gente.
Questo è l’augurio per il prossimo anno.

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