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Maskio fatti più in là.

Fonte:
CulturaCattolica.it
L’errore a mio avviso di ieri e di oggi è di sostenere che uomini e donne sono uguali.
Non lo sono.
Ed è proprio per questo che le donne non dovrebbero lottare per una equiparazione, ma per il riconoscimento di un valore.
Il valore della differenza.

Io sono mia.
Gridavano in corteo le femministe della mia infanzia, portavano cartelli al collo, facevano girotondi e bruciavano il reggiseno nei falò accesi nelle piazze.
Mia madre sosteneva che avevano ragione, anche se lei non andava a sfilare e non bruciava reggiseni.
Sosteneva la perfetta parità tra lei e mio padre e per dimostrarlo nei fatti, imbiancava casa, faceva lavori di piccola falegnameria, si aggiustava da sola il ferro da stiro, mio padre non capiva e la metteva sulla forza fisica e sul potere d’acquisto.
Era una partita persa in partenza, mia madre stilava lunghi elenchi delle sue prestazioni, come colf, guardarobiera, bambinaia e monetizzava il suo lavoro sperando che mio padre capisse che il ruolo di mia madre era prezioso.

Tutto inutile.

Mio padre si sentiva attaccato nel suo ruolo di capofamiglia e non gli restava che trincerarsi dietro ai sacchi di cemento che era capace di portarsi sulle spalle e sullo stipendio di fine mese, era il suo modo di affermare un ruolo preponderante che il femminismo voleva sgretolare.

Le ho riviste l’altra sera in tutti i telegiornali, a Roma, donne in corteo per una sfilata contro la violenza sulle donne.
Corteo vietato agli uomini, hanno, poco elegantemente, sbattuto fuori dal corteo le “ministre” Prestigiacomo, e Carfagna, ma hanno fischiato anche Livia Turco e Barbara Pollastrini, ree di aver presentato una legge che parla di famiglia.

Un gruppo di donne ha invaso il palco de La7 allestito a piazza Navona, stendendo lo striscione “Libertà e autodeterminazione”

Su Liberazione leggo: “Adesso è il momento di assaporare il successo e di pensare a un futuro, la cui molla non sono le leggi promesse o già scritte, come quella proposta dalla ministra Barbara Pollastrini, che mette al centro non le donne, la loro libertà, ma la famiglia, ancora la sacra famiglia”.

Non ci siamo.

Libertà e autodeterminazione? Dopo tanti anni non ci siamo ancora.
Perché se va riconosciuto ai movimenti femministi di aver aiutato le donne a riflettere sulla loro condizione, sulle possibilità negate, va anche evidenziato l’errore principale che ancora la nostra società porta come marchio e che si sta ripetendo.

L’errore di ieri e di oggi è di sostenere che uomini e donne sono uguali.
Non lo sono.
Ed è proprio per questo che le donne non dovrebbero lottare per una equiparazione, ma per il riconoscimento di un valore.
Il valore della differenza.
Questo è METTERE AL CENTRO LE DONNE.
Una donna è diversa dall’uomo, non solo perché partorisce i figli, ma perché ha un approccio diverso alla realtà, e questa differenza è un valore, e come tale va difeso.
La vera libertà per le donne non consiste nell’essere “liberate” dalla maternità e dalla famiglia ma nel riconoscimento anche sociale del ruolo che la donna svolge, come lavoratrice e come moglie e madre.

Ecco perché individuare ancora una volta nel maschio, nel fidanzato, nell’ex, il nemico, è cieco autolesionismo.
Come autolesionismo era lo sforzo titanico di mia madre ad essere uguale a mio padre nei lavori di fatica.

La libertà consiste nel poter essere ciò che si è, senza dover COPIARE un modello che non ci appartiene.

Invece la parità è sempre vista SOLO come equiparazione, così le donne lavorano come gli uomini, fanno figli come se si trattasse di un lusso, e poi hanno un secondo lavoro casalingo e se non ce la fanno, devono chiedere aiuto ad altre donne, la mamma, la suocera, la collaboratrice domestica a ore.
Insomma, perché una donna lavori come un uomo e possa permettersi il lusso di una famiglia, è necessario che altre donne si occupino per amore o per lavoro, delle incombenze casalinghe.

Alle donne è rimasto il doppio ruolo e non è propriamente una conquista.

Urge una riflessione vera, seria, fatta insieme agli uomini.

Perché non è la contraccezione, la possibilità di fare un figlio a carriera raggiunta con metodi artificiali, il mettersi da parte dei maschi dai posti di comando della politica o dell’industria, che libera le donne dalla violenza prevaricatrice del maschio, ma è un’educazione al valore della persona, un’educazione al valore della donna, un’educazione che porti cambiamenti radicali nel pensare e nel fare.

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