Esiste oggi in Italia una “questione romena”?
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Innanzitutto: perché la Romania?
Ho conosciuto questo paese attraverso un amico, che mi propose di fare una vacanza di volontariato lì nel 1993. In questi quindici anni perché continuare a tornarci? Qualcuno lo ha chiamato “mal di Romania”. La simpatia e la ospitalità delle persone unite alle situazioni di bisogno che si incontrano.
Di che cosa si occupa Progetti In?
L’associazione si occupa principalmente di sostegno a distanza, cioè di aiutare bambini e ragazzi in particolare stato di indigenza e le loro famiglie, e di inserimento professionale: accompagnare i ragazzi nel loro ingresso nel mondo del lavoro, attraverso percorsi formativi, incontri, esperienze positive, in una società molto problematica. Tutti i progetti si svolgono sia a Bucarest che a Slatina, in Oltenia.
Quali sono i suoi rapporti personali con la Romania?
Sono rapporti innanzitutto di amicizia: spesso, non appena la mia professione in Italia me lo consente, mi reco in Romania per incontrare i nostri partner romeni (una ONG locale, la Caritas, un centro diurno, le parrocchie…), per discutere con loro dello stato di avanzamento dei progetti, per vedere con i miei occhi come vanno le cose e come stanno le persone, gli adulti e i ragazzi che aiutiamo. In estate inoltre portiamo gruppi di studenti a fare esperienze di volontariato, come quella che mi ha fatto scoprire il paese quindici anni fa.
Ci pare dunque che questa associazione sia un osservatorio privilegiato per conoscere la realtà sociale ed esistenziale del popolo romeno: che giudizio dà sui fatti di cronaca che in questi giorni fanno riecheggiare il nome di questa terra su tutti i media?
L’altro giorno sono atterrato ad Orio al Serio, proveniendo da Bucarest. Sulla navetta che porta al terminal, prima del controllo documenti, due persone parlano fra loro; sono miei compagni di viaggio di nazionalità romena. “Cum va fi pentru noi acum, cu aceste probleme?” Come sarà la situazione per noi adesso, con questi problemi?
Leggo sul quotidiano acquistato prima si salire in aereo: “I nostri connazionali hanno paura a farsi riconoscere come romeni - mi chiamo Giovanni - non Ion”; “le mamme non mandano i figli a scuola da alcuni giorni; i muratori a giornata non trovano più chi li ingaggi…”. I quotidiani, in Italia e in Romania, esasperano le situazioni. Ma una situazione di crisi c’è.
Le persone che lavorano onestamente in Italia sono la maggioranza dei romeni; pagano le conseguenza del comportamento di pochi. Le conseguenze più ingiuste sono quelle per chi lavora in Italia da molti anni.
Considerazioni più approfondite vedono nel decreto di espulsione una minaccia per molte persone che non sono in situazione di assunzione regolare.
Romeni e Rom: i buoni e i cattivi?
Non sono razzista, non lo sono mai stato. Ieri avevo in coda al controllo bagagli un ragazzo zingaro, con una delle facce più losche che io abbia mai visto. Mi sono accorto di fissarlo con disprezzo, pensando a tutti gli avvenimenti di questi giorni.
In Romania in quindici anni di volontariato non mi è mai successo nulla, non ho subito furti né aggressioni, nemmeno verbali. Le persone educate sono molto attente alle regole, ad una cortesia non invadente, che contrasta con l’atteggiamento talvolta degli italiani - avendo una madre inglese mi permetto questo commento. Ogni popolo ha le sue qualità - la comunicazione estroversa degli italiani, ad esempio.
Gli zingari non mi hanno mai fatto nulla di male. Ne hanno fatto ad una persona a me molto cara, che ho conosciuto nel 1993, all’età di 6 anni in un orfanotrofio; non l’ho più rivista, fino al giorno in cui l’ho incontrata per strada a prostituirsi - sotto la direzione di una donna zingara.
Il fratello di quella bambina aveva 8 anni, sempre in quella estate del 1993, e adesso ogni tanto mi chiama dal carcere dove si trova da due anni, per furto. Un delinquente romeno? Forse sì, ma abbandonato all’età di 8 anni in orfanotrofio da un padre alcolizzato, assieme a tre fratelli più piccoli di lui.
Questa estate ho visto una famiglia zingara in metropolitana a Bucarest, ed erano meravigliosi - nonno, nonna e due bambine piccole, che come tutte le bambine zingare ti danno l’impressione di essere più adulte di te in qualcosa. La piccola mi ha fatto pensare a mia nipote. Erano meravigliosi perché avevano tutto il carattere della loro etnia, ma erano persone civili.
La Romania sta cambiando velocemente, nel centro di Bucarest si corre, si corre tanto, forse troppo - ma di questo parleremo un’altra volta. Gli occidentali investono, si aprono uffici, rappresentanze, si costruisce in tutto il paese con le sovvenzioni della UE. Gli zingari sono un problema, in parte sono una piaga aperta. Abbiamo parlato della integrazione dei rom, forse il cambiamento arriverà, forse dovremo lavorare a lungo perché arrivi, dovranno farlo i cittadini romeni assieme a noi.
Un problema che viene da lontano?
Il team delle hostess sul mio aereo, un low cost di bandiera romena, è composto da una bionda dai lineamenti slavi e gli occhi azzurri, una scura e grassottella dall’aspetto un po’ zingaro, e una ragazza minuta dai capelli castani e il volto espressivo. Rifletto fra me su questa manifestazione dell’etnie romene, e le mie letture della “Breve storia dei romeni” (Ion Bulei, 1991). I Daci mescolati ai coloni romani formano il nucleo del popolo con la lingua neolatina; le guerre con gli ottomani del medioevo e la dominazione turca, la unificazione con la Transilvania dal mondo Austro-Ungarico, e con la Moldavia. E da secoli in Romania ci sono gli zingari.
Qual è in tutto ciò la posizione dei Romeni?
Leggo sul mio quotidiano Evenimentul zilei (l’evento del giorno - www.evz.ro). “La crisi dei romeni in Italia ha ricondotto all’attenzione un problema vecchio di centinaia di anni: la precaria integrazione nella società di tipo europeo di buona parte della etnia rom. Poco adattati al cambiamento del mondo, gli zingari continuano a vivere secondo regole millenarie, divisi in caste, conservando delle abitudini quasi tribali. Il conflitto con le regole di convivenza delle società moderne è amplificato da altri fattori, come la mancanza di educazione e il perpetuarsi di alcune aggressività ancestrali. In Romania la integrazione dei Rom non si è realizzata perché i governi si sono limitati di dare loro assistenza sociale (e anche quella, minimale), di “sostenerli” per utilizzarli in campo elettorale, invece di imporre regole ferme per la loro integrazione.”
Che cosa, secondo lei, rende la cooperazione internazionale un rapporto diverso da altri tipi di partnership, per esempio quella commerciali, con altri stati? Cosa significa per voi cooperare con ONG locali?
Sicuramente una gratuità e un’amicizia, che storicamente stanno all’origine di tutto quello che in questi anni si è sviluppato. Poi il valore della diversità, la possibilità di entrare in rapporto con persone di una cultura diversa dalla nostra, che tuttavia affrontano i problemi degli uomini con quello stesso spirito di servizio che attrae anche noi.
Per il resto vi lancio un invito…seguiteci. Con il nostro partner romeno, Aproapele, stiamo sviluppando diversi progetti. Seguiteci sul nostro sito www.progetti-in.org e, se vi sembra bello quello che facciamo, sosteneteci!