Riflessioni sulla laicità
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“veluti si Deus daretur”
È opinione oggi diffusa che tutte le religioni, indistintamente, cadano in derive fanatiche, terroristiche e totalitarie, mentre solo la cultura laica sarebbe immune da pericolose deviazioni. Si parla di laicità come garanzia per fermare ogni invasione religiosa della libertà individuale e dello stato. In questo contesto, però, la laicità è svilita, privata di forza argomentativa, ridotta a contrapposizione al “religioso”. Credo che sia ragionevolmente condivisibile il pensiero che la vita umana, come quella sociale, sia affermazione positiva dell’essere in una pluralità di forme, non appiattimento e contrasto tra differenze. Nessun essere vivente può durare nel tempo seguendo il principio della contrapposizione con un altro essere vivente. Il modo di concepirsi laico da parte di molti intellettuali sembra il risultato di una degenerazione storica, non priva d’esiti violenti, nel laicismo. Viene da chiedersi quale interesse possa esserci nel costruire una mentalità e una prassi basate sulla contrapposizione.
Un esempio: in alcune scuole è in distribuzione un manuale per bambini “Il piccolo ateo” in cui si predica l’ateismo contro il cristianesimo. Si pretende di insegnare ai bambini un’ideologia ignorando del tutto l’esperienza religiosa, che nel bambino è molto forte, in nome di una libertà che non ha fondamento se non la pura opposizione. Da piccoli si guarda la realtà con stupore, come un dono e si è dominati dalla curiosità. L’educazione ora proposta sembra finalizzata all’esclusione di quest’esperienza reale che è un’autentica esperienza religiosa. Dove sta il rispetto, dove la laicità? Il prof. D’Agostino ha affermato che il modo post-moderno di dialogare è raccontare reciprocamente le nostre storie, le esperienze di vita, la tradizione. Questo dilata la possibilità di relazione, strappa il pensiero dal freddo ragionamento, ci fa scoprire uomini con gli stessi desideri e bisogni. Chi si ferma alla contrapposizione non potrà fare la scoperta che la vera conoscenza della realtà è conoscenza amorosa. Senza amore la conoscenza non è rispetto dell’altro nella sua specificità ma potere, riduzione dell’altro a oggetto dei nostri desideri. Poter raccontare ai bambini le nostre storie, le nostre tradizioni, renderli partecipi della bellezza che ci ha affascinato: questo è il compito dell’educazione. Non ideologia, freddo ragionamento, riduzione dell’esperienza. Occorre allargare la ragione, andare a scuola di una vera laicità, quella che riconosce all’uomo la libertà religiosa come la prima delle libertà. In Birmania i monaci lo stanno insegnando a prezzo del sangue. Vivere come se Dio ci fosse rende liberi.