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Studenti nel paese dei balocchi

Fonte:
CulturaCattolica.it
Parlare male della scuola, e dei suoi insegnanti da un parte è estremamente facile, basta attingere alla cronaca, dall’altra altrettanto difficile, perché si rischia di fare di tutta l’erba un fascio...

Parlare male della scuola, e dei suoi insegnanti da un parte è estremamente facile, basta attingere alla cronaca, dall’altra altrettanto difficile, perché si rischia di fare di tutta l’erba un fascio e di offendere il lavoro e la dignità, di quegli insegnanti, che ancora guardano negli occhi i loro studenti.
Eppure bisogna che si cominci anche a guardare a quello che non va, che si cominci a fare il punto dello sfascio.

Viviamo in una società di “orfani”.
Orfani di padre, madre, maestri, si è creduto che la libertà fosse non avere nessuno a cui guardare, nessuno con cui confrontarsi essere LIBERI da ogni legame.
I risultati sono tragici.
Intere generazioni sono cresciute senza nulla e nessuno con cui paragonarsi, molti di coloro che sono cresciuti in questo modo insegnano, e si illudono ancora che la libertà, sia lasciare liberi quelli che stanno seduti davanti a loro (e non sempre stanno seduti) di scegliere.
Scegliere se ascoltarti o snobbarti, se studiare o oziare, molti adulti purtroppo non ritengono faccia parte dell’educare, pretendere impegno e rispetto.

Altri cresciuti con i miti degli anni 70, fanno i politici, e sembrano affetti da schizofrenia, un giorno decidono che gli esami sono un trauma da evitare, il giorno dopo che non si possono abolire gli esami a settembre, un giorno dicono che uno spinello non ha mai fatto male a nessuno, e dopo che lo spinello fa male a chi guida gli aerei, gli autobus e i treni, come se facesse bene al macellaio, al chirurgo, a quello che lavora sulla pressa…
Poche idee ma confuse, non hanno mai fatto del bene a nessuno.

E così che si è arrivati a questa società, con questa scuola, dove si punta tutto sulle materie alternative, sperando di invogliare gli studenti con offerte sperimentali e finendo per dimenticare il fascino della letteratura, della geografia, della matematica… fino a quando qualche sondaggio Europeo non ci bolla come “popolo di ignoranti”.

Se facessimo un’indagine seria nelle scuole Italiane, scopriremmo situazioni raccapriccianti.
Ci sono insegnanti di istituti tecnici, che sono ottimi professionisti, infatti sono spesso assenti ingiustificati perché devono seguire i cantieri, ne conosco uno che sfogliava davanti alla classe i contanti ricevuti quale compenso per il suo lavoro, disprezzando l’insegnamento che non permette una vita dignitosa…
Oppure, insegnanti di matematica che non si sono mai aggiornati, che non hanno mai colmato le loro lacune e che è risaputo che assegnarli ad una classe vuol dire “sospendere per quell’anno l’insegnamento della loro materia” e allora, il preside d’Istituto non potendo licenziarli, li assegna ogni anno ad una sezione differente, ma siccome mal comune non è mezzo gaudio, si finisce per avere interi corsi con grandi lacune in matematica.
E potremmo andare avanti.
Sento già la replica di quegli insegnanti che si sentono offesi, o perché fanno bene il loro lavoro e non si riconoscono in questi colleghi – Grazie A DIO - o perché difendono la CASTA e in fondo riconoscendosi in questi colleghi – li e si giustificano – come se lo stipendio basso, ed è davvero basso, la montagna di burocrazia da scavalcare, ed è davvero un’alta montagna, potessero essere portate a giustificazione…

Ecco allora perché vi invito a leggere:
“Studenti nel paese dei balocchi. Lettera di un insegnante a un genitore”
Aracne Editrice
Pagine: 80 Prezzo: Euro 7,00

Scritto da Paolo Mazzocchini insegnante di latino e greco nei licei, studioso di letterature classiche, autore di testi scolastici e scrittore.

E’ un libro coraggioso, scritto da un insegnante che non solo ha il coraggio della denuncia di tutte quelle forme di non educazione, alle quali insegnanti e famiglie sembrano rassegnati, è il libro di una persona che ha compreso che per porre rimedio ad anni di maleducazione, di decreti e riforme fatte senza lungimiranza, bisogna che per primi gli insegnanti accettino di ripensare al loro ruolo, di guardare alle cose che non vanno, di tornare ad essere educatori e non fornitori di servizi.

Coraggio, è una sfida.

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