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Zingari: l'unità nella diversità

Fonte:
ZENIT.org
“Occorre che la razza non ci separi, ma che si cerchi di favorire l'unità nella diversità”

Sansonetti, dalle pagine di Liberazione e dagli schermi televisivi invoca "pane, casa e lavoro per tutti" non ci sono distinzioni, non ci sono razze, etnie, non ci sono differenze. Meno male che c'è la Chiesa che ci ricorda che le differenze sono un valore, "l'unità nella diversità".

ROMA, lunedì, 5 novembre 2007 L'unità nella diversità è la chiave della pastorale degli zingari. E’ questo il messaggio che emerge dal I Incontro Mondiale di Sacerdoti, Diaconi e Religiosi/e Zingari, svoltosi a Roma dal 22 al 25 settembre scorso.

All’Incontro, promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti sul tema “Con Cristo al servizio del Popolo Zingaro”, hanno partecipato circa quaranta persone, tra cui 33 zingari consacrati provenienti da 9 Paesi europei – Francia, Italia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Spagna, Ucraina e Ungheria – e dal Brasile.

“Occorre che la razza non ci separi, ma che si cerchi di favorire l'unità nella diversità”,dichiara il Documento Finale dell’Incontro.

Per raggiungere questo obiettivo, si auspica che i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose di origine zingara assumano il ruolo di “ponte” tra la comunità zingara e quella dei gağé [non zingari, ndr.].

Gli zingari consacrati sono più di 100, provenienti dai gruppi Rom, Sinti, Kalés, Manousche, Bhill e Jajabor.

Il Documento Finale sottolinea in primo luogo la “grande diversità nella realtà di vita del popolo zingaro oggi, a seconda dei Paesi in cui esso si trova”, aggiungendo che la cultura zingara contemporanea “è in fase di mutazione a motivo dello sviluppo tecnologico, dell'influenza dei mass media e dell'alfabetizzazione che offre nuove possibilità per l'evangelizzazione”.

Per questo motivo, gli zingari “sono sempre più consapevoli della loro propria dignità e, allo stesso tempo, avvertono la necessità di lavorare per la promozione umana dei fratelli di etnia”.

Secondo il testo, “la relazione tra zingari e gağé è falsata da un rigetto ancestrale”, e la strada per giungere a un’autentica condivisione della Parola di Cristo e per sperimentarne la gioia è ancora lunga.

Gli zingari consacrati “non chiedono alla Chiesa di dare loro un posto speciale”. Ciò che occorre, in realtà, è “apertura e disponibilità da parte degli zingari e dei gağé per trasmettersi reciprocamente il Vangelo e vivere autenticamente la cattolicità della Chiesa”.
L’auspicio degli zingari consacrati è dunque che la Chiesa “sia, tramite loro e con loro, luogo ove ogni zingaro possa essere riconosciuto con tutte le sue ricchezze particolari; luogo dove esso è uguale ad ogni altro cattolico, per la stessa dignità conferita ai fedeli da uno stesso ed unico Battesimo”.

È quindi giunto il tempo di “impegnarsi affinché si vinca l’immagine che tende a considerare gli zingari solamente come poveri da aiutare”. “Occorre sforzarsi con gli altri membri della Chiesa affinché si considerino anch’essi poveri” e accettino “le ricchezze umane e spirituali di cui gli zingari sono portatori”, così come questi ultimi devono essere a loro volta “disposti a ricevere dai gağé”.

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