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Non se ne dovrebbe fare una questione di opinioni

Autore:
Turroni, Paola
Fonte:
CulturaCattolica.it
Continua la gradita collaborazione di Paola Turroni, su questioni di attualità. E' ragionevole difendere la persona umana, la sua dignità e libertà

Non se ne dovrebbe fare una questione di opinioni. Si tratta di andare alle fonti dei fatti.
Hidjab (il velo in arabo) è qualsiasi membrana che preserva una parte del corpo, così si legge nell’Enciclopedia dell’Islam. Letteralmente, oltre che simbolicamente, l’hidjab equivale all’imene, garantisce la verginità di una ragazza, oppure la sua fedeltà. Negli hadith (parte importante della legge islamica) la donna è descritta come una debole, incapace di controllarsi, dipendente dagli appetiti sessuali. Di conseguenza deve essere sorvegliata, rinchiusa.
Il velo serve proprio a questo, a sottrarre la donna agli sguardi, a occultare il suo corpo, a controllare la sua sessualità. Non a caso il velo viene imposto nell’età fertile e a volte, come in Iran, anche a partire dai sette anni. Anche i colori sono predeterminati: è bianco per la ragazza vergine e diventa nero dopo la prima notte di nozze. Una ragazza senza velo si definisce aryana, che vuol dire nuda. Il burqa imposto dai talebani (velo che copre dalla testa ai piedi, con una sorta di griglia davanti agli occhi) è verde esternamente, il colore dell’islam, e bianco all’interno, alcune donne lo chiamano il cavolfiore. Tra i talebani la condizione è esasperata. Certo, non sono solo le donne a subire soprusi e divieti, ma le donne servono soltanto per la procreazione, per la soddisfazione dei bisogni sessuali degli uomini e per lo svolgimento dei lavori domestici.
Divieto assoluto di eseguire lavori all’esterno delle mura domestiche, solo alcune donne medico e infermiere hanno il permesso di lavorare in alcuni ospedali di Kabul. Divieto di essere curate da dottori maschi. Ciò vuol dire che nella maggior parte dei casi non vengono curate affatto, poiché le donne non possono studiare, né lavorare e le donne medico, rarità ereditata dal periodo che precede la dominazione talebana, lavorano solo negli ospedali dei centri urbani.
Divieto assoluto di uscire di casa se non accompagnate da un mahram (un parente stretto: padre, fratello o marito). Divieto di studiare in scuole, università o altre istituzioni educative. Divieto di praticare sport o di entrare in un centro sportivo. Divieto di apparire sui balconi delle loro case. Obbligo di oscuramento di tutte le finestre in modo che le donne non possano essere viste dall’esterno. Divieto di andare in bicicletta o motocicletta, anche con il mahram.
Obbligo di indossare il Burqa, che le copre da capo a piedi. La vista è permessa da alcuni forellini minuscoli all’altezza del viso, è di conseguenza molto sfocata. Se a causa della difficoltà visiva le donne inciampano e il burqa lascia intravedere le mani o le caviglie, vengono picchiate e fustigate.
Frustrate, percosse, invettiva verbale, sono la punizione per quelle donne che non vestono secondo le regole imposte dai talebani. Divieto di uso di cosmetici (a donne con unghie dipinte sono state tagliate le dita). Divieto di indossare vestiti di colori vivaci, in quanto colori ”sessualmente provocanti”. Divieto di utilizzare pantaloni larghi, anche sotto il burqa.
Divieto di portare tacchi alti poiché producono suono quando camminano (un uomo non deve sentire i passi di una donna)
Divieto di ridere ad alta voce (nessun estraneo dovrebbe sentire la voce di una donna).
Queste sono solo alcune delle restrizioni che le donne afghane sono costrette a subire sotto il regime talebano. Queste sono le condizioni in cui un essere umano può esprimere la propria volontà e scegliere liberamente, nella formazione della propria emotività e del proprio spirito, cosa indossare e perché?
Secondo RAWA (l’Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afgane) ”le restrizioni dei talebani continueranno a uccidere lo spirito della nostra gente privandoci dell’esistenza umana. Noi consideriamo i talebani più colpevoli e ignoranti degli Jehadi”. Gli jehadi sono i combattenti della guerra santa islamica. ”Secondo il nostro popolo, gli Jehadi ci uccidevano con i fucili e le spade, ma i talebani ci stanno uccidendo col cotone”.

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