Bormio, il pirata è un ragazzo "normale"
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Il sedicenne era alla guida della moto.
Due ragazzi normali, come tanti, dicono i giornali.
Uno di 16 e l’altro di 18 anni, a Bormio, in moto percorrono una pista ciclabile, investono un bimbo di tre anni che pedala sul suo triciclo accanto alla mamma, anche lei in bicicletta.
Il bimbo muore.
Loro rallentano, si girano a guardare e scappano.
Non si costituiscono.
Raccontano alle fidanzate l’accaduto, quello di sedici anni alla guida della moto, dice di voler morire.
Ora che li hanno arrestati, tutti li guardiamo in faccia e somigliano ai nostri figli.
Quello maggiorenne studia con profitto, l’altro ha iniziato a lavorare da poco.
Sono ragazzi normali, ma cosa vuol dire “normali”, sono i ragazzi di questa generazione, cresciuti senza fare troppe fatiche, ragazzi che non hanno mai la colpa di nulla, perché la colpa è sempre della società, della scuola, del mondo intero, ma mai “personale”.
Poi accade, la vita ti mette alle strette e devi decidere, se fermarti e ammettere la colpa o se scappare e lasciarti rincorrere dal rimorso.