Essere una presenza in Rete
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Gentile sig. A. B.,
grazie della sua lettera. Ritengo in realtà che ogni occasione di dialogo e confronto sia positiva. E se retta è l’intenzione anche costruttiva.
In riferimento a quanto mi scrive, non intendo difendere la miriade di siti cattolici che, anche a me, sembrano spesso viziati da devozionalismo, pressappochismo, assenza di dignità culturale. Essendo in Rete dal 1995 (sono quindi ormai 12 anni, e ricordo ancora quando ad usare e pubblicare in Internet eravamo proprio in pochi) ne ho viste di esperienze! Con i loro limiti e i loro pregi.
Dico subito che la categoria di «integralismo» per catalogare ed identificare posizioni cristiane non mi piace, perché non è capace di far capire con chiarezza di che si tratta. È una categoria «politica» che appare come una camicia di forza, una sorta di «letto di Procuste» sulla realtà, che non aiuta a capire. E poi di solito è usata per screditare coloro cui si riferisce. Formalismo, devozionalismo, sentimentalismo sono categorie, invece, più comprensibili, e attributo non positivo di una presenza che voglia avere dignità culturale (dentro o fuori la Rete).
Perché di questo si tratta: se una posizione, più o meno condivisibile, abbia dignità culturale, sappia dare ragioni, comunicandole, in maniera rispettosa e convincente.
Ora ritengo che in Rete di presenze significative e dignitose ce ne siano, anche se è vero che fanno meno notizia: quante volte abbiamo sentito parlare dei cattolici in Rete perché proponevano “confessioni on line” o direzioni spirituali di dubbio gusto, o forme devozionali ingenue se non aberranti, certo insignificanti!
A volte poi sembra che tali siti debbano parlare tra loro, per «addetti» spirituali, e non per l’uomo che incontrano, con i vari e reali interessi, con tutta la problematicità della vita.
Nella mia ormai più che decennale azione e presenza in Internet ho sempre pensato che compito della comunicazione fosse anche il far conoscere ciò che è bello e positivo, nuovo e capace di parlare al cuore e alla mente dell’uomo. C’è un’etica e responsabilità della comunicazione che non si può facilmente barattare con nulla.
Francamente mi spiace che il «primo impatto col sito» di cui sono responsabile dia l’impressione indicata dalla sua lettera: se penso che sono presenti più di seimilacinquecento documenti, che da aprile 2005 ad agosto 2007 sono state viste 4 milioni e mezzo di pagine, se guardo alle 230mila pagine viste negli ultimi 50 gg. (dal 15 agosto di quest’anno a tutt’oggi) con un picco di 364975 pagine viste nel marzo 2006. Se penso anche ai 2750 iscritti alla Mailing List.
Se penso alla battaglia fatta, anche in Parlamento, per l’impegno appassionato ed intelligente di Nicola Incampo, che ha portato alla approvazione dello stato giuridico degli Insegnanti di Religione; se considero le più di 3000 risposte alle domande sulle questioni giuridiche dell’IRC, vera battaglia per la difesa di lavoratori spesso sottomessi da burocrazie pesanti…
Se poi scorro le firme presenti sul sito, dal giornalista non credente, vicino a Bertinotti, alla monaca di clausura che tratta di arte e liturgia, dagli esperti di arte a docenti di letteratura e filosofia e storia… se considero le questioni di bioetica e le recensioni dei film, non di quelli «che bisogna vedere», ma di quelli che escono, se penso a tutto questo non posso che ricordare lo slogan di cui siamo fieri: «Mille argomenti. Un solo giudizio». E poi la puntuale ripresa del magistero di Benedetto XVI, le schede per la scuola, che spaziano dai Promessi Sposi a Dante, Manzoni, Pirandello… Ma forse è proprio questo che dà fastidio, che il «solo giudizio», quello fedele al magistero della Chiesa, possa trovare una visibilità e un ascolto nel mondo strano di Internet.
Del sito hanno parlato l’Osservatore Romano, Avvenire, Il Giornale, Libero, il Corriere della Sera (in prima pagina, a proposito della battaglia che ci ha fatto avere ragione della CGIL e del TAR del Lazio); se ne è accorta Repubblica on line che ha pensato di lanciare contro di noi una «fatwa» che ha portato alcuni hackers ad oscurare il sito (e grande è stata la solidarietà di cui abbiamo goduto).
Abbiamo pubblicato due DVD di interpretazione di opere d’arte, di cui il primo («Il codice dell’amore», sull’Ultima Cena di Leonardo), oltre a contribuire ad un giudizio meno superficiale di quello di Dan Brown, ha anche vinto il primo premio al Concorso internazionale di Niepokalanov, in Polonia, per la sezione «Opere educative».
Con alcuni amici abbiamo dato origine ad una associazione (SamizdatOnLine) con cui ci sosteniamo in una presenza combattiva e «civile» in Rete.
Ecco, caro amico, nei fatti una risposta. Spero che sia possibile con questa incontrare gli uomini del nostro tempo, raccontando di una speranza che non delude, aprendo spazi di umanità, perché, come diceva Giovanni Paolo II, se Cristo non è visibile in Rete, se «non c’è spazio per Cristo, non c’è spazio per l’uomo»! A presto e con amicizia.
- Roma, 5 ottobre 2007.
Ho voluto andare alla fonte.
Ho letto l’articolo intervista di Famiglia cristiana di Francesco DIANI, tenendo presente quanto da ella sottolineato.
Ho ricavato anch’io la mia opinione.
Innanzi tutto ho scoperto che l’intervistato cura da dieci anni il portale www.siticattolici.it; mi sembra, quindi, che disponga di una visione piuttosto ampia della situazione dei siti cattolici, per cui abbia qualche valore di attendibilità quando afferma: “I cattolici stanno in fondo alla fila elettronica. Se ne sono lamentati anche i webmaster cattolici nel loro recente convegno nazionale a Perugia: solo il 60 per cento delle parrocchie ha un indirizzo di posta elettronica e appena il 16 per cento gestisce un sito Internet. Dello strumento c’è anche un po’ di paura. L’Azione cattolica ha chiuso i forum di libera discussione, presenti sul suo sito, per evitare il rischio di dibattiti troppo liberi e magari critici e l’invio di tanta spazzatura elettronica.”
Perciò mi ha un po’ meravigliato il suo intervento dal tono alquanto polemico: “Comunque in Rete ci sono cattolici che fanno un servizio alla verità, alla Chiesa, all’uomo, e sono una presenza che è anche capace di farsi sentire, certo da chi ha orecchie e non da chi ha i suoi buoni paraocchi (o le solite lenti deformanti dello schema politico).”
Forse posso anche immaginare che questo sia stato suscitato dal passaggio
«Brilla per ripetitività un certo devozionalismo sentimentale, arricchito talvolta da forme di preghiere intercessorie che rasentano la magia e la superstizione. È molto diffuso l’assillo della difesa di una cattolicità integralista. Cliccando su decine e decine di siti, l’immagine grafica più diffusa è quella del cavaliere templare con la spada sguainata».
A me, che desidero ascoltare più fonti “che cercano … di costruire il Regno di Dio e la Sua Chiesa”, sembra che in fondo sia attendibile quello che afferma Francesco Diani e che l’impressione da me ricavata dal primo impatto col sito www.culturacattolica.it è stata proprio quella di un sito tendente all’integralismo.
Non so quanto potrà esserle utile questa opinione.
La saluto cordialmente.
Lettera Firmata
P.S. La verità è unica, ma le prospettive da cui viene presentata sono, oggettivamente molte.