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La persona umana, cuore della pace

Fonte:
CulturaCattolica.it
Prponiamo questa rilettura del Messaggio 2007 della Pace di Benedetto XVI, a cura di Maria Vittoria Pinna, certi dell'utilità di una ripresa di questo documento prezioso. Per approfondire cercate i contributi di Don Gino Oliosi, in Chiesa > Teologia.

Veramente prezioso il lavoro di instancabile richiamo alla verità della vita del nostro Santo Padre Benedetto XVI.
Il 20 aprile del 2005 nella Messa Pro eligendo Romano Pontifice aveva sottolineato il principio irrinunciabile delle carità nella verità e da allora, sempre con maggiore autorevolezza, una volta eletto al soglio pontificio, ha approfondito il discorso educativo per la nostra umanità così esposta ai venti di dottrina che la rendono fragile e sbandata.
Quest’anno appena iniziato ci accompagna ed esorta con una catechesi articolata ed esauriente sulla pace e sul suo fondamento.
Tale fondamento viene subito identificato nella trascendente “grammatica”, vale a dire l’insieme di regole dell’agire individuale e del reciproco rapportarsi delle persone secondo giustizia e solidarietà, [che] è iscritta nelle coscienze, nelle quali si rispecchia il progetto sapiente di Dio.
Occorre imparare a conoscere questa “grammatica” che richiama in qualche modo il logos della prolusione di Ratisbona.

In questa occasione Benedetto XVI chiarisce come il fondamento della pace, il cuore della pace è il rispetto per la persona umana. Esordisce infatti dicendo di essere “convinto che rispettando la persona si promuove la pace, e costruendo la pace si pongono le premesse per un autentico umanesimo integrale. È così che si prepara un futuro sereno per le nuove generazioni”.

Quindi affronta in un’analisi serrata il concetto fondamentale della persona umana e della pace come dono e come compito.
A proposito della persona umana, l’uomo, c’è una definizione straordinaria della sua dignità che gli deriva unicamente dall’essere creato ad immagine e somiglianza di Dio: “Perché creato ad immagine di Dio, l’individuo umano ha la dignità di persona; non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno, capace di conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone” ed “è chiamato, per grazia, ad un’alleanza con il suo Creatore, a offrirgli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare al posto suo”.

Vi è poi un invito a riflettere sul significato della pace definita dome dono e come compito. Essa è infatti “una caratteristica dell’agire divino, che si manifesta sia nella creazione di un universo ordinato e armonioso come anche nella redenzione dell’umanità bisognosa di essere recuperata dal disordine del peccato.”
Quindi rifacendosi ai suoi precedenti pronunciamenti e ad essi collegandosi, Benedetto XVI fa riferimento a “La trascendente “grammatica”, vale a dire l’insieme di regole dell’agire individuale e del reciproco rapportarsi delle persone secondo giustizia e solidarietà, è iscritta nelle coscienze, nelle quali si rispecchia il progetto sapiente di Dio”.
Tale grammatica va rispettata: questa è la risposta dell’uomo al progetto di Dio Creatore: ecco perché la pace oltre che dono alla nostra fragilità segnata dal peccato delle origini è “anche un compito che impegna ciascuno ad una risposta personale coerente col piano divino.
In tale prospettiva -
prosegue il Papa - le norme del diritto naturale non vanno considerate come direttive che si impongono dall’esterno, quasi coartando la libertà dell’uomo. Al contrario, esse vanno accolte come una chiamata a realizzare fedelmente l’universale progetto divino iscritto nella natura dell’essere umano.

E, sulla base del comune rispetto per questo ordine naturale, è possibile un dialogo pacifico tra tutti gli uomini: “Il riconoscimento e il rispetto della legge naturale pertanto costituiscono anche oggi la grande base per il dialogo tra i credenti delle diverse religioni e tra i credenti e gli stessi non credenti”.

Ancora una volta Benedetto XVI collega alla pace il dialogo: esso è l’unico che può favorire la convivenza pacifica tra tutti i popoli ed è legato al comune rispetto delle regole inscritte dal Creatore nel cuore di ogni uomo.
Un altro concetto importante espresso in questa prima catechesi del 2007 è “che della persona - in quanto fatta ad immagine del creatore - non si possa disporre a piacimento” perché “la vita è un dono di cui il soggetto non ha la completa disponibilità”.
“La pace -
dice il santo Padre - ha bisogno che si stabilisca un chiaro confine tra ciò che è disponibile e ciò che non lo è: saranno così evitate intromissioni inaccettabili in quel patrimonio di valori che è proprio dell’uomo in quanto tale”.
I valori dell’uomo in quanto tale non sono disponibili per il capriccio e la prepotenza di alcuno: essi sono il diritto alla vita e alla libertà di rapportarsi con il suo Creatore. Ecco perché vita e libertà religiosa sono dei diritti fondamentali che esigono di essere rispettati.
Se non si rispettano questi diritti fondamentali, dai quali derivano tutti gli altri, la pace è seriamente compromessa e il Papa fa esplicito riferimento “alle vittime dei conflitti armati, del terrorismo e di svariate forme di violenza, ci sono le morti silenziose provocate dalla fame, dall’aborto, dalla sperimentazione sugli embrioni e dall’eutanasia” e alle “difficoltà che tanto i cristiani quanto i seguaci di altre religioni incontrano spesso nel professare pubblicamente e liberamente le proprie convinzioni religiose”. Nell’un caso e nell’altro “non viene rispettato un diritto umano fondamentale, con gravi ripercussioni sulla convivenza pacifica”.

Un altro aspetto preoccupante che minaccia drammaticamente la convivenza pacifica tra i popoli è rappresentato da una parte “dalle disuguaglianze nell’accesso a beni essenziali, come il cibo, l’acqua, la casa, la salute; dall’altra, le persistenti disuguaglianze tra uomo e donna nell’esercizio dei diritti umani fondamentali”.
Ecco le parole del Santo Padre in merito: “Costituisce un elemento di primaria importanza per la costruzione della pace il riconoscimento dell’essenziale uguaglianza tra le persone umane, che scaturisce dalla loro comune trascendente dignità. L’uguaglianza a questo livello è quindi un bene di tutti inscritto in quella “grammatica” naturale, desumibile dal progetto divino della creazione; un bene che non può essere disatteso o vilipeso senza provocare pesanti ripercussioni da cui è messa a rischio la pace. Le gravissime carenze di cui soffrono molte popolazioni, specialmente del Continente africano, sono all’origine di violente rivendicazioni e costituiscono pertanto una tremenda ferita inferta alla pace”.
E, a proposito del rispetto della donna il papa non manca di specificare: “Anche la non sufficiente considerazione per la condizione femminile introduce fattori di instabilità nell’assetto sociale. Penso allo sfruttamento di donne trattate come oggetti e alle tante forme di mancanza di rispetto per la loro dignità; penso anche — in contesto diverso — alle visioni antropologiche persistenti in alcune culture, che riservano alla donna una collocazione ancora fortemente sottomessa all’arbitrio dell’uomo, con conseguenze lesive per la sua dignità di persona e per l’esercizio delle stesse libertà fondamentali. Non ci si può illudere che la pace sia assicurata finché non siano superate anche queste forme di discriminazione, che ledono la dignità personale, inscritta dal Creatore in ogni essere umano”.

Non manca il riferimento all’ecologia, finalmente reinserita nel contesto della pacifica convivenza umana con il giusto posto che le compete: la natura va rispettata perché all’origine vi è un logos, una grammatica che permette, se rispettata, la pacifica convivenza di tutti. Ecco come si pronuncia Benedetto XVI: “Accanto all’ecologia della natura c’è dunque un’ecologia che potremmo dire “umana”, la quale a sua volta richiede un”‘ecologia sociale”. E ciò comporta che l’umanità, se ha a cuore la pace, debba tenere sempre più presenti le connessioni esistenti tra l’ecologia naturale, ossia il rispetto della natura, e l’ecologia umana. L’esperienza dimostra che ogni atteggiamento irrispettoso verso l’ambiente reca danni alla convivenza umana, e viceversa” E precisa che “Sempre più chiaramente emerge un nesso inscindibile tra la pace con il creato e la pace tra gli uomini. L’una e l’altra presuppongono la pace con Dio”.

Un altro aspetto importante toccato dal discorso sulla pace è senz’altro quello relativo alla concezione non riduttiva dell’uomo: “Per tentare una simile impresa è necessario lasciarsi guidare da una visione della persona non viziata da pregiudizi ideologici e culturali o da interessi politici ed economici, che incitino all’odio e alla violenza. È comprensibile che le visioni dell’uomo varino nelle diverse culture. Ciò che invece non si può ammettere è che vengano coltivate concezioni antropologiche che rechino in se stesse il germe della contrapposizione e della violenza”.
Tale rispetto per la reale dignità dell’uomo trova il suo fondamento nella retta concezione di Dio, che non può essere ideologica o strumentale ai progetti egoistici dei prepotenti: “Ugualmente inaccettabili sono concezioni di Dio che stimolino all’insofferenza verso i propri simili e al ricorso alla violenza nei loro confronti. È questo un punto da ribadire con chiarezza: una guerra in nome di Dio non è mai accettabile! Quando una certa concezione di Dio è all’origine di fatti criminosi, è segno che tale concezione si è già trasformata in ideologia”.

C’è ancora un’ulteriore sottolineatura sulla natura della persona umana: un pericolo gravissimo è “l’indifferenza per ciò che costituisce la vera natura dell’uomo. Molti contemporanei negano, infatti, l’esistenza di una specifica natura umana e rendono così possibili le più stravaganti interpretazioni dei costitutivi essenziali dell’essere umano. Anche qui è necessaria la chiarezza: una visione « debole » della persona, che lasci spazio ad ogni anche eccentrica concezione, solo apparentemente favorisce la pace. In realtà impedisce il dialogo autentico ed apre la strada all’intervento di imposizioni autoritarie, finendo così per lasciare la persona stessa indifesa e, conseguentemente, facile preda dell’oppressione e della violenza”.

Compare anche il riferimento alle organizzazioni internazionale che si sono fatte promotrici della difesa dei diritti umani: “Una pace vera e stabile presuppone il rispetto dei diritti dell’uomo. Se però questi diritti si fondano su una concezione debole della persona, come non ne risulteranno anch’essi indeboliti? Si rende qui evidente la profonda insufficienza di una concezione relativistica della persona, quando si tratta di giustificarne e difenderne i diritti. L’aporia in tal caso è palese: i diritti vengono proposti come assoluti, ma il fondamento che per essi si adduce è solo relativo. C’è da meravigliarsi se, di fronte alle esigenze “scomode” poste dall’uno o dall’altro diritto, possa insorgere qualcuno a contestarlo o a deciderne l’accantonamento? Solo se radicati in oggettive istanze della natura donata all’uomo dal Creatore, i diritti a lui attribuiti possono essere affermati senza timore di smentita. Va da sé, peraltro, che i diritti dell’uomo implicano a suo carico dei doveri. Bene sentenziava, al riguardo, il mahatma Gandhi: «Il Gange dei diritti discende dall’Himalaia dei doveri». È solo facendo chiarezza su questi presupposti di fondo che i diritti umani, oggi sottoposti a continui attacchi, possono essere adeguatamente difesi. Senza tale chiarezza, si finisce per utilizzare la stessa espressione, ‘diritti umani’ appunto, sottintendendo soggetti assai diversi fra loro: per alcuni, la persona umana contraddistinta da dignità permanente e da diritti validi sempre, dovunque e per chiunque; per altri, una persona dalla dignità cangiante e dai diritti sempre negoziabili: nei contenuti, nel tempo e nello spazio”.

Occorre pertanto smascherare la “concezione debole” della persona che giustifica qualsiasi abuso: l’unica concezione capace di reggere all’urto dell’ideologia è il riconoscimento che Solo se radicati in oggettive istanze della natura donata all’uomo dal Creatore, i diritti a lui attribuiti possono essere affermati senza timore di smentita.

A questo punto Benedetto XVI parla anche del diritto internazionale umanitario gravemente disatteso anche in occasione delle ultime gravissime vicende di guerra: “La dolorosa vicenda del Libano e la nuova configurazione dei conflitti, soprattutto da quando la minaccia terroristica ha posto in atto inedite modalità di violenza, richiedono che la comunità internazionale ribadisca il diritto internazionale umanitario e lo applichi a tutte le odierne situazioni di conflitto armato, comprese quelle non previste dal diritto internazionale in vigore. Inoltre, la piaga del terrorismo postula un’approfondita riflessione sui limiti etici che sono inerenti all’utilizzo degli strumenti odierni di tutela della sicurezza nazionale. Sempre più spesso, in effetti, i conflitti non vengono dichiarati, soprattutto quando li scatenano gruppi terroristici decisi a raggiungere con qualunque mezzo i loro scopi. Dinanzi agli sconvolgenti scenari di questi ultimi anni, gli Stati non possono non avvertire la necessità di darsi delle regole più chiare, capaci di contrastare efficacemente la drammatica deriva a cui stiamo assistendo. La guerra rappresenta sempre un insuccesso per la comunità internazionale ed una grave perdita di umanità. Quando, nonostante tutto, ad essa si arriva, occorre almeno salvaguardare i principi essenziali di umanità e i valori fondanti di ogni civile convivenza, stabilendo norme di comportamento che ne limitino il più possibile i danni e tendano ad alleviare le sofferenze dei civili e di tutte le vittime dei conflitti”.
E anche a proposito della proliferazione delle armi nucleari c’è un importante monito: “La via per assicurare un futuro di pace per tutti è rappresentata non solo da accordi internazionali per la non proliferazione delle armi nucleari, ma anche dall’impegno di perseguire con determinazione la loro diminuzione e il loro definitivo smantellamento. Niente si lasci di intentato per arrivare, con la trattativa, al conseguimento di tali obiettivi! È in gioco il destino dell’intera famiglia umana!”
A conclusione del messaggio c’è un richiamo ad ogni cristiano perché si adoperi consapevolmente per la pace: “Grato al Signore per averlo chiamato ad appartenere alla sua Chiesa che, nel mondo, è «segno e tutela della trascendenza della persona umana», il cristiano non si stancherà di implorare da Lui il fondamentale bene della pace che tanta rilevanza ha nella vita di ciascuno.
E l’ultimo sguardo è rivolto a Maria Regina della pace: “Alla Regina della Pace, Madre di Gesù Cristo «nostra pace» (Ef 2,14), affido la mia insistente preghiera per l’intera umanità all’inizio dell’anno 2007, a cui guardiamo - pur tra pericoli e problemi - con cuore colmo di speranza”.

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