Tra dieci anni saremo tutti musulmani? Può essere
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L’imam della moschea di Segrate ha ragione quando afferma che tra dieci anni i musulmani saranno la maggioranza in Italia.
Sbaglia quando dice che i cristiani si convertiranno, se per conversione intende l’abbracciare una nuova fede, accettandone e rispettandone dogmi e regole.
Gli Italiani non seguono più Cristo che è amore e misericordia, figurarsi se si mettono a seguire spontaneamente Allah che quando sbagli ti fa lapidare o tagliare le mani.
Se invece prevede una conversione forzata, allora c’è il rischio che abbia nuovamente ragione.
Perché chi non ama e non conosce la propria storia e le proprie tradizioni, non avrà certo le ragioni per difendere la propria identità.
In una società dove il desiderio più grande è quello di “essere lasciati in pace”, chi potrà avvedersi che il rinunciare alla propria storia, prima ancora che alla propria fede o a quella dei padri, è l’epilogo di una civiltà?
In Lombardia, si concentra una grande percentuale dell’immigrazione musulmana in Italia, sono già 35 i luoghi di culto islamico e a Sesto San Giovanni, conosciuto come la Stalingrado d’Italia perché negli anni 60 vi si concentravano le grandi acciaierie, ora pare oramai cosa fatta la nascita di una Moschea, che sarà costruita in una di queste fabbriche dimesse proprio di fronte alla Chiesa di Santo Stefano.
Se ne sta discutendo in consiglio comunale, ma i giornali dicono sia già cosa fatta, pare che la comunità musulmana abbia già pagato due delle tre rate per l’acquisto dello spazio dove costruire il luogo di culto.
Reciprocità? Parola sconosciuta.
Non dovrebbe essere una cosa scontata che chiunque viene nel nostro Paese, paga, si compera un pezzo di terreno e vi costruisce ciò che vuole, quando nel suo paese questo non accade, quando a chi viaggia e fa scalo in alcuni paesi arabi è sconsigliato tenere in valigia, libri sacri, oltre che riviste patinate dove notoriamente oramai di consueto si trovano immagini di fanciulle in abbigliamento non consono all’islam.
Figurarsi se in uno di questi paesi qualcuno chiedesse di costruire una Chiesa cristiana davanti a un minareto o chiedesse all’Imam del luogo di costruire lui una Chiesa, come gesto che dimostri la volontà di dialogo.
Da noi invece questo è possibile, infatti i frati di Genova, visto che non andava in porto il progetto della comunità islamica di costruire il quarto tempio islamico d’Italia nel territorio di Corigliano, perché i residenti si erano ribellati, hanno pensato di risolvere con uno “scambio merci”: loro si prendono la vecchia fabbrica abbandonata già acquistata dall’imam per costruire la sede della comunità islamica e in cambio danno ai fratelli musulmani un’altra area ben più lontana dal centro abitato, dicendosi anche disposti a costruire almeno i muri portanti della futura moschea per «pareggiare» la differenza di valore tra i due terreni.
Naturalmente l’imam è felice ed ha dichiarato: «È un messaggio di pace, un bel gesto per costruire insieme il futuro», e i giornali dicono che in fondo la soluzione mette d’accordo tutti, la moschea sarà lontano dal paese e si sa lontano dagli occhi…
Ma il problema è proprio un altro, è troppo chiedere un messaggio di pace reciproco?