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Lettera dal Meeting di Rimini

Autore:
Secchi, Luisa
La lettera di Luisa racconta un Meeting che i giornali non descrivono. Forse è vero: "Una novità così evidente, così lampante è troppo scomoda per chi non si vuole mettere in discussione" o forse è meglio una società triste che si sballa con i reality, le televendite, il lavoro vissuto come una fatica inevitabile e non come un'occasione per diventare più uomini.

Ore 24.15, Miramare di Rimini. Scendo dalla macchina dopo un miracoloso parcheggio e tengo per mano le mie figlie insonnolite per l’ora tarda. Per raggiungere il nostro albergo dobbiamo camminare per un piccolo tratto di lungomare. E’ una baraonda di luci, vetrine, musica, pub, discoteche: la vita notturna di Rimini. E questa definizione stride nei volti di chi incrocio per strada. Tengo più strette le mani delle mie figlie, perché non è quella la vita che vorrei per loro. Capiamoci, nessuna censura moralista: la notte è meravigliosa per divertirsi, ballare, stare con gli amici. Ma questo cos’è? Questo sfrenato apparire che mostra solo un io deluso dall’ennesima moda della stagione... E l’amaro resta, più o meno sommerso, ma gli occhi parlano e tradiscono questo nulla.
Non posso fare a meno di rivedere la mia giornata appena trascorsa. Non siamo a Rimini per fare qualche giorno di mare, siamo venuti al Meeting: un appuntamento che a Rimini si svolge da 27 anni nei padiglioni della Fiera. Ci vengo dal 1980, l’ho visto crescere, fiorire, consolidarsi, approfondirsi. Oggi ho incontrato amici con cui venti anni fa ho lavorato alla sua costruzione ed oggi rivedo i loro figli impegnati con entusiasmo nella stessa opera. Qui si lavora gratis, ci si prendono le ferie, le uniche e preziosissime ferie, per venire a lavorare per far nascere il Meeting. Ho trovato l’ingegnere capo di una grande azienda di costruzioni nazionale che con cura ti versa la birra alla spina al bar insieme alla matricola universitaria alla prima esperienza lavorativa al Meeting. Ho incontrato l’insegnante di lettere che fa la cassiera al ristorante argentino che correva per essere puntuale all’inizio del suo turno di lavoro. E’ importante la puntualità, è un valore. E il lavoro che fai, qualsiasi sia, ha un valore; un valore talmente grande che se non ci fosse o se fosse fatto male si noterebbe. Questo incontri al meeting e te lo porti a casa: ogni cosa nella vita ha un valore, tu stesso sei prezioso, sei importante, perchè sei amato e al meeting questo lo percepisci, lo succhi come per osmosi, lo capti negli sguardi della gente, è un’esperienza. Ritrovi quella origine per cui sei fatto, puoi iniziare a dare una risposta a quell’ansia di domande che hai dentro. Partecipare ad una conferenza sulla sussidiarietà nell’economia del paese, visitare una mostra sull’opera di Edward Hopper, assistere ad uno spettacolo teatrale o gironzolare tra gli stands delle innumerevoli associazioni nate da chi queste domande del proprio cuore le ha già prese sul serio ti mette in discussione, ti provoca, ti dà la voglia di ricominciare. Di tornare a casa e di affrontare il solito lavoro, i soliti parenti, anche i soliti amici, perchè hai incontrato qualcosa o qualcuno che ti ha preso finalmente sul serio e una strada può cominciare...
Rientriamo in albergo e saliamo in camera. Le figlie crollano sul letto. Voglio ascoltare le ultime notizie di un Tg, parla anche del Meeting: la solita rassegna sul politico di turno venuto oggi che non ho neanche intravisto al Meeting e niente di più. Una novità così evidente, così lampante è troppo scomoda per chi non si vuole mettere in discussione. Continuiamo a tacere.

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