Il nulla vuole tutto
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Scrive Luigi Amicone su Tempi del 22/06/2006, “il nulla vuole tutto” e non s’accontenta mai, aggiungiamo noi e non è mai sazio e non s’arresta nemmeno davanti alla morte dei suoi adepti e si insinua nelle pieghe della vita e nelle piaghe di chi soffre.
Lo stiamo vedendo, stiamo assistendo a questo imperversare del nulla, ai ministri che promettono uguaglianza e felicità e che per farci soffrire meno propongono di lasciarci girare con 40 spinelli per uso personale, di sopprimere i figli che non abbiamo programmato nella solitudine del bagno di casa, oppure di dribblare solo il pensiero di poter avere un figlio con una “pastiglietta” che potrebbe renderci sterili, e di risolvere il problema della sterilità con la medicina e il problema dell’omosessualità negando che sia un problema, ma dicendo che essere una coppia gay è uguale ad essere una famiglia. Pensano che la felicità sia l’assenza di dolore, l’assenza di domande vogliono vederci felici e sono convinti che la felicità stia nell’assenza di domande, non nel non essere soli nella ricerca di risposte.
I fiorellini del male
«Tempo verrà che i vostri figli e le vostre figlie vagheranno da Oriente a Occidente affamati e assetati di una parola vera, e non la troveranno». Non occorre essere profeti Amos per sorprendere le urla dal silenzio. I figli, in special modo quelli dell’Occidente che tramonta dietro le montagne di cartapesta dei diritti salmodiati dai loro genitori (leggere l’acuto Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere della Sera del 18 giugno) sono funerei nel loro sbando pieno di solitudine, afasie, stordimenti, rumori.
Sembrano invece cuorcontenti i loro papà e le loro mamme borghesi, che svolazzano per il mondo leggeri. Così leggeri, che nonostante sorella morte scorrazzi per il mondo con il suo carico di promesse esplosive, sono pittatti d’arcobaleno e di fiori come il vestitino verde pisello a fiorellini esibito alla parata gay da Barbara Pollastrini, ministra di pari opportunità e gentil consorte del numero uno di Banca San Paolo.
Eppure, nei ricchi, moderni progressivi genitori non ci sono chissà quali sogni di sfrenate passioni. C’è solo superficialità, sciatteria, impiegatizia adesione al conformismo dominante (ivi compreso il finto scandalo per un Re magnaccione, il fango per far male alla salute politica di Fini e D’Alema, la “concussione sessuale” per rimescolare il potere in Rai).
Dunque, la “questione” è tutt’altro che “morale”. La questione è di “cuore”, di cuore biblico, dove ragione e sentimento sono una cosa sola nella sottomissione all’esperienza che li esalta. La questione è di questo “cuore” che viene svuotato tutti i giorni e riempito di cuoricini di carta e di segatura autoreferenziale e pseudo razionale disumani. Operazione, si intende non neutra come un dicastero dell’economia. Non folkloristica, come un presidente della Camera. Non circense, come un sindaco di Roma. Ma che paga alla gente che paga (la stessa che piace alla gente che piace). Così, mette quasi tenerezza vedere come siano messi all’angolo e costretti a subire i lazzi dei pannelliani ministri del culto di Dioniso e di Afrodite, uomini di partito un tempo radicati nel sentire comune del popolo. Uomini probi, che come il sindaco di Torino, finiscono da un giorno all’altro dalle stelle dei trionfi elettorali progressivi alle stalle degli oscurantismi retrivi, per il solo fatto di non aver portato le loro candeline votive alle parate del diavolo.
«Eppure abbiamo dato», ha balbettato Sergio Chiamparino. Eppure abbiamo dato il patrocinio, gli euri e il gonfalone del Comune. E poi «Abbiamo appoggiato tutte le iniziative, appoggiamo i Pacs», che altro volete? Non c’è niente da fare. Il nulla è affamato di tutto. Non puoi solo appoggiarlo, dare una mano, remunerarlo come si deve. No. Il nulla vuole tutto. Vuole che si sia vigili come le famose vergini evangeliche. E devoti nella completa disponibilità della carne. Dall’embrione al capezzale del vecchio. Dall’attimo fugace alla pratica ragionieristica della pillola del giorno dopo. Dal solipsistico andare da un’avventura all’altra, allo spazio occluso anche ad un solo pensiero riflesso, al triste destino della bestia.