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Visti da sinistra, Marx e Ruini hanno qualcosa in comune

Autore:
Cavallari, Fabio
Fonte:
Tempi n. 18 - 27.04.2006

Siamo in una fase di: “progressivo isolamento della libertà”. La stessa rischia “di diventare sempre più autoreferenziale, ossia di isolarsi, fino a porre il proprio significato e obiettivo soltanto in se stessa. Ciò equivale in realtà a perdere questo stesso significato e a ritrovarsi vuota e senza consistenza, per il semplice motivo che la libertà è certamente una caratteristica essenziale del soggetto umano ma non è e non può essere la totalità del soggetto stesso. Per convincersene sembra sufficiente fare riferimento all’indole relazionale del soggetto, che si costituisce e si sviluppa solo in rapporto ad altri soggetti e alla realtà del mondo”. Nella realtà moderna l’abuso di quest’antico termine è diventato talmente mediatico, abituale, giornaliero, dall’averne completamente falsato il significato più profondo. Essere esenti da disturbi, obblighi, legami e da pensieri spiacevoli è oggi l’assioma per poter affermare: “Sono libero”. In verità una tale interpretazione ha ridotto l’uomo a raffigurare se stesso come: “Un individuo ripiegato su se stesso, sul suo interesse privato e isolato dalla comunità. La società, la stessa vita del genere, diviene pertanto solamente una cornice esterna agli individui, un limite alla loro indipendenza originaria. L’unico legame che li tiene assieme è la necessità naturale, il bisogno, l’interesse privato, la conservazione della loro proprietà e della loro persona”. I concetti sopra citati sono espressione di due figure completamente divaricanti. La prima riflessione è del Cardinal Camillo Ruini (Libertà è Verità – Mondadori – 2006), la seconda appartiene ai ragionamenti di Karl Marx (La questione Ebraica – 1843). L’accostamento non ha alcun intento provocatorio o blasfemo ma potrebbe servire per uscire dallo schematismo delle contrapposizioni pseudo-ideologiche. Invocare la libertà al fine di garantirsi un qualsiasi “diritto civile” prescindendo dalla reale radice delle realtà, è opera concettualmente labile. Piegarsi alla volontà del “desiderio” da soddisfare a tutti i costi, è diventato il “cruccio” della società odierna. Per non consegnare l’intero scibile umano al “relativismo” del desiderio tout court, sarebbe interessante indagare il concetto di “libertà” attraverso occhi maturi. Le riflessioni di Ruini e Marx, con le dovute differenze, potrebbero aiutarci ad uscire dalla palude nichilista nella quale l’uomo moderno si è cacciato. L’uso coscienzioso della “ragione” ci impone di tentare questa difficile sfida. Qualcuno forse la chiamerà deriva clericale, qualcun altro reminiscenza marxista. Molto più semplicemente io la chiamerei “elogio della ragione”.

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