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Diritti "civili"?

Autore:
Cavallari, Fabio
Fonte:
CulturaCattolica.it

Mi preoccupa l’ondata di laicismo nascosta sotto il termine di “diritti civili”. Non è mio uso ragionare in termini di polemica ad personam. Anzi, ritengo la medesima sbagliata e controproducente ai fini di un serio dibattito politico. Non mi sono piaciute, infatti, le polemiche sui candidati impresentabili. Avrei preferito una radicale battaglia sulle “idee impresentabili”. Una di queste è sicuramente quella espressa da Vladimir Luxuria (la quale ha sicuramente il pregio di presentarsi senza strilli e arroganza) dalle pagine di Liberazione qualche giorno fa. L’editoriale in questione tuonava così: “Liberi, libere di scegliere l’identità”. La pretesa, motivata con molto sentimentalismo e poca razionalità, era quella di esigere che il dato biologico diventasse nulla a discapito della volontà identitaria. Una volontà che fuoriesce dalla sfera personale, ma che vuole farsi “diritto” riconosciuto dallo Stato. Nello specifico la richiesta di Vladimir Luxuria è quella di reclamare la necessità che lo Stato riconosca non più un soggetto in base al proprio sesso (biologico) ma in base al proprio sentire. Ciò comporterebbe per i transgender, cioè chi transita da un genere anagrafico all’altro senza necessariamente ricercare un porto d’approdo (il caso di Luxuria), di cambiare i dati anagrafici sui documenti di riconoscimento, anche quando i medesimi contrastano con la reale condizione biologica del soggetto. Ora, io credo che qui non si tratti di essere progressisti o conservatori, reazionari o riformisti, qui siamo semplicemente in presenza di una questione di buon senso. E mi sia concesso dire che si può essere di sinistra, fieramente di sinistra (e votare anche per l’amico e compagno Fausto senza celarne gli errori), fieramente marxisti e contemporaneamente amanti del buon senso. Io amo il buon senso, la realtà e la ragione. Sarà per questo che riconosco nel cristianesimo un movimento indispensabile per l’uomo. Sarà per questo che amo dialogare con il sacrificio quotidiano di un prete e la tenace radicalità di un ciellino.

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