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Chi ha paura della libertà?

Autore:
Kaminskij, Rossana


Da una cara amica apprendiamo un fatto inquietante avvenuto nella scuola professionale in cui insegna: il parere sfavorevole da parte del Collegio dei Docenti per un momento di preghiera, l’Angelus, tre volte la settimana, durante l’intervallo. Numero di persone intenzionate a partecipare a questo atto sovversivo: forse dieci. Tempo totale (2 minuti x 3 volte): circa 8 minuti. Questa sconcertante decisione scatena gravi domande elencate nel volantino scritto da alcuni docenti: “Chi ha paura della libertà?”. Già, chi? La cosa appare incredibile. Da non sottovalutare affatto. E’ segno di odio anticattolico? E’ segno di una svolta laicista nella peggiore direzione? Sicuramente rivela uno smarrimento grave, una debolezza devastante a livello educativo, nascondendo nella negazione e nella proibizione ben altre paure (verso l’Islam, ad esempio, oppure evidenziando una crisi irrisolta verso la propria tradizione religiosa). Nel nostro passato, nelle scuole e nelle università statali, che abbiamo frequentato, era possibile per i cristiani celebrare Messa, recitare le lodi ogni mattina, avere a disposizione aule per incontri o assemblee. Analogamente erano possibili spazi e tempi per iniziative di diverso genere per tutti gli schieramenti. Non sappiamo quanto questi tempi e spazi fossero magnanimamente concessi o autorizzati: erano sicuramente tollerati. La scuola pubblica sembrava essere ancora una palestra di libertà. Mentre adesso? Sarà vietato farsi il segno della croce prima di un compito in classe?

Ecco il volantino integrale:
CHI HA PAURA DELLA LIBERTA’?

Ieri 7 marzo, alla fine di una interminabile seduta, il Collegio dei docenti dell’Istituto Professionale “Paolo Frisi” di Milano ha espresso parere sfavorevole riguardo la proposta dei rappresentanti degli studenti al Consiglio d’Istituto e alla Consulta Provinciale di recitare la preghiera dell’Angelus tre volte la settimana, durante l’intervallo, all’interno della scuola.
Il che equivale alla richiesta di sostare in un luogo dell’edificio per circa 8 minuti alla settimana in un gruppo di persone che a stento si immagina possa raggiungere le 10 unità.

Ma tant’è. Il collegio ha recepito questa richiesta come una grave minaccia alla libertà delle persone e alla laicità della scuola e, nonostante l’intervento ragionevole e pacato di diversi colleghi a favore della richiesta degli studenti, ha votato contro, a larga maggioranza.

Premesso che il problema sta all’origine, nel senso che non solo tale richiesta non costituisce materia di collegio, ma nemmeno necessita dell’autorizzazione di alcuno, essendo la possibilità di esprimere pubblicamente la propria fede religiosa anche attraverso gesti comunitari, ampiamente tutelata dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato italiano, il fatto merita qualche considerazione e suscita qualche domanda.

1. Chi ha paura della libertà? Le scomposte reazioni che si sono viste ieri in collegio ci paiono francamente sproporzionate alla richiesta, del tutto libera, avanzata dagli alunni. Perché degli studenti che preferiscono radunarsi nel tempo libero dell’intervallo, condividendo un gesto che ritengono costitutivo della loro amicizia, piuttosto che parlare di calcio, andare al bar, fumare in cortile… o altro, non possono farlo? E’ semmai impositiva e gravemente lesiva della libertà personale la pretesa del collegio di vietare un simile gesto.

2. Chi ha paura del pluralismo? La paventata minaccia alla laicità della scuola ci pare altrettanto infondata. Una scuola è laica se è veramente pluralista, ovvero se consente a tutto tondo l’espressione della tradizione, religiosa e culturale, di ciascuno. Questo è un contributo e una ricchezza. Se altri, di diversa appartenenza religiosa e culturale, avessero avanzato la stessa richiesta, avremmo forse avuto, finalmente, l’opportunità reale di un dialogo e di un confronto multiculturale. Perché il dialogo vero si crea ed esiste laddove ciascuno è seriamente impegnato con la propria tradizione e la propria storia, laddove la persona si spende per qualcosa che incide sulla propria vita, la propone e la mette al vaglio della ragione nel presente. Viceversa l’apertura alla diversità ha i confini che gli diamo noi, censurando ciò che ci disturba o non rientra nei nostri schemi, divenendo così vuota retorica, argomento di scuola che non suscita più il minimo interesse.

3. Chi ha paura dell’educazione? Come adulti ed educatori che lavorano in una scuola pubblica, finanziata con il denaro di tutti i contribuenti italiani abbiamo il compito e il dovere di promuovere, valorizzare e difendere l’espressione ideale e la proposta culturale di tutti. Nessuno escluso. In particolare se l’iniziativa viene dagli studenti. Il compito dell’educatore è quello, ne siamo certi, di accompagnare gli studenti ad andare a fondo della tradizione cui appartengono e a verificare l’adeguatezza o meno di quest’ultima alla loro esperienza umana, anche se il loro credo non coincide con il nostro. Negare a degli studenti la possibilità di riconoscere pubblicamente la loro appartenenza religiosa è un fatto altamente diseducativo.

4. Chi ha paura dell’ideale? Lamentiamo spesso che i nostri alunni non hanno impeto, non hanno ideali per i quali impegnarsi. Sono figli della noia. E allora perché, per una volta che si verifica il contrario, lo si vuole stroncare sul nascere? Si ha forse paura del risvolto comunitario di questo ideale, della sua ricaduta sociale? Chi conosce la storia, e tutti noi in quanto adulti e laureati dovremmo conoscerla, sa che il fatto religioso, e in particolare quello cattolico, si pone per sua natura come un fatto sociale e comunitario. Ma questo, per chi almeno è leale con la storia, è un contributo alla convivenza, non una minaccia.
E in democrazia è fatta salva la libertà di tutti e la libertà di tutti va difesa.
Anche quella dei cattolici.

INVITIAMO TUTTI COLORO CHE LO RITENGONO OPPORTUNO A SOTTOSCRIVERE QUESTO COMUNICATO.
Esp. Un gruppo di docenti del Frisi

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