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Due pesi e due misure

Fonte:
CulturaCattolica.it
Leggere e diffondere, perché non passi inosservata la notizia e il pericolo che alcuni giornalisti stanno correndo.

Nella nostra Europa, la libertà viene difesa in modo strano, due pesi e due misure, appunto.
Ci sono cose che si possono dire senza suscitare, non dico indignazione, ma nemmeno un’alzata di ciglio, alcuni esempi?
Si può insultare il cardinale Ruini, definirlo “rifiuto tossico” da eliminare e appellarsi alla libertà di pensiero, si può fischiare il Papa, com’è accaduto all’hotel Radisson, durante un convegno organizzato dagli ulivisti della Margherita e non trovare nessuno che abbia qualcosa da obiettare e ci sono cose che invece non si possono dire, ne sa qualcosa Oriana Fallaci, denunciata da Adel Smith, e rinviata a giudizio per “vilipendio della religione islamica” in relazione a quanto da lei scritto ne “La Rabbia e l’Orgoglio” e nei suoi ultimi scritti.
Perché esiste un modo di pensare “corretto” “permesso” e un modo di pensare che non è tollerato, chi osa dire certe cose, difendere determinati valori è additato come un “integralista”, un bigotto anche se magari non è nemmeno praticante (vedi Ferrara e altri).
Si applica una bella etichetta e via.
Intanto le cose accadono e i soliti “libertari nichilisti”, fanno finta di niente, un esempio?
Ce lo racconta Magdi Allam, un “musulmano laico”, costretto a girare con la scorta per difendere la sua libertà di pensiero:
“Lo scrittore danese Kare Bluitgen lamenta il fatto di non essere riuscito a trovare un artista disposto a illustrare un suo libro, destinato ai bambini, sulla vita di Mohammad. Perché, spiega, tutti hanno paura della vendetta degli estremisti islamici qualora raffigurassero il profeta. La vicenda viene rilanciata dal quotidiano Jillands Posten che, a mo’ di sfida, indice un concorso per delle vignette satiriche su Mohammad da accompagnare a un’inchiesta sull’autocensura e la libertà di espressione. Le 12 vignette ricevute vengono pubblicate lo scorso 30 settembre. Da allora si è scatenato il finimondo.
Certamente le vignette sono discutibili così come lo fu il cortometraggio Submission di Theo van Gogh, sgozzato da un terrorista islamico nel centro di Amsterdam il 2 novembre 2004. Una in particolare ritrae Mohammad con un turbante a forma di bomba con la miccia accesa, simboleggiando il connubio tra islam e terrorismo. Al riguardo la schietta giornalista egiziana Mona Eltahawy, intervenendo sul quotidiano libanese The Daily Star, ha ricordato che proprio recentemente in Danimarca il leader del gruppo estremista islamico Hizb al-Tahrir, Fadi Abdullatif, ha incitato a uccidere i ministri del governo per la partecipazione militare danese in Iraq, nonché a massacrare gli ebrei. Quindi si è domandata: «Abdullatif ha invocato il Corano per giustificare l’incitamento alla violenza! E noi ci meravigliamo che la gente associ l’islam alla violenza?».
Chiariamo subito che per gli integralisti islamici il reato non è solo nell’aver ritratto in modo percepito come offensivo il profeta, ma nel semplice fatto di averlo ritratto. Perché secondo loro sarebbe di per sé un fatto sacrilego. Ebbene la verità è che Mohammad fu un uomo come tutti gli altri e lui stesso vietò che lo si venerasse come una divinità. Gli sciiti, i sunniti nell’epoca ottomana e in India hanno ritratto il profeta senza remore. Di fatto coloro che mettono un veto alla raffigurazione di Mohammad compiono un compromesso tra i più oscurantisti, quali i wahhabiti in Arabia Saudita, che predicano il divieto assoluto della raffigurazione degli esseri viventi, e i modernisti che all’opposto favoriscono tutte le arti figurative.
Ma torniamo alla guerra santa scatenata contro Danimarca e Norvegia. Il secondo Paese scandinavo è stato coinvolto dopo che il settimanale Magazent, in segno di solidarietà con Jillands Posten, ha anch’esso pubblicato le vignette incriminate. Il
risultato è che sono stati condannati a morte i vignettisti e i direttori dei due giornali. Tutti i governi musulmani hanno formalmente protestato e messo in guardia «dalla reazione nei Paesi islamici e nelle comunità musulmane in Europa»(!). Dall’Arabia Saudita alla Mauritania è stato promosso il boicottaggio delle merci danesi e norvegesi. Gli ambasciatori musulmani vengono richiamati per protesta, mentre la Libia ha deciso di chiudere la propria sede diplomatica a Copenaghen. Ovunque gli imam delle moschee incitano le masse a riscattare l’onore e la dignità del profeta. La Lega Araba, l’Organizzazione per la Conferenza islamica e la Lega musulmana mondiale intendono interessare del caso le Nazioni Unite per far approvare una risoluzione che denunci il «razzismo, la discriminazione e l’islamofobia» di cui sarebbero vittime i musulmani in Occidente. Dimenticando che nei Paesi musulmani si fa apertamente apologia di terrorismo ed è radicata la cultura dell’odio contro gli ebrei e i cristiani.
Finora il premier liberale danese Rasmussen, a differenza del collega socialista norvegese Stoltenbergs, non si è piegato né alle sanzioni né alle minacce. Una resistenza che ha convinto i musulmani laici in Danimarca a uscire allo scoperto e a dissociarsi dall’estremismo degli imam locali
. Resta il fatto che i giornalisti danesi e norvegesi stanno combattendo, in solitudine, una battaglia per la libertà a salvaguardia della civiltà occidentale.”

Magdi Allam si chiede “che cosa aspetta a intervenire l’Occidente?
Adotterà la politica dello struzzo fino a quando un altro Theo van Gogh non sarà assassinato a Copenaghen o a Oslo?

Ma le domande che sorgono sono ancora molte:
Nessuna manifestazione per la libertà di pensiero e di espressione?
Nessun appello alle autorità perché intervengano?
Dov’è la solidarietà di categoria, la solidarietà di tutti quelli che sono pronti ad invocarla per i manifestanti che dileggiano la Chiesa e i suoi rappresentanti?

Le risposte tardano a venire, noi da parte nostra oltre a manifestare solidarietà ai giornalisti e ai direttori dei giornali che hanno messo a repentaglio la loro vita, per affermare il diritto alla libertà di espressione, vorremmo invitarvi tutti a far conoscere questa situazione, a fare in modo che la rete internet, diventi strumento di diffusione e conoscenza di una situazione di cui molti sottovalutano la gravità.
La rete può, più della carta stampata? Proviamoci.

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