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Missioni: l’isola dei non famosi

Autore:
Losa, Luigi
Fonte:
Il Cittadino (C)
I nomi e i volti dei brianzoli testimoni del Vangelo nei cinque continenti.

Il titolo è volutamente provocatorio e, nelle finalità, anche polemico.
E mi è venuto d’istinto quando ho letto che il programma televisivo “L’isola dei famosi” della scorsa settimana, ha superato il 40% di share, un vero record di ascolti.
Ora, non da oggi, tutti i programmi del genere reality show mi vanno particolarmente di traverso, non li posso soffrire e non riesco proprio a guardarli, nemmeno per curiosità o per aggiornamento professionale.
Ho provato, al massimo in passato ho resistito a qualche mezza puntata, poi sempre di meno; adesso non arrivo al minuto, cambio canale prima.
Orbene “L’isola dei famosi” della Rai (ma è la stessa cosa “La talpa” di Mediaset) sono i programmi che più mi danno sui nervi perchè ci fanno vedere un gruppo di personaggi più o meno famosi che, volontariamente (ma va!) cercano di salire o di tornare alla ribalta fingendo di patire le pene dell’inferno (a volte anche con prove, sic!, di particolare pericolosità) su spiagge abbandonate di Paesi lontani, dell’Africa o dei Caraibi. Ovviamente ripresi, e dunque circondati, giorno e notte dalle telecamere e dunque da uno stuolo di tecnici e compagnia bella. Oltretutto chi vince, alla fine intasca anche un discreto gruzzoletto di centinaia di milioni di euro (e scusate se è poco).
A questo punto, e soprattutto di fronte al grande successo di pubblico che si appassiona alle terribili esperienze, alle disavventure, alle dure prove, ai volti segnati e rigati a volte anche di lacrime, mi chiedo e chiedo se non abbiamo davvero gettato il cervello all’ammasso, se non ci siamo fatti irretire e abbindolare sino all’istupidimento collettivo.
È vero, basta cambiare canale, ed è l’unico ed il miglior consiglio.
Ma per reazione mi sono venuti in mente proprio i missionari, ovvero tutta quella gente che non da oggi ma da secoli lascia davvero tutto quello che ha e parte per “l’isola dei non famosi” per l’appunto, posti sperduti in ogni angolo del mondo, dove resta per anni, per decenni, per tutta la vita, e spesso vi riposa anche per l’eternità.
Gente, e sono uomini e donne, giovani e anziani, preti e suore ma non solo perchè ci sono sempre e più numerosi anche i laici, che non ha in mente progetti particolari, ideologie politiche, strategie di mercato, indagini sociologiche e/o psicologiche, ricerche bio, crio, tecno, nano e altre diavolerie.
É gente che, nella stragrande maggioranza dei casi, vuole vivere e condividere la povertà, la miseria, la malattia, la mancanza di istruzione, l’ingiustizia, di altra gente che ha avuto la ventura (o la sventura, che spesso non sa nemmeno essere tale) di nascere in una parte del mondo non evoluto, non avanzato, non industrializzato, non ricco, non acculturato.
É gente che, nella stragrande maggioranza dei casi, lascia tutto e parte solo per annunciare, ma soprattutto vivere nella sua radicalità, nella sua interezza, nella sua Verità, il Vangelo di Gesù Cristo.
Testimoni di fede, testimoni di speranza, testimoni di carità, li hanno chiamati e li chiamiamo in tutti i modi i missionari, ma sono gente comune, non sono personaggi famosi, non sono idoli e miti, non sono vip, non sono protagonisti, non sono facce da copertina o da televisione.
Sono persone, nomi, volti della porta accanto, il figlio di, il fratello di, la sorella di, lo zio di, la zia di, la cugina di, il nipote di. Sono persone che però ad un certo punto della loro vita prendono su e partono senza sapere spesso se avranno un tetto dove ripararsi, se avranno da mangiare, se troveranno da dormire. Sono persone che spesso rischiano, e lo sanno perfettamente, anche la vita e talvolta anche la perdono per la guerra, per la violenza che regna sovrana nelle terre sperdute dove si recano. Sono persone che spesso e volentieri finiscono nel dimenticatoio, abbandonate e sconosciute anche alle comunità cristiane, alle stesse parrocchie, ai preti come ai laici. Sono persone che al massimo hanno e trovano il sostegno di qualche gruppo missionario, di qualche associazione, di qualche parroco particolarmente sensibile.
Eppure sono i maggiori esperti di povertà, di effetti della globalizzazione, di fanatismi religiosi, di inculturazione, di flussi migratori, di sviluppo e sottosviluppo, di fame e di sete nel mondo, di guerre e di ingiustizie, di diritti umani, di rivolgimenti sociali e politici, in una parola di umanità.
Ne sanno sicuramente di più e meglio di tanti professori e dottori e cattedratici e superlaureati e conferenzieri che tengono banco in convegni, dibattiti, su giornali, radio e televisioni.
Ma di loro, se va bene, ma se va proprio bene, ci si ricorda al massimo una volta all’anno (o quando tornano a casa, ma non sempre e non tutti, per riposare, per tirare il fiato, per trovare qualche aiuto, o per curarsi) ovvero quando c’è la giornata missionaria mondiale.
Domenica la Chiesa celebrerà a livello universale l’appuntamento con particolare solennità. A Roma in piazza San Pietro il Papa Benedetto XVI concluderà il sinodo dei Vescovi e anche l’anno speciale dell’Eucarestia indetto dal suo predecessore Giovanni Paolo II che nel messaggio per la giornata missionaria mondiale ha definito non a caso i missionari “pane spezzato per la vita del mondo”.
Ovviamente riusciremo a dare un’occhiata, a prestare un attimo di attenzione e, se andremo a messa, ascolteremo, forse, un’omelia ad hoc e frugheremo in tasca alla ricerca di qualche spicciolo supplementare per un’offerta. Per il resto avremo altro da fare, pensare, ascoltare, vedere.
Perchè un programma su “L’isola dei non famosi” non lo farà e non lo trasmetterà mai nessuno. Anche perchè una troupe televisiva che raggiungesse un missionario in qualche angolo del pianeta correrebbe il rischio di sentirsi dire “non ho tempo, ho altro e ben più importante da fare”.

P. S. In un’area come la Brianza che ha centinaia di missionari e non solo religiosi ma anche volontari laici, e dove si fa di tutto e di più in ogni campo, possibile che non si riesca a promuovere, da parte delle amministrazioni comunali, bandi annuali per il finanziamento di progetti nei Paesi sottosviluppati sostenuti e realizzati da chicchessia, così come già avviene lodevolmente in qualche Comune della Brianza?
E già che ci siamo cosa e quanto dobbiamo aspettare ancora per avere l’adesione dei Comuni della Provincia «nuova» al “sogno di Giuseppe”, ovvero un pozzo d’acqua in Africa per ogni Comune della Brianza?

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