La costituzione Irachena non accende l’Italia
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Raccontando il 30 gennaio 2005, giorno delle votazioni in Iraq, Tony Capuozzo al Meeting di Rimini si rammaricava per la nostra indifferenza di fronte alle conquiste difficili e coraggiose del popolo iracheno, diceva: “…sembra l’ora delle vecchiette alla messa mattutina quando stai a letto, e c’è silenzio nella città, e poi pian piano ai seggi si formano le code, la gente va a votare, queste donne con le quali spesso fai fatica a parlare, ti mostrano il dito, che è il certificato che hanno votato.
Tu vivi una giornata così provi a raccontarla facendo il tuo lavoro di cronista e questa sfida è incarnata (…) ognuno quella mattina ha dovuto decidere – vado o non vado – o ha guardato cosa ha fatto il suo vicino, è stata una specie di festa difficile della democrazia, tu pensi che il tuo paese che improvvisamente ha smesso di interessarsi di Saraievo e della Cecenia e improvvisamente si è infiammato per l’Iraq, che ha risvegliato tra Guelfi e Ghibellini, chissà, le passioni forti, tu pensi al tuo paese che manifesta, che si divide, che si conta, che mette le bandiere alle finestre e questo paese non si accende di un millimetro di passione per una giornata come questa.”
Non si “accende”, caro Capuozzo, perché il nostro paese ha le fette di salame sugli occhi, le fette di salame dell’ideologia, vediamo solo quello che vogliamo vedere, sentiamo solo quello che ci piace sentire.
Siamo pacifisti, animalisti, ecologisti, a giorni alterni, scendiamo in strada a seconda di chi ci chiama.
In Iraq sta accadendo qualcosa d’epocale, il settimo articolo della neonata costituzione dice: “Ogni comportamento che appoggi, aiuti, prepari, glorifichi, solleciti o giustifichi il razzismo, il terrorismo, il takfir, la pulizia etnica e la ricostruzione del partito Baath, sono proibiti e non potranno far parte del pluralismo politico”.
Mi pare chiaro, si sta lavorando ad una costituzione ANTIFONDAMENTALISTA ed è messo al bando il terrorismo, certo si tratta ancora di mediare, di cercare il compromesso, ma questa è la democrazia.
Il nostro paese che tanto si è battuto perché non si andasse in Iraq ora dovrebbe fremere di curiosità, di voglia di capire cosa sta accadendo, cosa dirà la costituzione di questo popolo che cerca faticosamente una normalità, quali diritti saranno garantiti? Che ruolo avranno le donne? Quali libertà saranno possibili?
Dovremmo fremere per loro, sentirci tutti iracheni, solidali con chi ha rischiato la vita per votare, rischia la vita per lavorare, per arruolarsi nelle forze dell’ordine, solidali con un popolo che cerca di ripristinare quella normalità fatta di gesti quotidiani, di bambini che vanno a scuola e donne che vanno al mercato.
Invece, ancora una volta l’argomento non ci interessa, intanto, è ripreso il campionato di calcio.