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Le ragioni della speranza

Autore:
Mons. Luigi Negri, Vesc. di S. Marino-Montefeltro
Il terrorismo fanatico è una metastasi che ormai si è saldamente insediata nel tessuto della nostra coscienza e del nostro cuore.

Da Londra una lezione: recuperiamo i valori della tradizione cristiana.

L’inerzia dell’occidente alla base del proliferare del terrorismo

La tragedia degli attentati di Londra ci ha messo, ancora una volta, di fronte a questa orrenda presenza che ormai accompagna la nostra vita nel quotidiano e tende ad investire anche gli aspetti più personali e famigliari della nostra esistenza.
Questa massa di dolore innocente, la morte ingiusta di tanta povera gente che prendeva la metropolitana per andare a lavorare; quel groviglio di corpi martoriati; quelle sofferenze fisiche che prima di segnare i corpi segnano l'anima; il dolore e lo sgomento di coloro che sono rimasti e che non potranno avere pace. Chi potrà dimenticare, fra di noi, il dolore gridato dal padre della nostra connazionale morta a Londra qualche mese prima di un matrimonio lungamente atteso, lungamente desiderato e preparato con quell'attenzione e quella cura che normalmente la donna esprime per la sua capacità di affezione. Il terrorismo fanatico è una metastasi che ormai si è saldamente insediata nel tessuto della nostra coscienza e del nostro cuore e quindi della società e sembra possedere una potenza assoluta di intervento, di trame vastissime, di collusione, di omertà ma che, soprattutto, gioca su quello che il Presidente del Senato Marcello Pera ha chiamato in modo molto significativo l'inerzia dell'Occidente. Una inerzia intellettuale e morale, come un'assenza di valori adeguati da contrapporre a questa marea montante del nulla. I fanatici che si sono fatti esplodere in questi anni e in questi mesi hanno detto più volte di essere i testimoni del nulla. La tradizione cristiana chiama tutto questo con un termine assolutamente insuperabile "misterium iniquitatis": il mistero dell'iniquità, il mistero del male che nasce nel cuore del demonio, che coinvolge il cuore di tanti uomini e da essi, da questi cuori dilaga nella vita e nella storia della società. Ma è un potere apparente; di fronte agli attentati di Londra come di fronte all'ingiustizia e alla sofferenza della nostra vita quotidiana, come di fronte al male che noi facciamo e subiamo diciamo "ave crux spes unica". Il male può sembrare che vinca, può stroncare vite, può ferire corpi, può sconcertare anime e coscienze ma non può più vincere. La croce di Cristo saldamente piantata sulla nostra terra e quindi nel vivo della nostra storia, condizione di resurrezione per lui, è anche per noi condizione di resurrezione. Noi dobbiamo dire forte ogni giorno "ave crux spes unica", dobbiamo guardare il male non con l'altezzosità con la quale tante volte non abbiamo guardato le ideologie, prevedendo di avere ragione oppure cedendo ignominiosamente ad esso. Noi dobbiamo dire al male che è male e non può possederci il cuore e la coscienza e non può condizionare in maniera definitiva la nostra vita, perché noi siamo di Cristo e Cristo è Dio. Questa grande, corale testimonianza di fede nel Signore della vita e della morte sarà il contenuto della grande giornata mondiale dei giovani che si terrà a Colonia nella quale, prevedibilmente, parteciperanno milioni di giovani. Non sono tutti cristiani i milioni di giovani che converranno, ma sono comunque l'avanguardia di questo popolo soprattutto europeo che non accetta di essere una massa di individui telecomandati dai poteri forti che si esprimono nell'impero massmediatico. Sono coloro che non accettano che la vita sia sostanzialmente una recita, la recitazione di quello che Shakespeare aveva definito una "favoletta senza senso recitata da un idiota". Sono la manifestazione di un popolo vasto in cui, forse, ritorna a vibrare la ragione come apertura al mistero, al senso ultimo della vita; come tensione alla conoscenza del mistero che è Dio e come volontà di comprendere la realtà, anche quella complessa e variegata, della vita personale e sociale secondo tutti gli aspetti di cui è fatta. E' un popolo della ragione, ma accanto al popolo della ragione, coinvolto con esso, c'è il popolo della fede e il popolo di coloro che riconoscono che soltanto in Cristo c'è la salvezza per l'uomo e per il mondo. Amo pensare e spero di poter dare il mio contributo nelle catechesi che mi sono state affidate, che Colonia quest' anno dopo la tragedia di Londra, sia animata dal desiderio di un incontro nuovo, profondo, definitivo fra la ragione umana aperta al mistero e la fede in Cristo che è il mistero che è diventato presente. Amo pensare che la convivenza di questi giorni sarà intensa per sentimenti, per affezioni, per canti, per conoscenze nuove, per amicizie che si intrecceranno, per gioie che si comunicheranno o dolori che si condivideranno. Amo pensare che questa grande, immensa famiglia di giovani si stringa davvero attorno a Benedetto XVI, a colui che ci è padre e maestro nella fede, a colui al quale la provvidenza divina ha consegnato la Chiesa in un momento di straordinaria energia di missione e di grande debolezza. Perché questo padre della fede sappia, soprattutto, convincere i giovani che fede e ragione sono, come diceva Giovanni Paolo II, le due ali utilizzando le quali l'uomo si libra verso il senso profondo della sua vita. Da Colonia torni un popolo di giovani confermati nel rischio della ragione, confortati nella certezza della fede e perciò capaci di affrontare l'esistenza quotidiana con questa energia: energia di un compimento della ragione nella fede e della fede nella ragione. L'esistenza di questo popolo sarà la sconfitta del terrorismo. Possono aspettarci tempi duri, anni difficili; il dolore potrà quasi certamente segnare anche la nostra vita nazionale e la sicurezza del vivere in qualche modo finita. Ma sotto e più profondo di questo sconcerto e di questo sgomento sta la certezza che Cristo ha vinto la morte e che noi ne siamo i testimoni fino agli estremi confini del mondo. Questa è la vittoria che vince il mondo: la nostra fede.

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