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Islam moderato se ci sei batti un colpo

Fonte:
CulturaCattolica.it
"La libertà fa gola"

Il periodo che il mondo sta vivendo è certamente difficile, è in atto una guerra, tra un islam integralista e il resto del mondo, occidentale o arabo secolarizzato non fa differenza, il resto del mondo, dove la gente, tra mille difficoltà e contraddizioni, lavora, viaggia, studia, si ama o si detesta, si sposa e si separa, fa figli e li cresce oppure li abortisce, un mondo non perfetto, ma che non ha come unico scopo far diventare tutti come lui.

C'è un piano organizzato per colpire il cuore di questo "resto del mondo", sbagliano quelli che individuano nei terroristi delle persone che reagiscono alle ingiustizie perpetrate dall'America e dall'Occidente nel confronto del mondo islamico.
Il nostro torto è di esistere, ed è il torto di quei mussulmani che noi chiamiamo "moderati" (loro spesso si definiscono laici) che per il fatto di vivere un islam in cui religione e Stato sono scissi, vengono, di fatto, inseriti nella lista degli apostati e quindi dei perseguitabili.
Qui sta una delle grandi difficoltà di chi si sbraccia invocando il dialogo, individuare quello a cui tutti facciamo appello chiamandolo "l'islam moderato".

E' giunto il momento in cui i "moderati", devono necessariamente diventare visibili, prendere posizione, schierarsi.

In Italia solo il 5% dei mussulmani frequenta le moschee, ma i restanti si fanno i fatti loro ed è con questo 95% che abbiamo bisogno di parlare, per capire se ci stanno ad un lavoro comune di educazione ad un mondo nuovo.
E' divenuto necessario più che mai, perché altrimenti si rischia che "moderato" non sia il termine che indica le persone al fianco delle quali lavorare per una pacifica convivenza, per una crescita culturale che arricchisca entrambe, per un'educazione reciproca, "moderato" rischia di diventare il termine che identifica una posizione più somigliante all'indifferenza.

In questi anni di immigrazione "allegra", abbiamo trascurato il problema dell'immigrazione islamica, abbiamo sperato che la nostra indulgenza e la propensione al compromesso potesse aiutare la convivenza. Non è stato così.

I tragici avvenimenti degli ultimi anni sono a testimoniare che non è così.
Questo estremismo islamico ha potuto insinuarsi nelle carni dell'occidente grazie alla nostra impreparazione alla multiculturalità, alla nostra superficialità nel guardare ai problemi e alle loro ripercussioni a lungo termine, grazie alla nostra disponibilità ad accogliere chiunque anche rinunciando alla nostra identità in nome di una presunta tolleranza, grazie al nostro aver deposto le "armi dell'educazione", grazie alla nostra democrazia che vista con gli occhi di certo islam è un'aberrazione, perché il popolo non Allah è sovrano.

Si è pensato che le cose potessero "aggiustarsi da sole", che bastasse essere disponibili alla concessione di diritti se non in alcuni casi di privilegi, perché si potesse attuare un'integrazione.
Non si è capito, e non si sono voluti ascoltare, quelli che da anni mettevano in guardia verso i danni che questo atteggiamento avrebbe comportato, anzi, si sono additati come i nuovi razzisti.

Ora correre ai ripari non è facile, soprattutto perché non vi è un'unità di giudizio sul fenomeno, sono ancora molti quelli convinti che sia solo "il dialogo" a poter avere la meglio, ma non sanno bene chi siano gli interlocutori e crescono quelli che credono che solo "la repressione" possa riportare la tranquillità.

In realtà vi è bisogno di "educazione", e di certezze.
Le leggi vanno rispettate e fatte rispettare, dev'essere chiaro che la libertà comprende il rispetto delle leggi del paese in cui si vive, e il dialogo ha bisogno di reciprocità e di interlocutori certi.
Pertanto, vanno valorizzate e sostenute le persone che rischiando in proprio si sono schierate per un islam laico, dissidenti, poeti, scrittori, e quanti sono disponibili a mettere a repentaglio la loro sicurezza per un lavoro culturale che guardi al futuro, alle nuove generazioni come alla nuova speranza.

Non è un lavoro facile e non sarà sempre facile avere interlocutori certi, ma è proprio da un continuo confronto e educazione reciproca, che possiamo sperare di costruire un domani, dove non si debba vivere esorcizzando la paura.

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