Kamikaze, un progetto che parte da lontano
- Autore:
- Fonte:
La guerra sferrata al mondo civile imperversa, eppure c’è ancora molta gente che teme di chiamare i kamikaze assassini.
In un mio articolo ho scritto, che chi si fa saltare in aria, in mezzo ad un gruppo di bambini che prendono caramelle dai soldati americani è “senza cuore”, perché non ha cuore chi non ama i suoi figli. Pareva una frase condivisibile, ed invece subito qualcuno mi ha scritto per farmi notare che stavo dicendo cose ingiuste e offensive per il popolo mussulmano.
Non credo proprio, non ci sono giustificazioni per chi non ama il proprio futuro, non lo ama al punto che uccide i propri figli, che fa saltare in aria alberghi dove la gente lavora o si diverte, dove ognuno sta con la sua storia e il suo domani.
Non si possono tacere queste cose per paura di offendere i mussulmani.
Va da sé che non tutti i mussulmani sono kamikaze, ma tutti i kamikaze sono mussulmani.
Non si possono giustificare queste cose dicendo che in fondo, li abbiamo provocati, che si tratta solo di una reazione ai nostri gesti inconsulti.
Queste pagine tratte dal libro dal libro di Magdi Allam “Kamikaze made in Europe”, forse possono aiutarci a continuare la riflessione.
So che ci sono state contestazioni anche a proposito di Magdi Allam, è costretto a girare con la scorta per difendere se stesso e i suoi cari, viste le minacce ricevute a causa di quanto va dicendo e scrivendo, ma qualcuno che insinua si tratti di una montatura lo si trova sempre.
Del resto nemmeno Solgenicjin non era ritenuto credibile quando denunciava quanto accadeva in Russia.
(…) Si immagina che questa guerra del terrore sia di natura reattiva. figlia degenere della guerra sferrata dall’America in Iraq, e magari anche dell’allineamento statunitense al fianco d Israele. Si ritiene ingenuamente che ritirandosi dall’Iraq, questo terrorismo cesserà. Dimenticando il fatto che questa vera e propria guerra del terrore, che ha avuto nell’11 settembre il suo momento culminante, fu scatenata ancor prima dell’attacco all’Iraq.
Ignorando i proclami di Al Qaeda e della sedicente resistenza irakena, in cui si predica la guerra santa ad oltranza e su scala universale all’America e all’Occidente. Si ripete la litania che la questione palestinese sarebbe il fulcro della crisi e soltanto risolvendola si porrà fine a tutti i mali del Medio Oriente e, perché no, del mondo. Dimenticando che il vero ostacolo alla pace è proprio il terrorismo di Hamas, della Jihad islamica e delle Brigate dei martiri di Al Aqsa, manovrate da Yasser Arafat. Anche questo terrorismo, sostanzialmente diverso nella genesi e nei fini da quello palestinese degli anni Settanta e Ottanta, di matrice laica e nazionalista, è di natura aggressiva. Non reattiva. Perché i suoi protagonisti strumentalizzano l’arma del terrore per contendersi il potere, non per affermare il sacrosanto diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Perché il loro obiettivo è la distruzione dello stato ebraico di cui rinnegano il diritto all’esistenza. Non il conseguimento di una pace negoziata che consentirebbe finalmente la nascita di uno stato palestinese indipendente che conviva al fianco di Israele. E’ un dato di fatto che oggi la causa palestinese è ostaggio dello stesso terrorismo palestinese. E soltanto riscattandola dal terrorismo si consentirà al popolo palestinese di emanciparsi e far valere il proprio autentico interesse alla vita, alla pace e alla prosperità. Tuttavia, negli ambienti militanti e radicalizzati dell’Occidente, con una sorprendente trasversalità ideologica, religiosa e politica, più che una genuina volontà di porre fine a tutte le guerre prevale l’odio nei confronti dell’America e di Israele. Percepiti come il male assoluto. l’antiamericanismo e l’antiebraismo sono di fatto eletti a ideologia universale che fa proseliti ovunque. In modo esplicito o subdolo. tramite la concretezza dell’azione o la passività del silenzio. La critica ai governi americano e israeliano è assolutamente legittima; il rifiuto della guerra e dell’occupazione è un principio sacrosanto e condivisibile. Ma non possiamo esimerci dal guardare la realtà con gli occhi della maggioranza degli iracheni, che è ben felice di essersi liberata dell’odioso regime di Saddam Hussein, responsabile del genocidio del proprio popolo anche con l’uso di armi di distruzione di massa. Pur esigendo il ritiro delle forze alleate appena possibile. Bush ha fatto malissimo a enfatizzare la questione della residua presenza di armi di distruzione di massa in Iraq per aggirare l’assenza di una legittimità formale delle Nazioni Unite alla guerra. Ma indipendentemente dal comportamento e dalle mire americane, che piaccia o meno a tutti coloro che non riescono a considerare la realtà se non con i proprio paraocchi ideologici, la guerra che ha liberato il popolo iracheno dalla tirannia gode di una legittimità sostanziale. La caduta del regime di Saddam potrebbe rappresentare la pietra miliare del processo di democratizzazione non solo dell’Iraq ma dell’insieme del mondo arabo e musulmano. Se non saremo così stupidi e pavidi nel dare manforte all’offensiva del terrorismo. Ecco perché non ci è permesso il lusso di marciare per la pace bendandoci gli occhi. Ignorando in buona fede o fingendo maliziosamente di non sapere che i nostri atteggiamenti collimano e fanno il gioco degli interessi eversivi e destabilizzanti dell’ibrido coacervo di forze protagoniste o colluse con il terrorismo internazionale. (...)