L’ unica ragione del nostro esistere
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Gentile Nerella Buggio,
come cristiano provo un forte senso di disagio e quasi di ribellione nel vedere strumentalizzata la fede cristiana da parte innanzitutto di noi cattolici, in questi ultimi tempi.
Per spiegarmi mi torna utilissimo riprendere alcune frasi dell' INTERVENTO DEL RETTORE DELLA PONTIFICIA UNIVERSITA' LATERANENSE, Rino Fisichella, NEL CONVEGNO PUBBLICO 'SIAMO TUTTI EX EMBRIONI' (svoltosi a MERATE il 2/5/2005):
INNANZITUTTO: "E' necessario ribadire che la cultura ha in se stessa un bisogno naturale della religione. Se nei decenni passati è prevalsa la tesi -che trovò purtroppo non poca ingenua accoglienza nella comunità cristiana- che bisognava vivere nel mondo 'come se Dio non esistesse' (etsi Deus non daretur), per esprimere al meglio l'autonomia e indipendenza dell'uomo davanti a Dio, per la maturità di giudizio raggiunta, oggi è urgente ribadire che un mondo e una cultura privi del riferimento a Dio permangono come spazi in preda all'arbitrio del più forte e del più prepotente. La cultura ha bisogno del richiamo della religione perché ogni persona che in essa vive ed esprime se stessa è per essenza aperta alla trascendenza e al Mistero. Una cultura nel momento in cui si allontana dalla religione, creando una forma di alternativa ad essa, perde la sua stessa ragion d'essere. Da questa prospettiva, è estremamente rischioso per il cristiano considerare e vivere la frattura tra la sua vita religiosa e la vita culturale e sociale, come se si trattasse di due mondi separati che nulla hanno da condividere.
Non si può negare che presso molti cristiani sia cresciuta la mentalità secondo la quale appare ormai come naturale che i diversi campi della vita politica, economica, sociale, del pensiero scientifico, dell'educazione debbano svilupparsi muovendo unicamente dalle proprie norme immanenti. Si è creata in questo modo uno stile di vita non-cristiano, parallelo e alternativo alla fede che si impone talmente da apparire come assolutamente normale. Spesso gli stessi credenti più impegnati subiscono passivamente questa situazione, quando pensano che le cose della religione costituiscano un settore a sé e altrettanto le cose del mondo. In una parola, non solo si è smarrita la forza nella verità della fede, ma come sua conseguenza si è indebolito anche il senso religioso naturale che spinge a influire sulla cultura e sul mondo, rispettandone la loro valenza di apertura al sacro.
La vera sfida che si staglia nei confronti del pensiero in generale e della fede in particolare, è la stessa visione della vita personale e le modalità della sua genesi, durata e termine ultimo. La sacralità della vita è oscurata per la tenacia di imporre una visione tecnicista, edonista ed effimera come se tutto dipendesse dal puro caso o dalla sperimentazione arbitraria e dove tutto si vive, cogliendo solo il semplice frammento senza preoccuparsi di una progettazione personale compiuta nella libertà che aprirebbe a spazi di vero futuro. Il mistero della vita viene frantumato per l'arroganza di voler dare a tutto una spiegazione partendo da sé, senza attendere che l'Altro possa intervenire nella vita. Tolta la sfera della dipendenza come gratuità si sviluppa la pretesa del possesso e si spezza anche l'ultimo bastione in difesa dell'amore come un donare se stessi per sempre senza nulla chiedere in cambio."
Si capisce quindi che la questione in gioco non è innanzitutto far vincere i "no" o gli astensionisti, non è neanche unirci noi cattolici ai laici "atei-devoti", non è esaltare le leggi naturali inscritte nei nostri cuori (sono sepolte dalla nostra distrazione e dai nostri peccati!), non è far diventare ragione di vita la battaglia per i referendum (e un domani quella contro i matrimoni gay, ad esempio), non è pensare che basta il retto uso della ragione per discernere il bene ed il male (perché "Senza di Lui non possiamo fare nulla!). No, tutto questo è un grossissimo errore diabolico, oltre che una banalizzazione della realtà.
La questione è che bisogna rifare urgentemente un popolo a Dio, altrimenti l'uomo rinnegando Dio rinnegherà sempre più se stesso e tutto ciò che è il suo vero bene.
"Quando ho incontrato Cristo, mi sono riscoperto uomo" dicevano i convertiti all'epoca dei Romani. Che gli uomini riconoscano Gesù Cristo, loro unico Redentore, è molto più rivoluzionario e conveniente rispetto ad un banale loro rifiuto della fecondazione eterologa o ad un loro banale disconoscimento delle "famiglie" gay!!!
I cattolici stanno correndo il rischio di confondere la loro fede in Cristo e il loro urgente impegno missionario con un misero e sterile impegno politico (la cosiddetta battaglia di civiltà). Ma il loro esistere non sussiste in una motivazione politica ma nel "rendere ragione della Speranza che è in loro". Il resto, tutto il resto, avverrà come conseguenza e con la collaborazione della Grazia di Cristo, se Egli vorrà.
Risponde Nerella:
Gentile signor Davide,
è proprio vero ciò che lei mi scrive, in questi tempi la fede è strumentalizzata anche dai cattolici che credono di sapere meglio di altri e meglio di Cristo come debba vivere un cattolico (con un Dio a part time).
In questo periodo negli incontri per capire meglio cosa ci sia dietro ai referendum sulla Legge 40, ne abbiamo sentiti molti dire: "Io sono cattolico, ho votato a favore dell'aborto perché non posso negare ad altri questa libertà e voterò SÌ ai referendum, perché non posso arrogarmi il diritto di impedire ad altri di fare ciò che ritengono giusto", purtroppo anche qualche sacerdote è su questa linea, non c'è nemmeno la consapevolezza della Chiesa come madre, c'è un relativismo che vuole dire a Dio come dev'essere.
Lei ha ragione quando dice che si tratta di ricostruire partendo da Cristo, è quello che nel nostro piccolo tentiamo di fare con la nostra vita e con il nostro sito, come disse Paolo VI «Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia», c'è un pensiero non cattolico che si è insinuato tra i cattolici, un modo di vedere la vita che non ha nulla a che fare con la fede, si tratta di buonismo, di relativismo falsamente tollerante, vogliamoci bene ma non pestiamoci i piedi.
Cristo non era tollerante, era accogliente, ma era anche uno che chiamava le cose con il loro nome, non era un accomodante, ci ha testimoniato che la felicità è possibile.
Per quanto riguarda ciò che lei chiama i "laici devoti" ribadisco quanto dicevo nel mio articolo, credo ci sia posto per chiunque usi la ragione, ma vorrei farle rispondere da qualcuno di molto autorevole, Papa Benedetto XVI, che ancora Cardinale ebbe modo di rispondere alla domanda: "Cosa ne pensa dell'attenzione che laici come Giuliano Ferrara e Galli della Loggia prestano alla ragionevolezza cattolica?"
"Credo sia un fatto molto positivo, Alexis de Toqueville, un francese che nell'800 andò negli Stati Uniti per capire come funzionava la democrazia, disse che il dispotismo non ha bisogno della religione, la libertà sì. La religione per il dispotismo può essere un impedimento, perché il dispotismo si impone con la forza, la libertà invece non si impone con la forza, ma con convinzioni che realmente permettano una libertà condivisa.
Mi sembra che in questo momento, con così tante minacce per la libertà a causa del terrore che tutti viviamo, cominciamo a capire che la democrazia non è solo garantita dalla costituzione, dalle regole e dalle strutture politiche, ma, come annotava Toqueville per l'America, queste strutture funzionano solo se sono supportate da una convinzione morale e da una comune condivisione di valori.
E', sempre come diceva Toqueville, una convinzione fondamentalmente cristiana. E il pensiero di questi laici dimostra che una riflessione è in corso ed è ormai tempo di riscoprire che la libertà non funziona da se stessa, ma solo con convinzioni condivise che hanno un fondamento morale e religioso (religioso ho detto, non necessariamente cattolico). Quindi guardo con molta simpatia questo movimento di pensiero".
La ringrazio per la sua attenzione e per averci offerto la possibilità di questo approfondimento.