La donna del Cardinale
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Sulla "Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo" è stato scritto molto. Se fossimo delle psicoanaliste ci saremmo divertite ad evidenziare come ogni volta, che la Chiesa enuncia sulle donne e non solo, emergano pregiudizi e mugugni in un certo qual modo inconsci, oltre alle ben consce e note polemicuzze di sempre. Certo, ci ha alquanto inquietato il giubilo novello della Luisa Muraro, ma può essere che tocchi ad esser prevenute noi, da anni oramai, verso codesta pensatrice.
Una sintesi simpatica della Lettera l'ha data Stranacristiana nella sua newsletter: "Essenzialmente, viene detto che:
1. i maschi sono uomini e le femmine sono donne.
2. gli uomini sono diversi dalle donne
3. gli uomini e le donne hanno pari dignità
4. le donne non sono fatte solamente per fare figli: oltre al matrimonio esiste la vocazione alla verginità".
La verginità è stata di fatto una rivoluzione nel mondo antico, permettendo alla donna di svincolarsi dall'obbligo del matrimonio, acquisendo dignità per se stessa, in una libertà di donarsi che resta ancora valida al giorno d'oggi.
Perché la necessità della pubblicazione di questa lettera?
C'entrano i tentativi della società attuale di legalizzare le coppie omosessuali oppure per evidenziare un concetto differente di donna rispetto all''Islam?
C'è chi ha sottolineato la novità di questa lettera, c'è chi ha sottolineato invece la mancanza di novità. Non ci sono novità sconvolgenti come l'apertura al sacerdozio femminile o un capovolgimento della prospettiva antropologica biblica. Meno male, sottolineiamo noi, sapendo di contrastare tutte le solite aspettative di chi non vive la vita della Chiesa (queste solite aspettative son sempre le stesse!): in questo la Chiesa non contraddice se stessa. Sorvoliamo su chi ce l'ha con lo stereotipo di madre (uno stereotipo o una concretezza antropologica?) poichè nella lettera vi è una estensione, non puramente teorica, delle caratteristiche del genio femminile ad ogni essere umano che come "uomo e donna, è destinato ad essere per l'altro."
Noi evidenziamo una novità che c'è, eccome se c'è, ma che nessuno (che noi si sappia) pare averla notata a sufficienza. La lettera chiede una riorganizzazione della società, uno sforzo per armonizzare i tempi delle donne, sia il tempo di essere madri, sia il tempo per essere lavoratrici: "non si può tuttavia dimenticare che l'intreccio delle due attività - la famiglia e il lavoro - assume, nel caso della donna, caratteristiche diverse da quelle dell'uomo. Si pone pertanto il problema di armonizzare la legislazione e l'organizzazione del lavoro con le esigenze della missione della donna all'interno della famiglia.
Il problema non è solo giuridico, economico ed organizzativo; è innanzitutto un problema di mentalità, di cultura e di rispetto. Si richiede, infatti, una giusta valorizzazione del lavoro svolto dalla donna nella famiglia. In tal modo le donne che liberamente lo desiderano potranno dedicare la totalità del loro tempo al lavoro domestico, senza essere socialmente stigmatizzate ed economicamente penalizzate, mentre quelle che desiderano svolgere anche altri lavori potranno farlo con orari adeguati, senza essere messe di fronte all'alternativa di mortificare la loro vita familiare oppure di subire una situazione abituale di stress che non favorisce né l'equilibrio personale né l'armonia familiare." Non abbiamo visto politici e sindacalisti fare a gara per prendere sul serio questo prezioso suggerimento. Certo, la Lettera è rivolta in primis ai Vescovi: questo non è solo un dettaglio, evidenziando quanto il ruolo dei Vescovi debba essere rilevante ed incisivo in un modo nuovo..
In ultimo, c'è chi, come Francesco Merlo su La Repubblica, ha criticato l'astrattezza della lettera, trovando difficile comprendere "perche' un cardinale debba spiegarci la donna, per quale scienza infusa un maschio, celibe per voto, trovi nella Sacre Scritture di cui è fatta la sua vita, quella donna che in un'altra vita, nelle nostre vite, semplicemente non c'è".
Insomma, siccome il Cardinal Ratzinger non è sposato, allora non potrebbe scrivere sulle donne: come ragionamento fa acqua da tutte le parti.
Bisogna conoscere qualcuno carnalmente per conoscerlo veramente? Ne dubitiamo. I nostri cari amici playboy dichiarati non saprebbero metter giù due righe decenti sull'argomento, pur essendo invece molto loquaci sul tema, però con un frasario da luogo comune e da pensierini alla Grande Fratello (ma non ci importa molto di questo loro aspetto,- prima o poi cambierà, la speranza non muore mai -, che trascuriamo un po' a vantaggio di altre loro specifiche ed oneste qualità personali!). Non può considerarsi Don Giovanni come l'unico vero titolare sul discorso delle donne, ma neanche la Muraro, per conto nostro.
Merlo dichiara che dunque la donna del Cardinale non esiste, nemmeno nella vita comune. Ma il caro giornalista l'ha mai cercata? Cherchez la femme. Uno scoop: qualcuno dica al Merlo, che la donna del cardinale c'est moi, siamo noi.