Il relativismo riguarda anche le parole?
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E' di questi giorni la garbata (per ora) polemica tra Socci e Capezzone , fautore accanito e astuto del referendum per abrogare la legge 40 sulla fecondazione artificiale.
Non ho né l'intenzione, né la pretesa di intervenire in questa polemica, però non posso tacere davanti a certe affermazioni del giovane e promettente (?) radicale.
Quel che spaventa in questo signore è l'ambiguità giocata sull'ignoranza diffusa su alcuni termini, il cui significato credo sia giusto chiarire, soprattutto per i cristiani che vogliono essere fedeli al magistero ecclesiale, perché per i cristiani "fai da te" tutto fa brodo.
Alcuni chiarimenti sono davvero irrinunciabili. Innanzitutto è opportuno restituire il significato alla parola laico e laicità; anche se può essere noioso per chi vuol venire subito al sodo. Cercherò di riassumere al massimo.
Laico è nato come parola contrapposta ad ecclesiastico nei primi tempi del Cristianesimo. Quindi laici erano tutti coloro che non erano preti o consacrati in qualche ordine religioso. Poi la parola ha accompagnato la storia e, col passar del tempo la cultura, progressivamente sempre più anticristiana (si è cominciato con il Rinascimento per giungere fino al Nichilismo dei nostri giorni) ha finito con l'accorpare agli ecclesiastici tutti i cristiani praticanti, che molto sbrigativamente nella seconda metà del secolo scorso sono stati definiti integralisti (in realtà sono cristiani integri) e attualmente fa comodo definire fondamentalisti perché è utile per la cultura dominante accostare strumentalmente i veri cristiani agli odiati terroristi islamici (ma non si dice in modo aperto: basta la definizione per stigmatizzare:; ma attenzione le parole possono essere brandite come armi anche dai più innocenti e simpatici polemisti!). Mentre i veri cristiani - come chi conosce la storia sa bene - le hanno sempre prese... dalle ingiurie alle percosse fino alla soppressione fisica....
E poiché la parola laico indica chi non è ecclesiastico, mi pare che si debba usare con quel significato: tutti i cristiani che non appartengono alla gerarchia ecclesiastica sono laici… o come li vogliamo chiamare? Esiste qualche altro termine equivalente?
Attualmente in ambito ecclesiale si parla di laicato cattolico che è ben diverso dal laicismo ben decritto dal Card. Pompedda. Il laico cristiano è colui che dà a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Il laicismo invece è l'ideologia, (non l'ideale per cui si può dare anche la vita!), l'ideologia che censura, negandola come non avente diritto all'esistenza, la cultura cristiana che è quella cui da duemila anni apparteniamo.
La grave confusione dei termini operata da certi intellettuali consiste proprio con il il confondere laico e laicista, laicità e laicismo. Insomma il Grande Fratello dell'ormai dimenticato Orwell (che ne parlò in periodo non sospetto, nel 1948) ha fatto scuola: tutte la parole che non servono al potere vanno eliminate e laicismo non serve più perché potrebbe indurre le persone che ancora usano il cervello a chiedersi la differenza con laicità.
Una seconda considerazione: il riferimento al cattolicesimo liberale dell''800 non convince proprio, come non convincono tutte le generalizzazioni; soprattutto quando si fa riferimento al cattolicesimo liberale del Manzoni: in questo caso è evidente che il nostro giovane politico deve avere dei ricordi molto sbiaditi (o forse non li ha nemmeno letti, come gli studenti più furbacchioni) de "I promessi sposi", dai quali molti cattolici anche del nostro tempo avrebbero molto da imparare.
E poi deve sfuggire al nostro Capezzone che c'è una sostanziale differenza tra liberalismo e libertinismo. Solo che questo secondo termine è politicamente scorretto per la brutta fama che si è guadagnato nel suo passato (linguistico) inglorioso. Insomma si gioca ancora sulla confusione dei termini per lasciare in vita solo il significato più utile al potere: liberalismo o libertà (tutto fa brodo!) secondo i nuovi intellettuali ha il significato tanto caro di fare quel che pare e piace a prescindere dalle conseguenze delle proprie scelte, a prescindere da qualsiasi responsabilità.
Un'altra parola su cui il nostro deve avere delle difficoltà quanto a significato è la parola coscienza: ma lo sa che è un termine cristiano e che essa "è il luogo in cui in Altro parla"? cioè un luogo in cui Dio fa sentire la sua voce (che solo gli uomini hanno il privilegio e il dovere di ascoltare)?
La libertà di coscienza invocata senza cognizioni in causa dal giovane politico è ben altro rispetto a quel che fa comodo a lui e a quelli come lui: non è certo fare quel che più ci fa comodo; ma quel che è giusto, vero, bello, buono non solo per sé ma per tutti.
Non voglio infierire oltre riguardo a quella polemica iniziale. Però per concludere voglio riferire un episodio che mi ha molto colpito. In occasione di un dibattito televisivo il nostro giovane Capezzone, interpellato sull'identità dell' embrione, ha risposto: secondo me non è vita.
Allora davanti ad un tavolo ognuno può dire tranquillamente: secondo me è una cipolla?
Ma lasciamo stare l'ameno o stupido esempio: in un caso così importante, come quando si tratta di una vita umana (anche se la realtà bisogna riconoscerla sempre per quella che è e non per quella che vorremmo fosse) occorre aspettare o tener conto del giudizio degli scienziati, che non è poi così controverso dal momento che tutti riconoscono che nell'embrione è da subito presente il codice genetico dell'adulto che da quell'embrione si svilupperà… se lo si lascia vivere.