Giovedì 11 marzo 2004 riecco il terrore
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Giovedì 11 marzo 2004, Stazioni ferroviarie di Atocha, El Pozo del Tío Raimundo e Santa Eugenia di Madrid, il ripetersi di un incubo, più di 1400 feriti, 192 morti e la cifra si teme dovrà essere aggiornata, perché alcuni feriti sono in gravissime condizioni.
11 Settembre 2001, 11 marzo 2004, come in un incubo la violenza si ripete, senza senso, senza motivo, la violenza non ha mai un motivo valido, che serva a giustificarla.
Pendolari, studenti, persone che compivano gli stessi gesti di ogni giorno, che prendevano il treno, il solito treno che questa volta portava verso la morte, il dolore, il terrore.
Nel telegramma di cordoglio, inviato dal Santo Padre, tra le altre cose si legge: "…tali ingiustificabili atti che offendono Dio, violano il fondamentale diritto alla vita e distruggono la pacifica convivenza, alla quale vivamente aspirano le comunità ecclesiali e tutto il nobile popolo spagnolo".
Non sono parole di circostanza, da molto tempo il Papa ci esorta a difendere la vita e la cultura della vita, perché la pace ha bisogno di essere "insegnata" dobbiamo educarci alla pace e la pace nasce là dove c'è il rispetto per la vita umana.
Quando in nome della libertà, manchiamo di rispetto alla vita, la sopprimiamo, la manipoliamo, ricordiamoci che stiamo distruggendo la possibilità di creare una società che ami l'uomo e quindi la convivenza pacifica.
Sempre il Papa, nel discorso in occasione della giornata mondiale della pace, 1° gennaio 2004: "La piaga del terrorismo è diventata in questi anni più virulenta e ha prodotto massacri efferati, che hanno reso sempre più irta di ostacoli la via del dialogo e del negoziato, esacerbando gli animi e aggravando i problemi, particolarmente nel Medio Oriente.
Tuttavia, per essere vincente, la lotta contro il terrorismo non può esaurirsi soltanto in operazioni repressive e punitive. È essenziale che il pur necessario ricorso alla forza sia accompagnato da una coraggiosa e lucida analisi delle motivazioni soggiacenti agli attacchi terroristici".
Capire le motivazioni che stanno dietro a questi attacchi terroristici, che sono divenuti negli anni sempre più violenti e simili a quelli perpetrati dai terroristi Ceceni o dai kamikaze islamici, capire per contrastare questo terrorismo che pregiudica la possibilità di dialogo e di costruzione di quella pace e di quella società libera a cui i terroristi dicono di ambire.
Diceva Adriana Faranda, ex brigatista rossa ora dissociata, in un'intervista a LA7 del 05.03.2003: "Se c'è qualcuno che crede di lottare per una società migliore, sappia che non è con la violenza con il sangue che si può ottenere questo, non è con la paura che si può imporre una società migliore, la violenza uccide anche gli ideali."
Ma non conoscono la storia, non imparano dagli errori del passato, coloro che sono convinti che solo la violenza, la distruzione del presente, possa creare le premesse per un futuro giusto e libero.
Non si può costruire giustizia e libertà sul sangue degli innocenti, ce lo hanno dimostrato con i fatti, testimoniato con la vita, tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita, che hanno scontato pene ingiuste, deportazioni, lager, pur di cambiare il mondo, gridando in silenzio che la società poteva cambiare, doveva cambiare, ma sacrificando all'ideale la loro vita e non quella di chi ignaro stava loro intorno.
Loro ci sono riusciti.