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Eutanasia: idolatria della volontà malata

Fonte:
CulturaCattolica.it

La libertà si può ammalare.
Come tutto nella nostra vita, fisico, mente, anima anche la volontà si ammala.
Ma la volontà spinge all’agire (o al non agire).
Per cui quando la volontà si ammala c’è bisogno di cura.
L’unica cura possibile è la relazione.
L’uomo non è volontà ma relazione.
Lo dice una lettura semplice di come siamo fatti.
L’uomo è fatto per la relazione. Chiuso in sé non cresce e non matura.
Per questo la volontà di togliersi la vita è segno di sofferenza, di malattia della volontà stessa.
Ma quando chi ti circonda invece di prenderti per mano e condurti fuori dalla tua volontà malata, che ti spinge ad ucciderti, invece che amarti, ti aiuta a compiere ciò che la tua volontà malata desidera, allora non c’è più civiltà, non c’è più nulla.
La civiltà della morte, dove dio è la volontà dell’uomo, comunque e sempre, e la regola del più forte è la regola di tutto.
Non posso costringerti a cercare la verità, ma non posso aiutarti a distruggerti.
Chiunque lascia solo un uomo nella sua volontà malata costruisce la società della morte ed è responsabile di ciò che fa.
Perché dobbiamo credere al dogma indiscutibile dell’uomo individualisticamente chiuso nella sua volontà?
Certo è più comodo scaricare sul fatto che “è una tua scelta” voler morire, piuttosto che vivere il dovere di aiutarci a riconoscere il significato per cui vivere.
Hitler aveva concesso di uccidere per pietà i malati mentali.
Ma lo stato non è dio.
Certo lasciare che desideri la morte chi è disperato, fa risparmiare lo stato.
Usare chi è disperato per ottenere una legge contro l’uomo, è l’atteggiamento più vigliacco e sporco che si possa immaginare.
In nome dell’uomo ribelliamoci: non lasciamoci soli. L’individuo che deve poter fare ciò che vuole è il frutto da cui si riconosce una società che muore.
Ribelliamoci.

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