La minestra avvelenata
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La minestra avvelenata
Durante un dibattito in merito ai referendum, dopo che tutti si affannavano a dimostrare che l'embrione è già vita, oppure, che lo è solo da quando si annida nell'utero materno… ma, però, dipende… UN MIO AMICO è INTERVENUTO DICENDO:
"Davanti a un piatto di minestra che qualcuno sostiene sia avvelenato ed altri no, io che faccio?
Non la mangio.
Nel dubbio mi astengo."
Quindi…
Quando la verità è semplice, come un piatto di minestra.
Editoriale di Emilio Mortella [Presidente Ageing Society]
Tratto da: http://www.tuoquotidiano.it/ Data: 03-06-2005
Non ho certezze, per questo motivo io mi astengo
Renato Dulbecco, premio Nobel e uno dei massimi propugnatori dello studio sul genoma umano, interrogato da Fabio Fazio sul tema del referendum e della ricerca sulle cellule staminali, ha risposto alla domanda: "Quando comincia la vita?". Il professore ha risposto: "Nel momento in cui l'ovocita fecondato si impianta stabilmente nella mucosa dell'utero materno. Cioè in una decina di giorni dall'avvenuto concepimento". Il premio Nobel ha altresì affermato che sarebbe meglio sviluppare la ricerca sia su cellule staminali embrionali che su cellule adulte. Ma, ha continuato lo scienziato, la sua era una risposta che teneva conto solo delle esigenze della scienza e non degli aspetti etici e religiosi che la questione sottende.
Non sono un esperto di genetica né di riproduzione, ma la domanda e la risposta centrano in pieno la questione su cui tutti dovrebbero interrogarsi prima di prendere una decisione su come votare al referendum sulla fecondazione assistita. Tutto il resto, infatti, viene dopo: i diritti delle donne, dei malati, e tutte quelle questioni che ogni gruppo solleva per sollecitare il SI', il NO o l'astensione, animati spesso da egoismi interessati più che da altruismi solidali.
Quando comincia la vita, dunque? E, più in particolare, quando comincia la vita umana? Già perché, sostiene ancora Renato Dulbecco, non è che se impiantiamo l'ovocita fecondato di una coppia di esseri umani in un toro nasce un Minotauro. Perché l'embrione umano si sviluppi, deve essere impiantato nell'utero di una donna ed è propriamente da questo momento che inizia lo sviluppo di una "cosa" che possiamo definire vita.
Ma siamo sicuri che questa "cosa" che vive e si moltiplica fino al momento in cui nascerà, si possa correttamente definire "umana"?
Qui i giudizi della comunità scientifica si dividono in sottili disquisizioni volte a procrastinare o a ridurre i tempi di questo riconoscimento che darebbe all'embrione un'inviolabilità non solo etica. Ma se le idee non sono chiare neanche in chi mastica "pane ed embrioni" tutti i giorni, come volete che siano chiare all'uomo della strada? E se fosse vita vera? Chi ci dà il diritto di violarla?
Sono per caso gli stessi che alzano barricate in difesa degli animali "immolate" come cavie, o che assaltano le baleniere o che urlano, giustamente, per le violenze dell'uomo su una natura che resta pur sempre inanimata? E la fecondazione eterologa non è anch'essa una violenza alla natura umana?
Mi pare che, anche in questo caso, più che un ragionevole dibattito teso a farci capire meglio l'essenza del problema, si contrappongono due schieramenti per i quali non c'è una via di mezzo: o sei "in" o sei "out". Se non sei pacifista sei per forza un guerrafondaio; se non sei per il laico "Sì" sei un clericale asservito ai dogmi della Chiesa e il nostro Parlamento non è che l'espressione, magari criticabile, di uno stato teocratico.
Da un certo punto di vista invidio tutte queste certezze perché, occupandomi di scienza da oltre trenta anni, di certezze ne ho veramente poche e più invecchio e meno ne ho. Ma, se non ricordo male, l'uomo si è evoluto proprio perché capace di interrogarsi e fare delle scelte. Potranno essere giuste o sbagliate, ma debbono essere prese sulla base di elaborazioni razionali che a volte impongono di darci dei limiti.
Sostenere la libertà di scelta e di coscienza in nome del rispetto di una minoranza che non condivide le scelte della maggioranza, d'altro canto non mi sembra corretto. Da ogni legge, infatti, da ogni regola che la comunità civile si è data e si darà, scaturisce una limitazione dell'arbitrio o della libertà. Ma questa è l'essenza della democrazia: il rispetto di libertà condivise ed accettate e di libertà ridotte e contenute.
La questione del referendum ha, a mio avviso, più elementi emotivi che razionali e, comunque, è sempre meglio cambiare una legge che colma un vuoto legislativo, piuttosto che tornare a una situazione di mancanza totale di regole. Per tutto quanto sopra: io mi astengo.