La giustizia ha bisogno di carità
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Se persino i preti di oggi non vivono la Quaresima, vuol dire che si fa sempre più forte all’interno della Chiesa un pensiero non cattolico di cui già parlava papa Paolo VI.
Il 21 marzo a Torino hanno organizzato la solita sacrosanta marcia contro la mafia e per la legalità.
In prima fila, don Luigi Ciotti, accompagnato dal suo solito “chierichetto”, il procuratore Giancarlo Caselli. Per ricordare le vittime della mafia, i due organizzano da parecchi anni convegni, sfilate e altre iniziative di sensibilizzazione.
Ma Colui che tra una ventina di giorni celebreremo come il nostro Salvatore, che ha già vinto contro il Potere del Male nel mondo (ed ha vinto umiliandosi in croce: non facendo il rivoluzionario combattente) ha ancora qualcosa a che fare con i drammi e le tragedie di cui parla don Ciotti?
Perché sembra che per questo prete la legalità, l’impegno, la propria buona volontà possano fare a meno di Gesù Cristo (nonostante il Signore ci avesse avvertiti: “Senza di me non potete fare NULLA”)?
Anziché indicare una strada per incontrare Cristo (e la strada è la comunità ecclesiale), i sacerdoti come don Luigi Ciotti indicano una speranza senza fondamento, un’ illusione di un mondo più giusto che sembrerebbe un’ utopia.
E’ un vero peccato che il Cardinale Poletto di Torino abbia dichiarato alla conclusione della marcia: “Ringrazio un mio sacerdote e gli rinnovo il mandato affidatogli dal mio predecessore card. Pellegrino: la tua parrocchia sarà la strada”. Il sacerdote sarà anche suo ma si spera che sia anche di Cristo e che oltre ad attrarre a sé giudici, vip e cultori della sacrosanta antimafia li attragga anche all’unica Via che ci salva tutti.