25 giugno 2004: Testimonianza: Henrique Capriles Radonski, sindaco di Caracas, arrestato ormai da quasi due mesi
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Caracas, 25 Giugn
In quanto sacerdote ho visitato molte prigioni, ma nessuna mi ha impressionato maggiormente, della mia visita, il 13 giugno, ad un carcere venezuelano.
È chiamato l'Elicoide per la sua struttura. Assomiglia al museo Guggenhheim di New York, ma più fratturato e pieno di delinquenti e prigionieri politici, oltre che essere caserma della polizia segreta. È nel centro della capitale, nel Distretto Libertador di Caracas, una giungla urbana, con cinque sindaci, per i suoi cinque milioni di abitanti.
Uno di questi sindaci, Henrique Capriles, è prigioniero qui, con l'accusa di "intimidazione pubblica", "abuso di potere" e altre imputazioni inventate, dopo una manifestazione di fronte all'ambasciata di Cuba nel 2002. Non si sono formulate accuse e gli sono stati negati gli arresti domiciliari. Un tribunale, dimostratosi di parte, ha dichiarato il suo arresto il mese scorso.
Tutti sanno, però, che Capriles è in prigione per motivi politici. È un noto oppositore al presidente Chavez, e del suo regime, il quale è famoso, in tutta la regione, per la pericolosa combinazione di populismo, socialismo, protezionismo e nazionalismo. Per difendere questa posizione, Chavez, ha militarizzato il governo civile.
Il mio viaggio in Venezuela aveva, come meta, una conferenza sulla globalizzazione, ho trovato interessante il caso di Capriles ed ho voluto andarlo a visitare. In un paese cattolico, dove si rispetta molto la Chiesa, in parte per la sua eroica opposizione a Chavez, può essere, che il mio abito da sacerdote mi abbia aperto le porte. Nei meandri dell'Elicoide ho trovato un piacevole, intelligente ed affabile giovane che sprigiona forza interna.
In questi giorni, Capriles, si è lasciato crescere la barba in segno di protesta per la sua carcerazione. Lui è il congressista più giovane mai eletto in Venezuela e la sua esperienza, che include la presidenza della Camera dei Deputati, è iniziata prima dell'arrivo dell'imitatore di Fidel Castro.
Capriles ha partecipato alla creazione di un nuovo partito, Primero Justicia, si descrive come un moderato e fa dell'ironia perché, a volte, i suoi compagni lo accusano di essere troppo progressista.
Né Capriles, che ha due lauree in legge, né i suoi avvocati, capiscono l'ordine di arresto. Le autorità sostengono che ha partecipato ad una cospirazione per assassinare Fidel Castro. L'incidente è stato registrato, ma si può vedere solamente il sindaco, cercando di calmare una agitata agglomerazione che circondava l'ambasciata di Cuba, situata nel suo distretto, che protestava contro l'influenza cubana in Venezuela. Si vede l'ambasciatore cubano che ringrazia l'intervento del sindaco ma la protesta stessa è considerata la principale "evidenza" contro di lui.
Seduto in una piccola saletta per le visite, su di un sedile tolto a qualche automobile, uno dei miei accompagnatori esamina le pareti e Capriles ride, e dice: "sì, ci sono microfoni ovunque". Questo non sorprende, in un edificio degli anni 50, costruito dal dittatore Marcos Perez Jimenez, e che ora è la caserma della polizia segreta.
Chavez si riferisce a Capriles come a un oligarca radicale, che "lavora per l'imperio". Questa retorica è il suo stile in questi giorni. Fuori dal carcere sentiamo la voce di Chavez , rimbombare alla radio.
Così, come il suo idolo Castro, attacca il referendum con discorsi maratoneti e insiste che la battaglia non è contro "l'oligarchia bianca", in Venezuela, se non contro un nemico unico: George W. Bush.
E qui scoppiano gli applausi.
Se Chavez pensa che Capriles retrocederà si sbaglia: il prigioniero mantiene il suo ottimismo, sia per quel che riguarda il suo caso, sia per quel che riguarda il paese. Quando gli ho chiesto cosa lo aiuta a mantenere la forza d'animo, Capriles, che aveva una nonna ebrea, accarezza il rosario che porta al collo e dice: "sono la terza generazione di immigranti. Mia nonna ha trascorso 26 mesi nel ghetto di Varsavia, sotto i nazisti. Io sono qui solo da 33 giorni. A confronto non è niente".
Il problema, dice, è il potere giudiziario. Senza un potere giudiziario, forte e indipendente, non ci può essere libertà né democrazia stabile. L'Osservazione dei Diritti Umani ha appena pubblicato un rapporto di 24 pagine, denunciando il piano di duplicare il numero dei giudici del Tribunale Supremo di Giustizia, anticipando la perdita da parte del governo, del referendum.
Questa è la terza volta che vengo in Venezuela, ed è la prima sotto il governo di Chavez. Il cambiamento è evidente. C'è più violenza nelle strade e l'aria è tesa, con rioni che hanno i loro propri guardiani.
I telegiornali, delle televisioni del governo, fanno vedere cartoni animati cubani su quello che accade a coloro che tradiscono la rivoluzione. Come è accaduto in Nicaragua, le campagne di alfabetizzazione degli "assessori" cubani sono totalmente polarizzate.
Nelle mie conversazioni, con differenti venezuelani - sacerdoti, portinai, operai e giornalisti - tutti fanno riferimento al referendum del 15 agosto. La gente ha il presentimento che Chavez farà qualsiasi cosa per mantenersi al potere, potrebbe anche dichiarare lo stato di emergenza, per evitarlo. Un'altra preoccupazione sono le macchine per le votazioni: l'azienda contrattata appartiene, in parte, al governo di Chavez.
Un ex ministro, che ha partecipato al primo governo democratico, mi dice che la maggior preoccupazione è la frode nel referendum. A meno che gli organismi internazionali stiano molto attenti, è probabile che Chavez si rubi il risultato e già i chavisti stanno parlando di proibire la partecipazione di osservatori stranieri.
Sotto molti aspetti, il caso di Capriles, simbolizza sia la tristezza quanto la speranza dei venezuelani. La tristezza è che i migliori e più brillanti della nazione si trovino in questa situazione. La speranza è che gente come Henrique Capriles è ottimista sul futuro del paese.
(*): Sacerdote cattolico, presidente del Acton Institute
Robert A. Sirico
Questo articolo è stato pubblicato originalmente dal Wall Street Journal, quotidiano che ha autorizzato la traduzione (in spagnolo) di AIPE.
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