20 dicembre 2004: La rivoluzione non paga
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Caracas, 20 Dicembre 2004
Le rivoluzioni, e quelli che le hanno proposte, non hanno mai rispettato le vaghe promesse fatte, a coloro che, per interesse, o per paura, si sono inginocchiati.
“La rivoluzione non paga, né perdona: la rivoluzione castiga”. Non è certo una frase storica, ma sicuramente, appartiene alle cento storie, delle varie rivoluzioni di tutti i tempi. Meno, quando, attraverso il lungo tentacolo della giustizia, può raggiungere chiunque senza rimorsi. Tutto secondo la legge, o meglio, secondo il famoso principio “Plaza”.
Mentre il presidente Hugo Chavez, continua il suo periplo attorno al mondo, affannandosi per creare un fronte comune anti imperialista, o anti americano, unendo la Cina con l’Iran, la Libia con il Qatar, l’Argentina con il Brasile, Cuba con la Bolivia, l’attuale vice presidente si occupa di spazzare il cortile interno, rimuovendo gli ostacoli che restano sul cammino.
Dopo aver accusato di diffamazione l’avvocato Tulio Alvarez, leader del movimento oppositore, che sostiene tuttora il broglio elettorale, la giustizia rivoluzionaria si è lanciata, attraverso la Procura della Repubblica, contro coloro che, il famoso 11 Aprile, dell’anno 2002, sottoscrissero l’ancor più famoso decreto emesso da Carmoma Estanga.
Una parte di essi, circa 20, sono attualmente privati della possibilità di espatriare, e saranno sicuramente sottoposti a giudizio. Gli altri 200, verranno senz’altro convocati nei prossimi giorni. Fra gli attuali imputati appaiono i nomi di banchieri, e personaggi politici importanti, i quali, nella speranza di un perdono, o quanto meno essere coperti sotto il manto della rivoluzione, hanno, in questi ultimi mesi, collaborato con il regime, assumendo posizioni insolite, e soprattutto, contrarie a quanto l’opposizione sperasse. Le accuse sono gravissime: rivolta civile, e le pene durissime: fra 15 e 20 anni di carcere.
Tuttavia, non è difficile comprendere, come il rivoluzionario, cioè colui che non ha nulla da perdere, sempre vincerà la lotta contro chi, invece, da perdere ha molto. Lo stesso principio che applica la guerriglia, o il terrorismo. La struttura e l’organizzazione terroristica, non concedono alcun valore alla vita umana. Chi procede con l’attentato è, in realtà, un elemento che, una volta speso, verrà immediatamente sostituito con un altro, perfettamente preparato a tale scopo.
Ovviamente, Bin Laden, non si preoccupa dei suoi uomini, e non conta i morti, soprattutto, quando servono come pedine giornaliere per il suo scacchiere mondiale. Per lui sono importanti solamente quelli del nemico. Bin Laden non perdona, né la guerriglia colombiana, né la rivoluzione cubana, pertanto, come illudersi che la bolivariana dimentichi certi segreti?
Chissà, forse servirà da lezione per coloro che, nella speranza della redenzione, si sono inginocchiati. Altri ripeteranno gli stessi errori?
Maria Luz FdC
(SALVIAMO VENEZUELA)