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12 ottobre 2004:"L'opposizione deve impedire le elezioni amministrative" - "Aborto ed eutanasia" Intervista al sacerdote gesuita Mikel De Viana

Fonte:
CulturaCattolica.it

Caracas, 10 Ottobre, 2004

“L’opposizione deve impedire le amministrative”

La forza appassionata e la convergenza delle sue idee, non tolgono precisione né consistenza alle risposte di Mikel De Viana. Appena oltrepassata la soglia dei 50 anni, il sacerdote gesuita, teologo, sociologo e professore di filosofia, mantiene, più in là dell’irriverenza nella sua posizione, una sincerità nel momento di esprimerla, che poco si compatisce con il giudizio misurato di un chierico di mezza età, occupato a preservare i risultati di una brillante carriera.

D. - Ha senso andare a votare dinanzi a evidenze di frode sulle quali non hanno dubbi nemmeno coloro che vogliono partecipare come candidati?
R. - A me scandalizza il fatto che quando i giornalisti chiedono ai politici se c’è stata frode, loro dicono di sì. “Come sta il REP (Registro Elettorale Permanente)? Domandano nuovamente i giornalisti, ed ecco la loro risposta: “Completamente viziato”. “E il personale dei seggi?: “Quello dovutamente scelto è stato sostituito, e al suo posto hanno messo funzionari accoliti del Governo”. “Ci sarà il conteggio manuale?”: “No, non ci sarà”. Ti danno i dati che dimostrano che la frode è già messa in piedi e che, come dimostra la relazione di Tulio Alvarez, da più di un anno sta funzionando un meccanismo, per garantire che il sistema elettorale si metta al servizio della frode.

D. - E non hanno ragione?
R. - Tutti ti danno le stesse risposte, ma quando viene chiesto cosa si deve fare, ti rispondono: “Bisogna andare a votare con entusiasmo”. Questo risulta semplicemente illogico e irrazionale. O loro sanno qualcosa che noi ignoriamo, o c’è una frode della quale tutti finiscono per esserne complici.

D. - Vuole dire che sono arrivati ad un accordo con il Governo?
R. - È lì il fatto. Dopo sopravviene la speculazione di quale possa essere un accordo che permetta una simile irrazionalità. A meno che l’accordo sia questo, non è possibile capire. Un altro elemento in gioco è lo scandalo sulla “fioritura” di candidati, istituzionali e incoscienti, i quali cercano di convincere il Venezuela che il problema radicale consista sulla situazione inerente le strade, o sulla nettezza urbana, quando, invece, si tratta di uscire da un regime che ha ridotto i cittadini a condizioni di lacchè.

D. - Si può fare campagna elettorale, e allo stesso tempo, lottare per un processo che garantisca un minimo di trasparenza?
R. - Se non mi viene garantito un REP depurato, un conteggio manuale dei voti, e che il personale dei seggi sia eletto a caso, io considero che non ci siano le condizioni minime per un evento elettorale. Partecipare in simili circostanze sarebbe un delitto contro la democrazia.

D. - Allora, cosa fare?
R. - Desta la mia attenzione il fatto che sindaci e governatori, anziché organizzare un commando di lotta, organizzano un commando di campagna. Il loro dovere è difendere la volontà del popolo sovrano, ed esigere, tutti i giorni, dell’immediato futuro, che si compia la legge. La discussione che se non si va alle elezioni, si perdono spazi, è ridicola. Se si va alle elezioni, sotto queste condizioni, gli spazi saranno comunque perduti. Gli unici che rimarranno, saranno quelli permessi dal regime, per mantenere la facciata democratica. A parte ciò, sono anni che vediamo sindaci e governatori che vanno mendicando. Io vorrei che mi spiegassero quali spazi stanno difendendo, quando il Sindaco Peña, non può neanche uscire da Piazza Bolivar, senza che gli diano una sfilza di botte.

D. - Che cosa si offre agli elettori come alternativa?
R. - Lottare, e non per gli spazi, ma perché si compia la Costituzione e la Legge. Questo significa che oggi, sabato, invece che i candidati stiano lì a cercare di abbindolare gli elettori, con racconti sullo strisciato urbano, o sull’immondizia, che protestino di fronte alle dipendenze del CNE, facendo pressione fisica di strada, unica manifestazione reale del potere cittadino. Se qui si fanno le elezioni il 31 ottobre, vorrei tanto che si ripetesse la scena del referendum chavista: seggi, seggi e seggi, dove non c’era nessuno che firmasse. Quella sarebbe la dimostrazione più palese che questo non è un regime democratico, e che i venezuelani non sono disposti a cadere nel gioco, raggirato, di Chavez.

D. - Questo potrebbe essere prevedibile, se osserviamo nella gente, la totale mancanza di desiderio di votare?
R. - Sì. Prevedibile. Ma d’altra parte noi cittadini dobbiamo difenderci, e non solo dall’assedio del Governo, ma anche da quello dell’opposizione. Quelli che si dicono amici nostri, e nel frattempo ci catalogano come illusi, mentre loro fanno la figura dei vigliacchi.

D. - Di vigliacchi o di furbi?
R. - Di vigliacchi, perché intanto li fregheranno lo stesso. I partiti riuniti nel Coordinamento Democratico ortodosso, si sono incaricati, dai primi di giugno, di portare i cittadini al congelatore. Di smobilitare la popolazione. In questo momento i cittadini devono essere lasciati da un lato, perché non sono stati all’altezza della lotta civica.

D. - L’argomento di quelli che vanno alle amministrative è che i fautori dell’astensione vogliono evitare un tremendo fallimento elettorale.
R. - Quello è un problema che si riduce nel contarci. Se ciò fosse vero, non dovrebbero avere nessuna paura, perché avranno la vittoria.

D. - Bene. La gente si astiene. Però, come si sveglia il Paese, il 1º Novembre?
R. - Sono un cittadino, e non rappresento nessun partito o associazione. Quando le persone, che si sono ritirate dal Coordinamento, hanno fatto un atto, il 21 settembre, io ero lì, perché sono amico loro. Ma è ridicolo che mi presenti come capo di un partito. La gente si ostina a che parli e dia la faccia. Ogni volta che può, mi mette un microfono davanti. Allora si crea una impressione inesatta. Io sono un cittadino comune, con le sue opinioni, ma non seguo linee, né pretendo rappresentare nessuno. Sento che è giunto il momento di dire alla gente: ognuno faccia liberamente ciò che vuole o, elegantemente, quello che gli detta la sua coscienza.

D. - Quello non sarebbe una dispersione?
R. - Il mio problema con il regime non si limita a un calcolo di spazi, né di amministrazione elettorale. È di carattere morale. La degradazione della IV Repubblica è stata tale che risulta impossibile avvalersi di un argomento morale in materia politica. Immediatamente sei squalificato, perché devi giocare al calcolo e, in ultima analisi, all’opportunismo. Com’è possibile, che gente, in apparenza seria, disprezzi il tema morale in mezzo a questo orrore? La degradazione politica, e della leadership, è peggiore di quello che avevamo pensato.

D. - Secondo questo, è meglio che governi Chávez?
R. - In Venezuela, e nell’opposizione, c’è gente che vale molto, ma a questo punto i cittadini hanno già deciso. I politici devono capire che questo Paese non è di vigliacchi. I cittadini sappiamo che ci stanno abbandonando, come cani randagi. Ancora una volta, ci hanno voltato le spalle, e adesso, pretendono di fare un tour de force con i cittadini stessi. Vedremo chi vincerà. Se loro, con il loro opportunismo, o i cittadini con la loro dignità.

D. - Lei dice che: "ognuno faccia ciò che vuole”. Lei che farà?
R. - Prenderò parte alla lotta, perché venga compiuta la Legge Elettorale. Farò parte dei cittadini, che non si sommano alla frode. Io sono in attesa che i sindaci e i governatori capeggino la lotta dei cittadini. Se le cose non cambiano, dovranno impedire che ci siano le elezioni. E non andare, come vittime, al mattatoio.

D. - Impedire la partecipazione implica la violenza.
R. - Quello è un altro ricatto. Questi signori escono per le strade armati, a uccidere gente, nella Piazza Altamira. Quella sì, è violenza. Ma la presenza per le strade come protesta, la denuncia internazionale, e la dimostrazione che qui non ci sono elezioni, ma una gigantesca frode, è la lotta fondamentale. “Le rivoluzioni non si vincono per la via elettorale”.

D. - Nonostante che, da come si dice, alcuni dei suoi compagni la definiscano un illuso, e che la sua tesi resta che questo regime non uscirà dal potere con i voti, non sembra proprio la posizione di un “mangia fiori”.
R. - Una posizione come questa implica di dire alla gente che la lotta sarà lunga, che ci saranno vittime, e probabilmente, passeranno anni, prima di raggiungere l’obiettivo.

D. - Dopo sei anni di chavismo al potere, sembra che l’opposizione non abbia ancora ben chiara la natura del regime.
R. - Questa è una rivoluzione. E le rivoluzioni non si risolvono per la via elettorale, perché per loro, non esiste questa normativa. Le rivoluzioni, utilizzano processi elettorali a loro favore, sempre ché gli siano utili. La cosa scandalosa è che ci siano ancora partiti che si affrontano in questo governo, come se fosse uno in più. Questa è una realtà qualitativamente diversa, che deve essere affrontata in modo diverso.

D. - Non pochi di questi partiti sono stati con Chávez in qualche momento.
R. - Non solo quello, ma che, soprattutto, hanno sempre giocato all’opportunismo. E non c’è da meravigliarsi che alcuni di quelli, che oggi, con un’audace sfacciataggine, ci dicono che bisogna andare a votare, magari 24 ore prima delle elezioni, escano a denunciare una frode annunciata da un anno, e scendano dall’autobus all’ultimo momento, giocando all’opportunismo più sporco.

D. - Quello può essere l’atteggiamento di qualcuno che ha lottato fino all’ultimo momento, per raggiungere delle elezioni giuste.
R. - Le azioni delle persone sono effettive o espressive. Le effettive, perseguono propositi concreti: vincere un municipio, o un governatorato. Le espressive, non servono a niente, eccetto per esprimere il senso di ciò che pensiamo. Un uomo come me, dinanzi all’evento elettorale, non farà niente. Quello che voglio fare, quindi, è espressivo. Dire al mondo che il regime, in Venezuela, non è democratico ma autoritario, che il sistema elettorale è viziato e che i cittadini hanno la sufficiente dignità per non accondiscendere a una frode globale. È ciò che è accaduto a un monaco buddista che si è dato fuoco dinanzi all’Ambasciata Americana di Saigon, durante la guerra del Vietnam. Un uomo che, dopo tale atto, non sarebbe stato né ambasciatore, né presidente, né monaco, perché ha messo fine alla sua vita. Ma ha detto al mondo che, con questa gente, pestando la sua terra, non valeva la pena vivere. E quello è valso molto di più che qualsiasi processo elettorale.

“Aborto ed eutanasia”

«Sarebbe gravissimo che in Venezuela venisse approvata la depenalizzazione di condotte come le pratiche abortive, perché, una volta stabilita la depenalizzazione, nella società si estende una convinzione di legittimità di ciò che è approvato dalla legge. Nel caso dell’eutanasia mi sembra che una volta depenalizzata la condotta di eutanasia, anche qui si stabilisca una specie di modello sociale e di accettazione, e allora, persone anziane e malati terminali, persone che diventano un peso per la propria famiglia, cominciano a subire la pressione».

D. - In altre parole, li costringono a suicidarsi?
R. - Nessuno ti costringe direttamente, ma esercita una pressione.

D. - Se esiste già senza legge, figuriamoci come sarà con essa. La differenza, tra un bambino neonato e una persona anziana o malata, è che questi ultimi, facendo uso della loro ragione, possono decidere se desiderano vivere o vogliono morire.

D. - E allora?
R. - Quindi il bambino bisogna difenderlo perché non può farlo da se stesso, e ha diritto alla vita.
Noi vogliamo, da un punto di vista morale, che la dignità nella vita delle persone, si estenda sin dal primo istante dell’essere, fino al momento della sua morte. Quando dicono che una persona anziana ha diritto alla sua morte, lamento che voglia esigere la sua morte e non abbia la disposizione di accettarla come ultimo capitolo della sua vita. Quando mi dicono che bisogna aiutare la gente a morire, ho sempre creduto che si trattasse di somministrare le terapie quale palliativo contro il dolore, o circondarla di affetto, accettazione e perdono. Quando ciò succede, si accetta la morte con una distinzione, che poca gente, nella nostra società, conosce.

“El Universal”
Roberto Giusti

Tradotto: Leonella Olivieri

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