3ª Conferenza Ecumenica Europea
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:

Dal 4 al 9 settembre scorsi si è svolta a Sibiu la 3» Conferenza Eucumenica Europea organizzata da CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee) cattolica, e CEC-KEK (Conferenza delle Chiese Europee) protestante e ortodossa, sul tema “La luce di Cristo illumina tutti - speranza di rinnovamento ed unità in Europa”, cui hanno partecipato circa 2.500 Delegati provenienti da tutta Europa, e non solo dall’Unione europea.
Sibiu, Romania.
Sibiu, una cittadina di 170.00 abitanti, è il capoluogo della Transilvania in Romania, quest’anno eletta Capitale Europea della Cultura
Le precedenti Assemblee Ecumeniche Europee si erano svolte a Basilea (Svizzera) nel 1989 sul tema “Pace nella giustizia”, ed a Graz (Austria) nel 1997 sul tema “Riconciliazione - dono di Dio e sorgente di vita nuova”. Questo cammino aveva portato alla firma della Charta Oecumenica, avvenuta a Strasburgo nel 2001. (Linee guida per la crescita della collaborazione tra le Chiese in Europa)
Dobbiamo dire subito che purtroppo i risultati sono stati assai modesti; non vogliamo dire nulli solo perché comunque ci si è trovati e si è continuato a dialogare. La conferma di ciò si ha dal 1° Comunicato stampa degli Organizzatori, il 5 settembre: «Non siamo in un’era glaciale dell’Ecumenismo.» “Excusatio non petita, accusatio manifesta” risponde come non mai alla realtà. Pur animati dalle migliori intenzioni ci si è profusi su scontati appelli alla pace e sull’abuso di temi ecologici, vuoi perché proposti con insistenza da alcuni, vuoi soprattutto perché sono stati i soli aspetti concreti su cui ci si è trovati d’accordo.
Come noto la Congregazione per la Dottrina della Fede, il 29 giugno 2007, con l’approvazione del Santo Padre, ha pubblicato la nota dottrinale «Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa» nella quale, tra l’altro, si chiarisce come deve essere intesa l’affermazione secondo cui la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, e viene riproposto perché il Concilio Ecumenico Vaticano II° attribuisce il nome di “Chiese” alle Chiese orientali separate dalla piena comunione con la Chiesa cattolica, e perché invece i testi del Concilio e del Magistero successivo non attribuiscono il titolo di “Chiesa” alle Comunità cristiane nate dalla Riforma del 16° secolo. Si tratta quindi di posizioni risalenti al Concilio Vaticano II° che recepiscono una dottrina ancora precedente: pertanto nessuna novità. La pubblicazione a soli due mesi dalla Conferenza di Sibiu, può aver irritato alcune sensibilità particolarmente acuite, ma non rappresenta nulla di nuovo, che non fosse già noto in ambienti teologici.
Che cosa, a mio parere, ha contribuito a buttare benzina sul fuoco? La posizione di alcuni cattolici, e non solo di semplici fedeli laici, che hanno ritenuto di non voler capire e sostenere umilmente la posizione ufficiale della Chiesa, ma hanno assunto l’ambiguo atteggiamento, illusoriamente dialogante, che dice: sì, era già noto tutto, ma se non lo si ribadiva proprio adesso forse sarebbe stato meglio; certe cose non è il caso di sottolinearle ed accentuarle sempre.
Qui viene a galla il problema di fondo: l’ecumenismo non è la ricerca del massimo comun denominatore, ma è la ricerca comune, ancor che faticosa, della verità. S. E. Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni e Presidente della Commissione ecumenica italiana, presente a Sibiu, ha detto che il cammino ecumenico si deve svolgere su due binari, nessuno dei quali può essere tralasciato: la verità e l’amore. Cioè la ricerca congiunta, ancor che faticosa, della verità e la carità vicendevole, l’amore reciproco che si concreta in gesti comuni, semplici ma coraggiosi e generosi verso l’unità visibile.
Il rammarico, come partecipanti a Sibiu, è di non aver visto né l’una, né gli altri, se non le superficiali affermazioni, a proposito di pace ed ecologia, sopra citate.
Una giornata è stata dedicata all’Unione europea, sono intervenuti tra gli altri, il Presidente della Commissione José Manuel Durão Barroso e il Commissario Jàn Fidel’ slovacco. Barroso si è detto molto interessato alla collaborazione delle Chiese, ed ha citato più volte il “famoso” art. 52 della Costituzione europea, inserito nel nuovo mini - trattato: Status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali. 1) l’Unione rispetta e non pregiudica lo status, di cui godono negli Stati membri, in virtù del diritto nazionale, le chiese e le associazioni o comunità religiose. 2) l’Unione rispetta ugualmente lo status di cui godono, in virtù del diritto nazionale, le organizzazioni filosofiche e non confessionali. 3) riconoscendone l’identità e il contributo specifico, l’Unione mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali chiese e organizzazioni.
È evidente il motivo politico per cui dimostrare di credere all’importanza di tale articolo e di credere alle dichiarazioni di stima e di “apertura” alla chiesa; anzi meglio alle chiese ed alle organizzazioni filosofiche, cioè alla massoneria. Questo è comprensibile. Ma non si può ignorare che qualunque tema etico trova presso il Parlamento 450 voti contrari, 150 a favore e 50 - 60 astenuti; non si può ignorare che la cultura basata sulla religione, cioè il modo di considerare l’uomo e la società che nasce dal senso religioso, sia considerata ed indicata come una cultura di serie “B”. Ciò e contrario anche alla Carta dei diritti fondamentali.
S. S. Benedetto XVI° nel gennaio del 2006, ricevendo i centodieci partecipanti al primo incontro preparatorio di Sibiu, disse: «Dopo la caduta del muro, … si avverte il bisogno di affrontare uniti le grandi sfide del momento, a iniziare da quella della modernità e della secolarizzazione.» Anche ricordando questo monito è stato proposto come gesto comune semplice e coraggioso, l’affermazione della pari dignità, rispetto a tutte le altre, della cultura che trova la propria fonte nel senso religioso. Dopo una breve citazione, la proposta è stata lasciata cadere dai rappresentanti della COMECE (Commissione degli Episcopati della Comunità Europea) che gestivano la giornata; e questo, inutile negarlo, ci ha molto deluso. Si aveva l’impressione che l’obiettivo fosse portare a termine la giornata senza incidenti, non insistendo troppo neppure sul massimo comun denominatore.
Non resta che continuare a sperare e pregare per l’unità dei cristiani., perché, sempre quel 26 gennaio 2006, il Santo Padre disse che dobbiamo porre a noi stessi: «L’interrogativo che l’amato Predecessore Giovanni Paolo II ebbe a porsi: “Nell’Europa in cammino verso l’unità politica possiamo forse ammettere che sia proprio la Chiesa di Cristo un fattore di disunione e di discordia? Non sarebbe questo uno degli scandali più grandi del nostro tempo?” È proprio per dare maggior efficacia a tale annuncio (il primo annuncio del Vangelo. N.d.r.) che noi vogliamo procedere con coraggio nel cammino della ricerca della piena comunione. Il tema che avete scelto per tale itinerario spirituale - “La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e unità in Europa” - indica che è questa la vera priorità per l’Europa: impegnarsi perché la luce di Cristo risplenda e illumini con rinnovato vigore i passi del Continente europeo all’inizio del nuovo millennio. … L’esperienza dimostra ampiamente che il dialogo sincero e fraterno genera fiducia, elimina le paure e i preconcetti, scioglie le difficoltà e apre al confronto sereno e costruttivo.»
E forse siamo proprio noi fedeli delle chiese locali (diocesi, ma anche parrocchie), che possiamo promuovere umilmente e coraggiosamente un dialogo sincero e fraterno, fatto di piccoli gesti quotidiani concreti. Forse è questo il vero messaggio che esce dalla Conferenza di Sibiu: dal dispiacere per le divisioni, preghiera e piccoli umili gesti concreti, comuni per riaffermare la speranza oltre l’appiattimento e la banalizzazione della secolarizzazione.
Per la cronaca a Sibiu, oltre a numerosi Patriarchi e Vescovi, erano presenti, salvo errori, gli Eminentissimi Cardianli Péter Erdő, Arcivescovo di Budapest, Presidente della CCEE, Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo Metropolita di Bordeaux (Francia), Josip Bozanić, Arcivescovo di Zagabria, Cormac Murphy-O’Connor, Arcivescovo di Westminster e Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, per due ore.