Generazione 1000 euro
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Svelato l’arcano. Ecco perché Aldo, Giovanni e Giacomo fanno meno ridere di un tempo. Ed ecco perché altri due comici nostrani, del Nord, Ale & Franz, dopo il primo goffo tentativo cinematografico, al secondo hanno fatto centro. Perché la mano, in sceneggiatura era di Massimo Venier. Sconosciuto ai più, eppure vero autore di commedie belle e positive: Tre uomini e una gamba, Chiedimi se sono felice e La leggenda di Al, John e Jack e proprio Mi fido di te con Ale & Franz. Tutte commedie, con l’eccezione del film “americano” del Terzetto divertenti, spigliate, positive, incentrate come sono su un’amicizia costruttiva e tenace e addirittura senza volgarità. Venier, insomma, è un regista che ci piace e il suo curriculum, parla chiaro. Così, Generazione 1000 euro è più facile da inquadrare perché è una commedia milanese, perché al centro della vicenda c’è ancora una volta un’amicizia positiva e una storia d’amore incentrata sulla parola fiducia. Perché come già nel non banale Mi fido di te, si parla in modo ironico e al tempo stesso serio di lavoro. E perché Generazione 1000 euro non è un film volgare. Anzi. È una commedia garbata, ben scritta e anche ben diretta con un buon cast tra cui primeggia il bravo Alessandro Tiberi, altrove disastroso, qui invece molto convincente, coadiuvato da buone spalle. La storia è semplice ma non semplicistica: è la vicenda di un giovane precario ma precario in tutto: nella casa, nella famiglia (che non si vede mai), negli affetti e infine anche nel lavoro. La svolta avverrà grazie a un amico e soprattutto a una bella figliola che lo metterà di fronte a una scelta non da poco: una vita da precario (affettivo, lavorativo, ecc.) di successo per metà Europa, o, semplicemente un posto dove stare. Ma non il fantozziano posto fisso, ma un posto “certo”. Certo di qualcuno che è lì con te o che, pur in partenza per un lavoro lontano, da te, semplicemente ritornerà. Perché, precario o non precario, stipendio o non stipendio, tu sei importante e con te voglio costruire qualcosa. Mica male per un regista di commedie “leggere”.