2) ABORTO
- Curatore:
- Fonte:

Jorge Mario Bergoglio, Cardinale di Santa Romana Chiesa e Arcivescovo di Buenos Aires sul tema dell’aborto non ha mai avuto dubbi, avendolo definito un «crimen abominable», senza se e senza ma, senza concessioni e senza attenuanti. Come ha dimostrato sei mesi fa, quando emanò un coraggioso comunicato ufficiale in cui condannava la decisione da parte delle autorità amministrative di Buenos Aires di ampliare le ipotesi di depenalizzazione dell’aborto (ad esempio in caso di stupro, violenza carnale, incesto, ecc.).
Il testo di quel comunicato, che porta la data del 10 settembre 2012 ed è intitolato “Sobre la resolución para abortos no punibles en la Ciudad de Buenos Aires”, merita di essere integralmente riportato:
Rispetto alla regolamentazione dei casi di aborto non punibili (ANP) da parte delle autorità amministrative cittadine di Buenos Aires, prendiamo atto una volta di più della deliberata intenzione di perseverare sulla strada della limitazione ed eliminazione del valore supremo della vita, e della volontà di ignorare il diritto dei bimbi a nascere. Nei confronti di una donna in stato di gravidanza dobbiamo sempre parlare di due vite, le quali debbono entrambe essere preservate e rispettate, poiché la vita è un valore assoluto.
«La scienza biologica indica in modo evidente attraverso il DNA, la sequenza del genoma umano, che dal momento del concepimento esiste una nuova vita umana che deve essere tutelata giuridicamente. Il diritto alla vita è un diritto umano fondamentale» (CEA “Non una vita ma due” 2011).
L’aborto non è mai una soluzione. Occorre ascolto, vicinanza e comprensione da parte nostra per salvare tutte e due le vite: rispettare l’essere umano più piccolo e indifeso, adottare ogni mezzo che possa preservare la sua vita, permettere la sua nascita ed essere, inoltre, creativi nell’individuare percorsi che rendano possibile il suo pieno sviluppo.
Questa decisione amministrativa che amplia le ipotesi di depenalizzazione dell’aborto, cedendo alle indebite pressioni della Corte Suprema nazionale – la quale, peraltro, ha prevaricato le proprie competenze in palese violazione del principio di divisione dei poteri e delle prerogative federali – comporta conseguenze di natura giuridica, culturale ed etica, poiché le leggi improntano la cultura di un popolo, e una legislazione che non protegge la vita favorisce una «cultura di morte» (Evangelium vitae, n.21)
Di fronte a questa deprecabile decisione lanciamo un appello a tutte le parti coinvolte, ai fedeli e ai cittadini, affinché, in un clima di massimo rispetto, vengano adottati mezzi positivi di promozione e protezione della madre e del suo bambino in tutti i casi, a favore sempre del diritto alla vita umana.
Un giudizio che davvero non lascia spazio a posizioni compromissorie o ambigue, e comunque in piena sintonia con quanto sempre sostenuto dall’allora Arcivescovo di Buenos Aires. Tra i numerosi suoi interventi sul tema, merita di essere segnalato quanto da lui detto in una splendida omelia pronunciata il 7 ottobre 2005. L’occasione è stata la celebrazione della festa patronale in una parrocchia di Vélez Sársfield, noto quartiere della capitale argentina, dedicata a San Raimondo Nonnato, santo aragonese del XI secolo, protettore delle donne incinte. Raimondo, infatti, fu soprannominano Nonat (non nato) perché, secondo la tradizione, venne estratto dal corpo della madre – morta il giorno precedente – utilizzando un'arma da taglio.
Che cosa affermò in quell’omelia di così importante l’allora Cardinale Jorge Mario Bergoglio è presto detto.
Iniziò col precisare, senza mezzi termini, che «il cristiano non può assolutamente permettersi il lusso di essere un salame, di essere uno stupido, e non può concedersi questo lusso perché porta un chiaro messaggio di vita, che non gli consente, appunto, di agire da tonto». Per questo, avvertì il Cardinale, «Gesù dice ai suoi di essere astuti, di quell’astuzia che consiste nel saper distinguere i lupi dalle pecore», di modo che «quando in questo carnevale della vita un lupo si traveste da pecora, il cristiano deve essere in grado di saperlo smascherare».
Bergoglio si scagliò, poi, contro l’odierna cultura della morte che predica un concezione utilitaristica della vita, per la quale «l’esistenza umana interessa solo nella misura in cui sia sfruttabile o possa apparire utile». Questa cultura della morte, sempre secondo il Cardinale, ha introdotto nel livello esistenziale «la logica dello scarto» nei confronti di nascituri, disabili ed anziani, in una prospettiva di «assoluto egoismo», quello stesso egoismo che «fece dire a Caino: “Sono forse io il custode di mio fratello?”». Da qui l’esortazione dell’Arcivescovo: «Aprite il cuore alla vita! Perché l’egoismo della morte, la cultura egoista della morte è come l’oglio del campo, e questo oglio, questa gramigna, questa cicuta cresce sempre più, invade e soffoca i frutti, i fiori, la vita. E’ il male. Ricordiamoci che una volta Gesù disse: “Quando il seme che è vita cade in mezzo ai rovi, le spine lo soffocano”; sono le spine dell’egoismo, delle passioni, dell’avidità. La vita significa donare e donarsi, e implica sacrificio».
Sempre in quell’omelia, Bergoglio mise poi in guardia i cristiani dai rischi e dalle difficoltà che derivano dalla decisione di porsi al servizio della vita. Queste le sue parole: «La difesa della vita è un cammino pieno di lupi, a causa dei quali si può anche finire trascinati nei tribunali o persino ammazzati. Pensiamo ai martiri cristiani. Essi venivano uccisi perché predicavano il Vangelo della vita, quel Vangelo che Gesù ci ha consegnato. Ed è proprio da Lui che noi traiamo la forza, ricordandoci sempre che non possiamo permetterci il lusso di essere stupidi, ma dobbiamo piuttosto agire con astuzia».
In chiusura dell’omelia l’Arcivescovo impartì una particolare benedizione ai “messaggeri della vita”, ossia i volontari che avrebbero portato nelle case l’immagine di San Raimondo Nonnato ed il suo annuncio di amore per la vita. A quei volontari ricordò, infatti, che i cristiani «hanno il dovere di lottare in difesa la vita, perché non deve esserci un solo bambino che non abbia il diritto di nascere, che non abbia il diritto di essere nutrito, che non abbia il diritto di frequentare la scuola, che non possa crescere serenamente, che non possa vivere la sua adolescenza aperta alla vita; e occorre lottare perché non vi sia nessun adulto disinteressato degli altri, e nessun anziano segregato, solo e in difficoltà». L’omelia si concluse, infine, con un’accorata esortazione: «Quindi avanti! Non scoraggiamoci, non facciamoci intimidire ma amiamo e difendiamo la vita, perché ne vale davvero pena!».
Con un simile Pastore i cattolici che intendono battersi per la vita possono essere certi di non dover temere alcun lupo.
Bergoglio ha sempre incitato tutti all’amore per la vita, senza cedere al torpore dell’anima. Come quando ha ricordato, durante la Messa per la Vita celebrata a Buenos Aires il 25 aprile 2011, le parole del «gran Papa Pio XI»: «Il problema grande del nostro tempo non sono le forze negative, è la sonnolenza dei buoni». E dopo la citazione di Papa Ratti, così si rivolse ai fedeli:
Avete il coraggio di affrontare lo stesso cammino che affrontò Maria nell’accudire ed amare la vita dal concepimento fino alla morte? O siete anche voi sonnolenti? E se lo siete, qual è l’anestetico che vi ha colpito? Perché Maria non ha permesso che il suo amore fosse anestetizzato. E oggi le chiediamo: “madre, fa che riusciamo ad amare sul serio, che non cediamo alla sonnolenza, ed alle infinite forme di anestesia proposte da questa civiltà decadente. Così sia.