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L’uomo “digitale” e quello delle caverne

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
L’importanza di Dio cioè della preghiera e del senso religioso nel vissuto di ogni uomo
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«Noi viviamo in un’epoca in cui sono evidenti i segni del secolarismo. Dio sembra sparito dall’orizzonte di varie persone o diventato una realtà verso la quale si rimane indifferenti. Vediamo, però, allo stesso tempo, molti segni che ci indicano un risveglio del senso religioso, una riscoperta dell’importanza di Dio per la vita dell’uomo, un’esigenza di spiritualità, di superare una visione puramente orizzontale, materiale della vita umana. Guardando alla storia recente, è fallita la previsione di chi, dall’epoca dell’illuminismo, preannunciava la scomparsa delle religioni ed esaltava una ragione assoluta, staccata dalla fede, una ragione che avrebbe scacciato le tenebre dei dogmatismi religiosi e avrebbe dissolto il “mondo del sacro”, restituendo all’uomo la sua libertà, la sua dignità e la sua autonomia da Dio. L’esperienza del secolo scorso, con le tragiche Guerre mondiali ha messo in crisi quel progresso che la ragione autonoma, l’uomo senza Dio sembrava poter garantire.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: “Mediante la creazione Dio chiama ogni essere dal nulla all’esistenza… Anche dopo aver perduto la somiglianza con Dio a causa del peccato, l’uomo rimane ad immagine del suo Creatore. Egli conserva il desiderio di colui che lo chiama all’esistenza. Tutte le religioni testimoniano questa essenziale ricerca da parte degli uomini” (n. 2566). Potremmo dire – come ho mostrato nella scorsa catechesi che non c’è stata alcuna grande civiltà, dai tempi lontani fino ai nostri giorni, che non sia stata religiosa.
L’uomo è per sua natura religioso, è homo religiosus come è homo sapiens e homo faber: “Il desiderio di Dio – afferma il Catechismo – è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio” (n. 27). L’immagine del Creatore è impressa nel suo essere ed egli sente il bisogno di trovare una luce per dare risposta alle domande che riguardano il senso profondo della realtà; risposta che egli non può trovare in se stesso, nel progresso, nella scienza empirica. L’homo religiosus non emerge solo dai mondi antichi, egli attraversa tutta la storia dell’umanità. A questo proposito, il ricco terreno dell’esperienza umana ha visto svariate forme di religiosità, nel tentativo di rispondere al desiderio di pienezza e di felicità, al bisogno di salvezza, alla ricerca di senso. L’uomo “digitale” come quello delle caverne, cerca nell’esperienza religiosa le vie per superare la sua finitezza e per assicurare la sua precaria avventura terrena. Del resto, la vita senza un orizzonte trascendente non avrebbe un senso compiuto e la felicità, alla quale tentiamo tutti, è proiettata spontaneamente verso il futuro, in un domani da compiersi. Il Concilio Vaticano II nella Dichiarazione Nostra aetate, lo ha sottolineato sinteticamente: “Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell’uomo: la natura dell’uomo (- chi sono io? -), il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l’origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l’ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo” (n. 1). L’uomo sa che non può rispondere da solo al proprio bisogno fondamentale di capire. Per quanto si sia illuso e si illuda tuttora di essere autosufficiente, egli fa l’esperienza di non bastare a se stesso. Ha bisogno di aprirsi ad altro, a qualcosa o a qualcuno, che possa donargli ciò che gli manca, deve uscire da se stesso verso Colui che sia in grado di colmare l’ampiezza e la profondità del suo desiderio.
L’uomo porta in sé una sete di infinito, una nostalgia di eternità, una ricerca di bellezza, un desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità, che lo spingono verso l’Assoluto; l’uomo porta in sé il desiderio di Dio. E l’uomo sa, in qualche modo, di potersi rivolgere a Dio, sa di poterlo pregare. San Tommaso d’Aquino, uno dei più grandi teologi della storia, definisce la preghiera “espressione del desiderio che l’uomo ha di Dio”. Questa attrazione verso Dio, che Dio stesso ha posto nell’uomo, è l’anima della preghiera, che si riveste poi di tante forme e modalità secondo la storia, il tempo, il momento, la grazia e persino il peccato di ciascun orante. La storia dell’uomo ha conosciuto, in effetti, svariate forme di preghiera, perché egli ha sviluppato diverse modalità d’apertura verso l’Altro e verso l’Oltre, tanto che possiamo riconoscere la preghiera come un’esperienza presente in ogni religione e in ogni cultura» [Benedetto XVI, Udienza Generale, 11 maggio 2011].

Ogni uomo è per natura religioso e il desiderio di Dio e la preghiera che lo esprime sono inscritte nel suo cuore per cui il silenzio su Dio e con Dio dell’attuale secolarismo sono contro la sua natura. Essere uomo significa nel proprio e altrui essere come in tutto il cosmo dono del Donatore divino per cui da Lui proveniamo e verso di Lui andiamo. La nostra origine è da Dio e in Lui soltanto ogni felicità oggi e sempre. Egli ci attende e non ci costringe. Nell’attuale tipo secolarizzata di cultura avviene un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità immergendo nel dubbio, nella tristezza, nella delusione. Ma nonostante le previsioni dall’epoca dell’Illuminismo circa la scomparsa del senso religioso e della preghiera oggi riemerge un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza. La vita senza un orizzonte trascendente non può avere un senso compiuto e felice verso cui tutti originariamente tendiamo.

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