Il coraggio della convinzione
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«La fedeltà alle vostre radici cristiane, la fedeltà alla missione della Chiesa in Terra Santa, vi chiedono un particolare tipo di coraggio: il coraggio della convinzione nata da una fede personale, non semplicemente da una convenzione sociale o da una tradizione familiare; il coraggio di impegnarvi nel dialogo e di lavorare fianco a fianco con gli altri cristiani nel servizio del Vangelo e nella solidarietà con il povero, lo sfollato e le vittime di profonde tragedie umane; il coraggio di costruire nuovi ponti per rendere possibile un fecondo incontro di persone di diverse religioni e culture e così arricchire il tessuto della società…
Quanto la Chiesa in queste terre deve alla testimonianza di fede e di amore di innumerevoli madri cristiane, Suore, maestre ed infermiere, di tutte quelle donne che in diverse maniere hanno dedicato la loro vita a costruire pace e a promuovere l’amore! Fin dalle prime pagine della Bibbia, vediamo come uomo e donna creati ad immagine di Dio, sono chiamati a completarsi l’un l’altro come amministratori dei doni di Dio e suoi collaboratori nel comunicare il dono della vita, sia fisica che spirituale, al nostro mondo. Sfortunatamente, questa dignità e missione donate da Dio alle donne non sono state sempre sufficientemente comprese e stimate. La Chiesa, e la società nel suo insieme, sono arrivate a rendersi conto quanto urgentemente abbiamo bisogno di ciò che il mio predecessore Papa Giovanni Paolo II chiamava “il carisma profetico” delle donne (Mulieris dignitatem, 29) come portatrici di amore, maestre di misericordia e costruttrici di pace, comunicatrici di calore ed umanità ad un mondo che troppo spesso giudica il valore della persona con freddi criteri di sfruttamento e profitto. Con la sua pubblica testimonianza di rispetto per le donne e con la sua difesa dell’innata dignità di ogni persona umana, la Chiesa in Terra Santa può dare un importante contributo allo sviluppo di una cultura di vera umanità e alla costruzione della civiltà dell’amore» [Benedetto XVI, Omelia, 10 maggio 2009].
Sul Monte Nebo Benedetto XVI, uno dei teologi che più di altri ha riflettuto sul legame speciale ed unico che unisce inseparabilmente i cristiani con gli ebrei, ha mostrato la ragione per cui la totalità della Scrittura ha il proprio valore secondo il principio dell’analogia Scripturae. Separato dall’Antico, il Nuovo Testamento scompare automaticamente; infatti, come suggerisce il suo stesso titolo (“Nuovo Testamento”), esso agisce solo in grazia di questa unità fino alla totalità dello svolgimento storico, a partire dall’evento centrale che è Cristo. Ecco l’unità dei due Testamenti che ispira un rinnovato amore per il canone della Sacra Scrittura e il desiderio di superare ogni ostacolo che si frappone alla riconciliazione fra Cristiani ed Ebrei, nel rispetto reciproco e nella cooperazione al servizio di quella pace alla quale la comune Parola di Dio chiama!
Fra cristianesimo e islam non è possibile lo stesso dialogo religioso poiché le due fedi sono inconciliabili ma deve essere forte fra cristiani e mussulmani l’incontro inter-culturale e civile, un dialogo che si potrebbe definire laico, rendendo possibile il rispetto reciproco e un dialogo culturale foriero di buone conseguenze per le persone, cristiani e musulmani, coinvolte.
“In Giordania – Angelo Panebianco sul Corriere della sera di lunedì 11 maggio –, il senso della presenza del Papa sembra essere stato compreso dagli islamici che lo hanno accolto. Così come sono state comprese le parole che il Papa ha dedicato alla condanna della violenza ammantata di motivi religiosi. Benedetto XVI, naturalmente, è stato attento a non mettere a carico del solo mondo islamico (oltre a tutto, ciò non sarebbe stato nemmeno veritiero) la tentazione e la pratica della violenza. Ma è certo che le sue parole sulla violenza (così come quelle rivolte ai cristiani del Medio Oriente sul ruolo delle donne) rappresentano una sponda che il capo della cristianità ha offerto a quella parte del mondo islamico che patisce la violenza dei fondamentalismi ancor più di quanto la patiscano gli occidentali”.