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La coscienza

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Una delle priorità pastorali: formare rettamente la coscienza dei credenti

«In questo nostro tempo, costituisce senz’altro una delle priorità pastorali quella di formare rettamente la coscienza dei credenti perché, come ho avuto modo di ribadire in altre occasioni, nella misura in cui si perde il senso del peccato, aumentano purtroppo i sensi di colpa, che si vorrebbero eliminare con insufficienti rimedi palliativi.
Alla formazione delle coscienze contribuiscono molteplici e preziosi strumenti spirituali e pastorali da valorizzare sempre più; tra questi mi limito quest’oggi ad evidenziare brevemente la catechesi, la predicazione, l’omelia, la direzione spirituale, il sacramento della Riconciliazione (con l’esame di coscienza quotidiano e immediato) e la celebrazione dell’Eucaristia» [Benedetto XVI, Partecipanti al XX Corso per il Foro Interno della Penitenzieria Apostolica, 14 marzo 2009].

Anzitutto, la catechesi alla luce del Vaticano II che porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa, come il Catechismo della Chiesa Cattolica e il suo Compendio la propone
Come tutti i sacramenti, anche quello della Penitenza richiede sia l’avvenimento dell’incontro, attraverso la mediazione ecclesiale, con la Persona di Gesù Cristo che dà alla vita quel nuovo orizzonte di amore che giunge fino al perdono e sia, quindi, una catechesi mistagogica per approfondire il sacramento “per ritus et preces”, come ben sottolinea la Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium del Vaticano II (n. 48).
Una adeguata catechesi offre un contributo concreto all’educazione delle coscienze stimolandole a percepire sempre meglio il senso del peccato, oggi in parte sbiadito o peggio obnubilato da un modo di pensare e di vivere “etsi Deus non daretur”, secondo la nota espressione di Grotius, tornata di grande attualità, e che denota un relativismo chiuso al vero senso della vita. Nell’incertezza di questo periodo storico e di questa società, incertezza che obnubila la coscienza anche dei credenti, occorre offrire la certezza della fede completa della Chiesa. La chiarezza e la bellezza della fede cattolica sono ciò che rendono luminosa e vigile la coscienza di ogni uomo anche oggi! Questo in particolare se viene presentata da testimoni entusiasti ed entusiasmanti, capaci di rendere ragione della loro speranza. Quanto è importante per la coscienza mantenere desta la sensibilità per la verità e invitare la ragione a mettersi in ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino scorgere tutte le luci della fede cattolica sorte in continuità nella tradizione, percependo nella continua presenza di Gesù risorto nella Tradizione della Chiesa la Luce che illumina tutta la storia e ogni coscienza.

La predicazione, soprattutto l’omelia nel suo ruolo “sacramentale”
Alla catechesi va unito un sapiente utilizzo della predicazione, che nella storia della Chiesa ha conosciuto forme diverse secondo la mentalità e le necessità dei fedeli. Anche oggi, nelle nostre comunità si praticano vari stili di comunicazione che utilizzano sempre più i moderni strumenti telematici a nostra disposizione. In effetti, gli attuali media, se da un lato rappresentano una sfida con cui misurarsi, dall’altra offrono provvidenziali opportunità per annunciare in modo nuovo e più vicino alla sensibilità contemporanee la perenne ed immutabile Parola di verità che il divino Maestro ha affidato alla sua Chiesa.
Particolare efficacia ha l’omelia, che con la riforma voluta dal Concilio Vaticano II ha riacquistato il suo ruolo “sacramentale” all’interno dell’unico atto di culto costituito dalla liturgia della Parola e da quella eucaristica (SC 56): è senz’altro, per maturare la coscienza dei credenti, la forma di predicazione più diffusa e continua, con la quale almeno ogni domenica si educa la coscienza di milioni di fedeli. Nel recente Sinodo dei Vescovi, dedicato appunto alla Parola di Dio nella Chiesa, diversi Padri Sinodali hanno opportunamente insistito sul valore e l’importanza dell’omelia da adattare alla mentalità contemporanea.

A formare le coscienze contribuisce molto anche il momento personale dell’esame di coscienza quotidiano e della “direzione spirituale”
Oggi, nell’incertezza di questo periodo storico e della drammatica frattura fra Vangelo e cultura, più di ieri c’è bisogno di “maestri di spirito” saggi e santi: un importante servizio ecclesiale, per il quale occorre senz’altro una vitalità interiore da implorare come dono dello Spirito santo mediante intensa e prolungata preghiera e una preparazione specifica da acquisire con cura.
Ogni sacerdote poi è chiamato ad amministrare la misericordia divina nel sacramento della Penitenza, mediante il quale rimette in nome, con la presenza del Crocefisso risorto cui rimandano tutti gli atti del penitente attraverso la mediazione del sacerdote, i peccati e aiuta il penitente a tentare e ritentare con fiducia e speranza il cammino esigente della santità cioè dell’amore divino in lui con retta e informata coscienza. Preparatorio della confessione non solo l’esame di coscienza immediato ma quello di ogni giorno che verificando il vissuto ravviva la coscienza che ogni trasgressione ai comandamenti non è solo colpa ma peccato cioè contro Dio.
Per poter compiere tale indispensabile ministero ogni presbitero deve alimentare innanzitutto la propria vita spirituale ma anche curare un permanente aggiornamento teologico e pastorale ogni giorno.
Infine, la coscienza del nuovo orizzonte cristiano e della direzione decisiva si affina sempre più grazie ad ogni incontro con la Persona di Gesù Cristo con una consapevole partecipazione alla Santa Messa, che è il sacrificio di Cristo reso attuale per la remissione dei peccati. Ogni volta che il sacerdote celebra l’Eucaristia, nella preghiera eucaristica ricorda che il Sangue di Cristo è versato per la remissione dei peccati per cui sapendo, pensando e quindi vedendo con gli occhi della fede, nella partecipazione sacramentale al memoriale del Sacrificio della Croce, si compie l’incontro della misericordia del Padre con ciascuno di noi: la Messa è fonte e prepara il sacramento della Penitenza.

Mantenere sempre viva in ognuno dei sacerdoti la consapevolezza di dover essere degni “ministri” della misericordia divina e responsabili educatori delle coscienze
Nei contesti diversi in cui oggi i confessori si trovano a vivere e a operare occorre mantenere viva nella coscienza che la morale cristiana è una tensione verso la moralità in tutti gli ambiti o verità cioè un tentare e ritentare con fiducia e speranza, abbinando preghiera e impegno, anche quando non si riesce, certi che se trovati all’opera nel momento terminale Lui porterà a compimento. Questa fede, questa speranza, questa certezza di un amore sempre più grande di ogni peccato riconosciuto e confessato viene dalla consapevolezza del lungo respiro che possiede l’appartenenza alla comunione ecclesiale che, fino al momento terminale non esclude nessuno dalla possibilità di rendersi conto del male, di pentirsi e di lasciarsi ricreare nella riconciliazione sacramentale. Il buon educatore della coscienza dei credenti è capace anche di non badare a diverse cose non buone, premunendosi di condurre fuori gradualmente da certe strettezze.
Icone perenni cui rifarsi sono gli esempi di santi confessori e maestri di spirito, “tra i quali – ha concluso Benedetto XVI – mi piace ricordare particolarmente il Curato d’Ars, san Giovanni Maria Vianney, di cui proprio quest’anno ricordiamo il 150° anniversario della morte. Di lui è stato scritto che “per oltre quarant’anni guidò in modo mirabile la parrocchia a lui affidata… con l’assidua predicazione, la preghiera e una vita di penitenza. Ogni giorno nella catechesi che impartiva a bambini e adulti, nella riconciliazione che amministrava ai penitenti e nelle opere pervase di quell’ardente carità, che egli attingeva dalla santa Eucaristia come da una fonte, avanzò a tal punto da diffondere in ogni dove il suo consiglio e avvicinare saggiamente tanti a Dio” (Martirologio, 4 agosto).

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