Giustizia e carità
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«E’ dovere della Chiesa denunciare gli errori fondamentali che si sono mostrati oggi nel crollo delle grandi banche americane. L’avarizia umana è idolatria che va contro il vero Dio (quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme), ed è falsificazione dell’immagine di Dio con un altro dio, “mammona”. Dobbiamo denunciare con coraggio ma anche con concretezza, perché i grandi moralismi non aiutano se non sono sostenuti dalla conoscenza della realtà, che aiuta a capire che cosa si può in concreto fare. Da sempre la Chiesa non solo denuncia i mali, ma mostra le strade che portano alla giustizia, alla carità, alla conversione dei cuori. Anche nell’economia si costruisce solo se ci sono i giusti. E costoro si formano con la conversione dei cuori» [Benedetto XVI, Domande e risposte con i preti di Roma, 26 febbraio 2009].
Un parroco che svolge il suo ministero in una delle periferie romane, spesso dimenticate e trascurate dalle istituzioni, rileva di avvertire veramente il forte disagio che la crisi economica internazionale inizia a far pesare sulle condizioni concrete di vita di non poche famiglie. Ci si trova davanti a una vera e propria emergenza. “Sono convinto che come Chiesa dovremmo interrogarci di più su cosa possiamo fare, ma ancor più sui motivi che hanno portato a questa generalizzata situazione di crisi… Serve una parola autorevole, una parola libera, che aiuti i cristiani… a gestire con sapienza evangelica e con responsabilità i beni che Dio ha donato e ha donato per tutti e non solo per pochi”.
Una buona notizia arriva dal Vaticano
Prima il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, poi il premier britannico Gordon Brown lanciano dall’“Osservatore Romano” un proposta rivoluzionaria: un colossale investimento a favore dei paesi poveri. Che andrà a beneficio di tutti, anche dei paesi ricchi colpevoli dell’attuale disastro.
Il primo a rimanere sorpreso è stato lui, Ettore Gotti Tedeschi, 63 anni, cinque figli, cattolico fervente, professore di economia all’Università Cattolica di Milano e presidente per l’Italia del Banco Santander, una delle maggiori banche del mondo: “Quando intuii il progetto della ‘good bank’ e descrissi su ‘l’Osservatore Romano’, non immaginavo che sarebbe stata pensata anche dal responsabile della Banca Mondiale e persino dal primo ministro inglese Gordon Brown”.
Invece è andata proprio così. L’idea lanciata da Gotti Tedeschi il 30 gennaio scorso sulla prima pagina del giornale della Santa Sede è stata ripresa con forza, il 19 febbraio sullo stesso giornale, dal premier britannico Brown, ricevuto quello stesso giorno, in Vaticano, da papa Benedetto XVI.
Si tratta di un’idea semplice ma rivoluzionaria, lanciata ai paesi ricchi che oggi sono in piena crisi finanziaria: investire una somma gigantesca non in casa propria ma a beneficio dei paesi poveri, affinché questi diventino protagonisti di un boom economico a vantaggio loro e di tutti con l’occupazione specializzata che può emigrare. Nell’arco di qualche decennio sarà proprio la crescita dei paesi poveri a ripagare il debito contratto dai paesi ricchi, producendo ulteriori benessere e ricchezza.
L’idea è documentata più in dettaglio prima con l’articolo di Gotti Tedeschi, poi con il sorprendente rilancio fatto da Gordon Brown, e poi con un altro articolo dell’economista e banchiere italiano, da un anno commentatore economico del giornale del papa.
Un test importante sul futuro di questo progetto sarà il prossimo G20, cioè il summit dei venti paesi più grandi e più ricchi del mondo, in programma il 2 aprile.
“Ma già qualcosa di sostanziale – avverte Sandro Magister da cui prendiamo queste notizie nel blog del 01 marzo 2009 – sta avvenendo. Sempre più spesso e autorevolmente si riconosce che l’economia non può agire sulla spinta del solo interesse egoistico – con le devastazioni che oggi sono sotto gli occhi di tutti – ma deve vivere anche di etica ispirata dalla grazia, dice Gotti Tedeschi. A suo giudizio, Brown ha avuto questa ispirazione, “con l’umiltà degli uomini grandi”. Gotti Tedeschi confida che il primo ministro britannico sarà ascoltato da altri potenti sulla terra: “E perciò invito a proporre Gordon Brown come Nobel per l’economia”.
Una prova di attenzione al legame tra economia ed etica è venuta recentemente anche dal ministro italiano dell’economia Giulio Tremonti. La scorsa estate egli ha pubblicato un libro dal titolo “La paura e la speranza”, che è arrivato sulla scrivania di Benedetto XVI. Il papa ha poi ricevuto in udienza privata il ministro. E questi, inaugurando lo scorso 19 novembre il nuovo anno accademico dell’Università Cattolica di Milano, ha citato una conferenza di Ratzinger del 1985 su etica ed economia, riconoscendogli il merito di aver profetato con molto anticipo, in quella conferenza l’attuale disastro mondiale. “Si avvera oggi – disse Tremonti – la previsione secondo cui nell’economia il declino della disciplina, una disciplina basata su un forte ordine etico e religioso, avrebbe portato le leggi del mercato al collasso”. Nella finale della sua prolusione all’Università Cattolica, Tremonti ha citato Platone e ha invocato come “unica moneta buona” quella di un’intelligenza “guidata da Dio”. E’ l’unico modo perché la ragione non si pieghi soltanto davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscerla come criterio ultimo portando alla crisi attuale.
Cresce l’attesa dell’enciclica sociale che porterà il nome: “Caritas in veritate”. Ma Benedetto XVI, in un incontro a libere domande e risposte con i preti di Roma ha anticipato alcuni elementi.
Gestire con sapienza evangelica e con responsabilità etica i beni che Dio ha donato e ha donato per tutti e non solo per pochi
Ormai la questione etica tocca il nervo dei problemi del nostro tempo e a due livelli: a livello di macroeconomia, che poi si realizza e va fino all’ultimo cittadino, il quale sente le conseguenze di una costruzione sbagliata. Naturalmente, denunciare questo è un dovere della Chiesa. “Da molto tempo – ha confidato il Papa –prepariamo un’Enciclica su questi punti. E nel cammino lungo vedo com’è difficile parlare con competenza, perché se non è affrontata con competenza una certa realtà economica non può essere credibile. E, d’altra parte, occorre anche parlare con una grande consapevolezza etica, diciamo creata e svegliata da una coscienza formata dal Vangelo. Quindi bisogna denunciare questi errori fondamentali che sono adesso mostrati nel crollo delle grandi banche americane, gli errori di fondo. Alla fine, è l’avarizia umana come peccato o, come dice la Lettera ai Colossesi, avarizia come idolatria. Noi dobbiamo denunciare questa idolatria che sta contro il vero Dio e la falsificazione dell’immagine di Dio con un altro dio, “mammona”. Dobbiamo farlo con coraggio ma anche con concretezza. Perché i grandi moralismi non aiutano se non sono sostanziati con conoscenze della realtà, che aiutano anche a capire che cosa si può in concreto fare per cambiare man mano la situazione. E, naturalmente, per poterlo fare è necessaria la conoscenza di questa verità e la buona volontà di tutti”.
Esiste il peccato originale cioè la originaria tendenza a non desiderare la verità e al male in ogni io?
Se non esistesse potremmo far appello alla ragione lucida, con argomenti che a ognuno sono accessibili e incontestabili, e alla buona volontà che esiste in tutti. Semplicemente così potremmo andare avanti bene e riformare l’umanità senza bisogno di Cristo redentore. Ma non è così: la ragione – anche la nostra – è oscurata, lo vediamo ogni giorno. Perché l’egoismo, la radice dell’avarizia, sta nel voler soprattutto me stesso e il mondo per me. Esiste in tutti. Questo è l’oscuramento della ragione: essa può essere molto dotta, con argomenti scientifici bellissimi, e tuttavia è oscurata da false premesse. Così va con grande intelligenza e con grandi passi avanti sulla strada sbagliata. Anche la volontà è, diciamo, curvata, dicono i Padri: non è semplicemente disponibile ad amare, a fare il bene ma cerca soprattutto se stesso o il bene del proprio gruppo. Perciò trovare realmente la strada della ragione, della ragione vera che desidera la verità, è già una cosa non facile e si sviluppa difficilmente in un dialogo. Senza la luce della fede, che entra nelle tenebre del peccato originale, la ragione non può andare avanti. Ma proprio la fede trova poi la resistenza della nostra volontà. Questa non vuol vedere la strada, che costituirebbe una strada di rinuncia a se stessi e di una correzione della propria volontà in favore dell’altro e non per se stessi: se la verità di ogni io umano è originariamente l’essere dono del Donatore divino nel proprio e altrui essere come in tutto il mondo che ci circonda, solo facendoci dono siamo veri, liberi e felici.
Perciò occorre la denuncia ragionevole e ragionata degli errori, non con grandi moralismi, ma con ragioni concrete che si fanno comprensibili nel mondo dell’economia di oggi. La denuncia di questo è importante, è un mandato della Chiesa da sempre. Sappiamo che nella nuova situazione creatasi con il mondo industriale, la dottrina sociale della Chiesa, cominciando da Leone XIII, cerca di fare queste denunce – e non solo le denunce, che non sono sufficienti – ma anche di mostrare le strade difficili dove, passo passo, si esige l’assenso della ragione e l’assenso della volontà, insieme alla correzione della mia coscienza, alla volontà di rinunciare in un certo senso a me stesso per poter collaborare a quello che è lo scopo della vita umana, dell’umanità.
Detto questo, la Chiesa ha sempre il compito di essere vigilante, di cercare essa stessa con le migliori forze che ha le ragioni economiche del mondo economico, di entrare in questo ragionamento e di illuminare questo ragionamento con la fede che ci libera dall’egoismo del peccato originale. E’ compito della Chiesa entrare in questo discernimento, in questo ragionamento, farsi sentire, anche ai diversi livelli nazionali e internazionali, per aiutare a correggere. E questo non è un lavoro facile, perché tanti interessi personali e di gruppi nazionali si oppongono a una correzione radicale. “Forse è pessimismo – confessa il Santo Padre –, ma a me sembra realismo: fino a quando c’è il peccato originale (cioè la tendenza originale a non desiderare la verità e a non essere disponibili all’amore, al bene) non arriveremo mai a una correzione radicale e totale. Tuttavia dobbiamo fare di tutto per correzioni almeno provvisorie, sufficienti per far vivere l’umanità e per ostacolare la dominazione dell’egoismo, che si presenta sotto pretesti di scienza e di economia nazionale e internazionale”.
Occorre essere realisti senza messianismi ideologici o utopie: i grandi scopi della macroscienza non si realizzano nella microscienza – la macroeconomia nella microeconomia – senza la continua conversione dei cuori
Se non ci sono i giusti, anche la giustizia non c’è. Dobbiamo accettare questo. Perciò la continua educazione alla giustizia è uno scopo prioritario, potremmo dire anche la priorità. Perché san Paolo dice che la giustificazione cioè il divenire giusti è l’effetto dell’incontro con la Persona di Gesù Cristo, è opera di Cristo, non è un concetto astratto, riguardante peccati che non ci interessano, ma si riferisce proprio alla giustizia integrale. Dio solo può darcela, ma ce la dà con la nostra cooperazione su diversi livelli, in tutti i livelli possibili.
La giustizia non si può creare nel mondo solo con modelli economici buoni, che sono necessari. La giustizia si realizza solo se ci sono i giusti. E i giusti non ci sono se non c’è il lavoro umile, quotidiano, di convertire i cuori. E di creare la giustizia nei cuori. Solo così si estende la giustizia correttiva: l’unica moneta buona è un’intelligenza guidata da Dio. “Perciò – ha detto Benedetto XVI davanti ai parroci – il lavoro del parroco è così fondamentale non solo per la parrocchia, ma per l’umanità. Perché se non ci sono i giusti, come ho detto, la giustizia rimane astratta. E le strutture buone non si realizzano se si oppone l’egoismo anche di persone competenti. Questo nostro lavoro, umile, quotidiano, è fondamentale per arrivare ai grandi scopi dell’umanità”. Il mondo moderno ha sviluppato la speranza, i messianismi ideologici dell’instaurazione di un mondo perfetto che, grazie alle conoscenze della scienza e ad una politica scientificamente fondata, sembrava essere realizzabile. Così la speranza biblica del regno di Dio cioè là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge è stata rimpiazzata dalla speranza del regno dell’uomo, della speranza di un mondo migliore che sarebbe il vero “regno di Dio”. Questa sembrava finalmente la speranza grande e realistica, di cui l’uomo ha bisogno. Essa era ed è continuamente in grado di mobilitare – per un certo tempo – tutte le energie dell’uomo; il grande obiettivo sembrava meritevole di ogni impegno. Ma nel corso del tempo questi messianismi ideologici e utopistici fuggivano sempre lontano. Occorre ritornare al lavoro umile, quotidiano del parroco in parrocchia. E dobbiamo lavorare insieme su tutti i livelli. La Chiesa universale deve denunciare, ma anche annunciare che cosa si può fare e come si può fare. Le conferenze episcopali e i vescovi devono agire. Ma tutti dobbiamo educare alla giustizia. “Mi sembra – ha concluso Benedetto XVI in risposta a questo interrogativo – che sia ancora oggi vero e realistico il dialogo di Abramo con Dio (Genesi 18, 22-33),quando il primo dice: davvero distruggerai la città? Forse ci sono cinquanta giusti, forse dieci giusti. E dieci giusti sono sufficienti per far sopravvivere la città. Ora, se mancano dieci giusti, con tutta la dottrina economica, la società non sopravvive. Perciò dobbiamo fare il necessario per educare e garantire almeno dieci giusti, ma se possibile molti di più. Proprio con il nostro annuncio facciamo sì che ci siano tanti giusti, che sia realmente presente la giustizia nel mondo. Come effetto, i due livelli sono inseparabili. Se, da una parte, non annunciamo la macro giustizia quella micro non cresce. Ma, d’altra parte, se non facciamo il lavoro molto umile della micro giustizia anche quella macro non cresce. E sempre, come ho detto nella mia prima Enciclica, con tutti i sistemi che possono crescere nel mondo, oltre la giustizia che cerchiamo rimane necessaria la carità. Aprire i cuori alla giustizia e alla carità è educare alla fede, è guidare a Dio”, è evangelizzare oggi.