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La ribellione di cristiani incoerenti

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Quel Dio che parla agli uomini come ad amici

«Consapevoli che, nell’esercizio del compito episcopale, abbiamo dinnanzi l’esempio del nostro Papa Benedetto XVI, che non cessa di indicare “quel Dio che parla agli uomini come ad amici” (All’Angelus, 4 gennaio 2009). E in un momento nel quale non manca purtroppo nei media nazionali qualche voce di critica ideologica e preconcetta, desideriamo qui esprimere il nostro attaccamento alla sua persona e la gratitudine profonda per il suo insegnamento e la sua opera, insieme alla conferma di una collaborazione leale e incondizionata. La comunità dei credenti deve vedere noi Vescovi formare un tutt’uno con il Vicario di Cristo, a garanzia dell’unità visibile della Chiesa stessa.
Ciò su cui vorrei, prima di altro, invitare a riflettere è la questione di Dio, che non è certo inedita, ma la gente del nostro tempo la vive talora con accenti talora inediti. Molto di quel che succede nel sistema della vita odierna sembra procedere secondo una logica del tutto contraria a quella di un Dio necessario e provvidente. Piuttosto sembra assecondare l’idea che, se proprio un Dio deve esserci, non può non porsi come un’entità lontana, staccata dall’orizzonte degli uomini e delle donne di oggi, indifferente ai loro progetti di emancipazione, dunque in linea con una percezione del tutto individualistica, che esaspera l’idea dell’autonomia e dell’autosufficienza di sé e del proprio destino. Eppure, anche in un impianto così autoreferenziale, è sufficiente un intoppo non prevedibile, un dolore cieco, un inconveniente spiazzante, una domanda più impertinente, una gioia più sublime perché, di colpo, tutto si afflosci, lasciando il singolo sconnesso e smarrito. Si comincia col sentenziare che “Dio è morto” e si finisce nella solitudine umana più sconsolata (Benedetto XVI, Omelia in apertura del XIII Sinodo mondiale dei Vescovi, 5 ottobre 2008). Si crede di essersi spinti avanti, dando soluzioni magari a quesiti da brivido, e ci si ritrova invece in una recessione arida e amara. Si pensa di aver toccato il massimo di ebbrezza, e l’attimo dopo ci si scopre in una alienazione debilitante [Cardinale Angelo Bagnasco, in apertura del Consiglio episcopale permanente, 26 gennaio 2009].

Una logica del tutto contraria a quella di un Dio necessario, provvidente, quel Dio che possiede un volto umano e che ci ama sino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme.
“Se guardiamo la storia – Benedetto XVI, Omelia in apertura del XIII Sinodo –, siamo costretti a registrare non di rado la freddezza e la ribellione di cristiani incoerenti. In conseguenza di ciò, Dio, pur non venendo meno alla sua promessa di salvezza, ha dovuto spesso ricorrere al castigo. E’ spontaneo pensare, in questo contesto, al primo annuncio del Vangelo, da cui scaturirono comunità cristiane inizialmente fiorenti, che sono poi scomparse e sono oggi ricordate solo nei libri di storia. Non potrebbe avvenire la stessa cosa in questa nostra epoca? Nazioni un tempo ricche di fede e di vocazioni ora vanno smarrendo la propria identità, sotto l’influenza deleteria e distruttiva di una certa cultura moderna. Vi è chi, avendo deciso che “Dio è morto”, dichiara “dio” se stesso, ritenendosi l’unico artefice del proprio destino, il proprietario assoluto del mondo. Sbarazzandosi di Dio e non attendendo da Lui la salvezza, l’uomo crede di poter fare ciò che gli piace e di potersi porre come sola misura di se stesso e del proprio agire”.
Ma qual è l’influenza deleteria e distruttiva di una certa cultura moderna? La cultura moderna è nata originariamente cristiana ma in seguito al deismo Dio è immaginato come un orologiaio che costruito l’orologio, creato il mondo, non c’entra più. Basta conoscere con la scienza il meccanismo e con la tecnica correggere i difetti non ci sarebbe più bisogno del Dio che possiede un volto umano per cogliere il senso della vita. Inizia un ateismo strisciante. L’ateismo vero non è gridare, fare pubblicità che Dio non esiste: l’ateismo vero è fare, vivere come se Dio non esistesse e questo ateismo può insinuarsi anche in credenti che pregano, intride la nostra cultura, la mentalità dominante, i mezzi della comunicazione sociale. L’ateismo mai è stato così presente perché il popolo è spinto verso l’ateismo da un processo mass-mediatico che sembra irresistibile e invincibile. E l’uomo è spinto a trovare la propria consistenza in alcuni ambiti della sua esistenza che raggiungono un certo livello di benessere: benessere fisico, benessere economico, benessere psicologico, benessere sessuale. Ma quando l’uomo elimina Dio dal proprio orizzonte, dichiara Dio “morto”, è veramente felice? Diventa veramente più libero? Quando gli uomini si proclamano proprietari assoluti di se stessi e unici padroni del creato, possono veramente costruire una società dove regnino la libertà, la giustizia e la pace? Non avviene piuttosto – come la cronaca quotidiana dimostra ampiamente – che si estendano l’arbitrio del potere, gli interessi egoistici, l’ingiustizia e lo sfruttamento, la violenza in ogni sua espressione? Il punto d’arrivo, alla fine, è che l’uomo si ritrova più solo e la società più divisa e confusa. L’uomo ha bisogno di incontrare uomini che testimonino la possibilità di essere liberato dalle sue paure e dai suoi peccati. Sente il bisogno di imparare o re-imparare non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme. Si tratta del suo Creatore pieno di bontà. Ogni uomo ha bisogno di sapere che la sua vita, ogni vita ha un senso e che egli è atteso, al termine della sua permanenza sulla terra, a prendere parte senza fine della gloria, dell’amore di Cristo nei cieli.
Nelle parole del Dio che possiede un volto umano vi è una promessa: la vigna non sarà distrutta, Certo mentre abbandona al loro destino i vignaioli infedeli, il padrone non si distacca dalla sua vigna e l’affida ad altri servi fedeli. Questo indica che, se in alcune regioni la fede si affievolisce sino ad estinguersi, vi saranno altri popoli pronti ad accoglierla. Proprio per questo Gesù, mentre cita il Salmo 117 (118): “La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo” (v. 22), assicura che la sua morte non sarà la sconfitta di Dio. Ucciso, Egli non resterà nella tomba, anzi, proprio quella che sembrerà essere una totale disfatta, segnerà l’inizio di una definitiva vittoria nella risurrezione che non è un ritorno alla nostra vita terrena, ma la più grande “mutazione” mai accaduta, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma con Lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo. Ci si può escludere ma non si può impedire questa vittoria di Dio e la vigna continuerà allora a produrre uva e sarà data in affitto dal padrone “ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo” (Mt 21,41).
L’immagine della vigna, con le sue implicazioni morali, dottrinali e spirituali, ritornerà nel discorso dell’Ultima Cena, quando, congedandosi dagli Apostoli, il Signore dirà: “Io (risorto, sempre presente) sono la vite vera e il Padre mio l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto” (Gv 15,1-2). A partire dall’evento pasquale la storia della salvezza conoscerà dunque una svolta decisiva, e ne saranno protagonisti quegli “altri contadini” che, innestati come scelti germogli di Cristo, vera vite, porteranno frutti di vita veramente vita, ciò che nell’intimo ogni io intuisce e nell’intimo aspetta. Tra questi “contadini” ci siamo anche noi, innestati in Cristo, che volle divenire Egli stesso, morendo e risorgendo, la “vera vite”. E da qui la certezza che il male e la morte non hanno l’ultima parola, ma a vincere alla fine è Cristo, Dio con noi. Sempre! “Ecco il punto – cardinale Bagnasco –, ciò a cui – soprattutto – ci sentiamo chiamati noi Vescovi: annunciare ai cittadini di questo Paese e del mondo che Dio, in Gesù Cristo, li ama senza limiti né condizioni, li ama anche se loro non riescono a vederlo, li ama e li vuole felici fino a dare la sua stessa vita”.

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