Difendere la famiglia
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Vi è uno stretto collegamento fra il diritto alla vita di ogni essere umano, di ogni persona quale immagine del Creatore, e i diritti della famiglia come istituzione fondante la società, operatrice nella società, trasformando così le virtù personali in virtù sociali. Questa misteriosa dignità di ogni persona e l’edificazione del Regno di Dio presente in quella famiglia dove Egli è amato e dove giunge il suo amore è un dato rivelato mediato dalla fede dei discepoli in Cristo che ne rendono ragione: fede professata, celebrata, vissuta, pregata. Non è rimasta confinata nell’intimo della coscienza di ogni singolo credente né a comunità di discepoli separate dal mondo ma ha impresso nella storia e nel vissuto umano una forma cristiana di cui solo la fede in connubio con la ragione è trasmettitrice, dando vita anche a “cristiani per cultura” e divenendo storicamente dottrina antropologica, etica e politica nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo sessant’anni fa, che è alla base della Nazioni Unite. Le prime parole di tale dichiarazione sono le seguenti: “Il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo consiste nel riconoscimento della uguale dignità di ogni membro della famiglia umana”. Negli articoli successivi vengono indicati i diritti umani che garantiscono un futuro di pace, di libertà e di giustizia. Tra questi al primo posto viene indicato il diritto alla vita (articolo 3) e poco dopo viene ricordata la famiglia come nucleo fondamentale della società e dello Stato, famiglia che come tale deve essere riconosciuta e protetta (articolo 16). Il documento non fu il risultato esclusivo di provvedimenti legislativi o di decisioni normative prese dalla varie agenzie di coloro che erano al potere ma l’avvenimento storico provvidenziale di una convergenza di tradizioni religiose e culturali anteriori ad ogni legalizzazione, tutte motivate dal desiderio di un riconoscimento trascendente di ogni persona umana e di ogni famiglia fondata sul matrimonio naturale di uomo-donna, e di considerare ogni persona umana e ogni famiglia vera essenziali per il mondo della cultura, della religione e della scienza. I diritti umani e la famiglia come nucleo fondamentale della società e dello Stato sono divenuti linguaggio comune e sostrato etico delle relazioni internazionali per tanti anni fino agli anni sessanta. E coloro che ancora oggi li sostengono, spesso squalificati come conservatori reazionari, devono sentirsi le donne e gli uomini del futuro, quelli che accumulano la speranza, che preparano le risorse per far nascere un mondo migliore. In effetti tutta la storia dalle radici cristiane può essere interpretata come un progressivo emergere della dignità umana, la quale è stata, soprattutto in Europa e in tutto l’Occidente e quindi nel mondo, il motore di tutto ciò che è vero progresso. Un tempo c’erano gli schiavi ed ora non ci sono più, almeno non sono legittimati. Sono stati i cristiani per fede che hanno liberato gli schiavi e che ancora oggi contrastano le sacche di schiavitù. Essi, inoltre, hanno reso possibile anche a “cristiani per cultura” di diventare consapevoli della dignità di ogni persona. Un tempo il colore della pelle faceva discriminare gli uomini in esseri superiori e inferiori. Un tempo alle donne venivano negati i diritti riconosciuti ai maschi. Cristiani per fede, santi come san Daniele Comboni e tanti altri hanno alimentato “cristiani per cultura” che hanno liberato i neri e le donne. Un tempo la pena di morte era la sanzione più diffusa per legittima difesa, accettata senza problemi dalle leggi. Oggi, poiché la pena di morte non è quasi più motivabile per legittima difesa, la dignità umana di ogni persona appare indistruttibile persino nel volto del delinquente e l’abolizione totale della pena di morte nel mondo è una ragionevole previsione. Un tempo la guerra veniva considerata occasione di gloria e strumento della politica. Oggi, nonostante che non siano cessate le rivalità e che nuove armi micidiali rendano più orribili le guerre, almeno formalmente la guerra non può essere legittimata come una soluzione dei contrasti fra Stati ed è superata a livello di immagine pubblica. La fondazione della Nazioni Unite, come sappiamo coincise con il profondo sdegno sperimentato dall’umanità quando fu abbandonato il riferimento al significato della trascendenza e della ragione naturale e conseguentemente furono gravemente violate la libertà e la dignità dell’uomo e il valore fondante della famiglia. Quando ciò accade, sono minacciati i fondamenti oggettivi dei valori che ispirano e governano l’ordine internazionale e sono minati alla base quei principi cogenti e inviolabili che sono alla base di ogni educazione sociale e della stessa democrazia. L’attuale esperienza ci documenta che spesso la legalità prevale sulla giustizia e l’insistenza sui diritti umani li fa apparire come l’esclusivo risultato di provvedimenti legislativi o si ritorna ad un approccio pragmatico, limitato a determinare un “terreno comune”, minimale nei contenuti e debole nei suoi effetti fino a negare la qualità di essere umano ai più piccoli e deboli tra gli uomini quali sono i bambini non ancora nati, che l’analisi prenatale fa intravedere handicappati e vengono uccisi come nel nazismo, talvolta a spese e cura degli Stati in un numero di circa cinquanta milioni ogni anno. Allora la Carta ha considerato la Famiglia “nucleo fondamentale della società e dello Stato”: “Fondamentale” significa che l’edificio crolla se non vi è la base solida. Ma oggi in tutto il mondo vengono svolte azioni per distruggere questo “nucleo fondamentale”, al punto che non sappiamo più cosa sia davvero la famiglia. Né solo a questo punto arrivano le aggressioni contro la vita e la famiglia: consistenti gruppi di pressione pretendono di iscrivere il diritto all’aborto fra i diritti fondamentali e di equiparare ogni tipo di compagnia a quella basata sul matrimonio tra uomo e donna. Si attuerebbe così un vero e proprio capovolgimento della cultura dei diritti umani e del valore fondante della famiglia. Nel Parlamento Europeo sono continue le sedute nelle quali l’Europa si pone come giudice e maestra di tutti gli altri Paesi del mondo riguardo al rispetto dei diritti umani. Ma anche in Europa ogni anno milioni e milioni di esseri umani, appena comparsi all’esistenza, vengono distrutti non solo con l’aborto ma anche nei laboratori dove si pratica la fecondazione artificiale e dove si vorrebbe guadagnare più denaro, conquistare nuove glorie e vincere la concorrenza nella ricerca scientifica compiendo sperimentazioni distruttive sugli embrioni, sull’uomo.
Ed ecco l’allarme del Papa ai cattolici, in occasione del VI Incontro Mondiale delle Famiglie, riguardo alle unioni fuori del Sacramento del matrimonio: “La famiglia è la cellula vitale della società” e “ha diritto di essere riconosciuta nella sua propria identità e a non essere confusa con altre forme di convivenza” nella ‘casa’ – nell’ethos direbbero i greci – che l’Occidente ha costruito come cultura, come dimora personale e familiare degna dell’uomo. A differenza degli animali, l’uomo si colloca dentro al mondo in cui vive in modo da assicurarsi la sopravvivenza individuale e sociale specifica. Egli desidera naturalmente una collocazione buona e vera, non solo utile e piacevole, cioè secondo ragione o giudizio su tutti fattori della realtà: desidera un modo di essere e un modo di stare, di procreare che sia adeguato alla sua natura di persona ad immagine della famiglia trinitaria, conforme alla sua origine e destinazione trascendente. E occorre impegnarsi perché “la famiglia possa contare su una debita protezione culturale, giuridica, economica, sociale, sanitaria e, più particolarmente, in un appoggio che, tenendo in conto il numero dei figli e le risorse economiche disponibili, sia sufficiente per permettere la libertà di educazione e di istruzione”. Per il Pontefice è pertanto “necessario” mettere in campo “una cultura e una politica della famiglia” che offrano “identità e diritti”. “L’ambiente domestico – ha rimarcato Benedetto XVI – è una scuola di umanità e di vita cristiana per tutti i suoi membri, con conseguenze benefiche per tutte le persone, per la Chiesa e la società”. Politicamente oltre ad essere fondamentale la presenza dei “cristiani per fede” occorre l’apporto democratico di “cristiani per cultura”. Ma la possibilità dell’esistenza di “cristiani per cultura” è assicurata esclusivamente dall’esistenza di “cristiani per fede” altrimenti la cultura dalle radici cristiane declina. Occorre, come nel 1948, mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione o giudizio su tutti i fattori della realtà a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro. Benedetto XVI ha invitato tutti a “unirsi alle associazioni che promuovono l’identità e i diritti della famiglia seguendo una visione antropologica coerente con il Vangelo e le associazioni a coordinarsi tra loro perché l’azione sia più incisiva: lavorare per la famiglia è lavorare per il futuro degno e luminoso dell’umanità e per l’edificazione del Regno di Dio” presente nel vissuto familiare dove Egli è amato e il suo amore giunge.