Condividi:

Matrimoni in crisi?

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Una speranza più grande per sposi che l’hanno perduta

«La crisi coniugale – parliamo di crisi serie e gravi – costituisce una realtà a due facce. Da una parte si presenta, specialmente nella sua fase acuta e più dolorosa, come un fallimento, come la prova che il sogno è finito o si è trasformato in un incubo e, purtroppo “non c’è più niente da fare”. Questa è la faccia negativa. Ma c’è un’altra faccia, a noi spesso sconosciuta, ma che Dio vede. Ogni crisi, infatti – ce lo insegna la natura – è passaggio ad una nuova fase di vita. Se però nelle creature inferiori questo avviene automaticamente, nell’uomo implica la libertà, la volontà e, dunque, una “speranza più grande” della disperazione» [Benedetto XVI, al meeting del movimento “Retrouvaille”, 25 settembre 2008].

L’uomo ha, nel succedersi dei giorni, molte speranze – più piccole o più grandi – diverse nei diversi periodi della sua vita. A volte può sembrare che una di queste speranze lo soddisfi totalmente e che non abbia bisogno di altre speranze. Nella gioventù può essere la speranza di una certa posizione nella professione, dell’uno o dell’altro successo determinante per il resto della vita. Può essere soprattutto la speranza del grande e appagante amore nell’innamoramento e nel matrimonio, nella famiglia. Quando però queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà, il tutto che toglie l’inquietudine del proprio io, della propria anima, del proprio cuore. Si rende evidente che l’uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Si rende evidente che può bastargli solo qualcosa di infinito, qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai raggiungere. Ecco le due facce di ogni crisi professionale e coniugale. Quanto è importante averle presenti fin dall’inizio in modo che quando accade si riscopra quella positiva cioè il passaggio ad una nuova fase di vocazione, di vita. Ma utilissimo se non necessario è il rapporto di fraternità e amicizia, di comunione ecclesiale tra coppie, tra famiglie, consapevoli della presenza di Gesù Cristo risorto che ci accompagna vivendo insieme. Benedetto XVI ha incontrato, il 26 settembre 2008 a Castegandolfo, al meeting internazionale del movimento Retrouvaille che da più di trent’anni opera in questo campo, coniugi e presbiteri che si pongono a contatto con famiglie segnate dalla crisi del matrimonio, della famiglia. “Riflettendo – ha osservato Benedetto XVI – sulla vostra attività, ancora una volta ho riconosciuto il “dito” di Dio, cioè l’azione dello Spirito Santo, che suscita nella Chiesa risposte adeguate ai bisogni e alle emergenze di ogni epoca. Certamente, ai nostri giorni, un’emergenza molto sentita è quella delle separazioni e dei divorzi”.
Carisma, dono dello Spirito del risorto, intuizione fu quella dei coniugi canadesi Guy e Jeannine Beland, nel 1977, di essere vicini e di aiutare le coppie in crisi ad affrontarla attraverso un programma specifico, che punta sulla ricostruzione delle loro relazioni, non in alternativa alle terapie psicologiche, ma con un percorso distinto e complementare. Chi aiuta non è un professionista, uno psicologo, pur utile nel suo apporto particolare, ma sposi, sacerdoti che spesso hanno vissuto in prima persona la realtà della crisi a due facce della loro vocazione giungendo con la grazia di Dio, la libertà e la volontà, sostenuti dal vissuto fraterno di comunione ecclesiale di Reutrouvaille, a “una speranza più grande” della disperazione recuperando, senza idolatrare, anche la grande speranza del matrimonio, della famiglia, della carità pastorale di comunità parrocchaile per i presbiteri. Oltre a coppie di sposi, di genitori, ci sono. Quindi, anche sacerdoti che hanno vissuto le due fasi della loro vocazione e che insieme sentono il bisogno di mettere la propria esperienza purificata da idoli al servizio di chi la sta attraversando, spezzando per loro la Parola e il Pane del Crocefisso risorto, della vita “veramente” vita cioè di quell’amore di Cristo che ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto e non certo capace di superare completamente ogni inquietudine che ci mantiene in movimento verso Dio. Ed è per sposi e sacerdoti la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita, il vissuto di comunione e di amore che è “veramente” vita, veramente amore, felicità piena senza più alcuna inquietudine.

Incontri fraterni come “appiglio” per non smarrirsi del tutto, e per risalire gradualmente la china
Nei momenti più bui, nella fase acuta della crisi, la speranza i coniugi l’hanno smarrita; allora c’è bisogno di altri che la custodiscono, di un “noi” attraverso cui il Risorto si fa sentire, di una compagnia di veri amici che, nel massimo rispetto, ma anche con sincera e gratuita volontà di bene, siano pronti a condividere un po’ della propria speranza con chi l’ha perduta. E questo non in modo sentimentale o velleitario, ma organizzato e realistico. “Voi – ha ricordato Benedetto XVI – diventate così, nel momento della rottura, la possibilità concreta per la coppia di avere un riferimento positivo, a cui affidarsi nella disperazione. In effetti, quando il rapporto degenera, i coniugi piombano nella solitudine, sia individuale che di coppia. Perdono l’orizzonte della comunione con Dio, con gli altri e con la Chiesa. Allora i vostri incontri offrono l’“appiglio” (è questo concretamente, realmente il dono dello Spirito del Risorto presente, la grazia) per non smarrirsi del tutto, e per risalire gradualmente la china. Mi piace pensare a voi come a custodi di una speranza più grande per gli sposi che l’hanno perduta”.
E il Papa ha annunciato la Parola di Dio attraverso la testimonianza del racconto delle nozze di Cana (Gv 2,1-11). La Vergine Maria, allora ma in continuità anche adesso, si accorge ai primi indizi che gli sposi “non hanno più vino” e lo dice a Gesù. Questa mancanza del vino fa pensare al momento in cui, nella vita della coppia, finisce l’amore, si esaurisce psicologicamente ed emotivamente la gioia e cala bruscamente l’entusiasmo del matrimonio, della famiglia con l’avvento dei figli, forse matrimonio e figli attesi come fossero il tutto. E’ un momento, un’occasione, una circostanza preziosa di crescita vera questa crisi. Dopo che Gesù, sollecitato da Maria, ebbe trasformato l’acqua in vino, fecero i complimenti allo sposo perché – dicevano – aveva conservato fino a quel momento “il vino buono”. Ciò significa che il vino dato da Gesù era migliore del precedente, frutto della vite e del lavoro dell’uomo.
Sappiamo che questo “vino buono” è simbolo della salvezza, della nuova alleanza nuziale, che Gesù è venuto a realizzare con l’umanità ferita, inquieta e insoddisfatta. Ma proprio di questa nuzialità divino- umana è sacramento ogni matrimonio cristiano, anche il più misero e vacillante avvenuto per motivi molto contingenti, poveri e qualche volta carico di sporcizia, e può dunque trovare nell’umiltà il coraggio di chiedere aiuto al Signore. “Quando – ha concluso Benedetto XVI – una coppia in difficoltà o – come dimostra la vostra esperienza – persino separata, si affida a Maria e si rivolge a Colui che ha fatto dei due “una sola carne”, può essere certa che quella crisi diventerà, con l’aiuto del Signore, un passaggio di crescita, e che l’amore ne uscirà purificato, maturato, rafforzato. Questo può farlo solo Dio, che vuole servirsi dei suoi discepoli come validi collaboratori, per accostare le coppie, ascoltarle, aiutarle a riscoprire il tesoro nascosto del matrimonio, il fuoco rimasto sepolto sotto la cenere. E’ Lui che ravviva e torna a far ardere la fiamma; non certo allo stesso modo dell’innamoramento, bensì in maniera diversa, più intensa e profonda: sempre però la stessa fiamma”.
Mettersi, sposi, genitori, presbiteri insieme, a servizio degli altri fin da giovani, in un campo così delicato rimane sempre, al fondo, non mera attività, capacità professionale, ma testimonianza di un amore di Dio che ci raggiunge comunque ridotti. Si tratta, in una mentalità secolarizzata che tutto affida, quando va bene, solo alle scienze umane, di un “servizio contro corrente”. Oggi, infatti, quando una coppia entra in crisi, trova la maggior parte delle persone e della mentalità, pronte a consigliare la separazione senza neppure valutare conseguenze e possibilità. Ma anche ai coniugi sposati, addirittura a chi si sta sposando, si relativizza matrimonio e famiglia con la prospettiva di un divorzio facile senza neppure tener conto della drammaticità che incontra chi dimentica che l’uomo non può separare senza la conseguenza di non desiderare più la verità e la disponibilità all’amore, una situazione infernale, ciò che Dio stesso ha congiunto (Mt 19,6, Mc 10,9).
Sposi e presbiteri che sentono il bisogno, purificati nel proprio cammino, di darsi a questo servizio, necessitano di alimentare continuamente la vita spirituale cioè il proprio modo di sentire, pensare e volere, di sentirsi amati da Dio perché a contatto con realtà drammatiche e difficili, la propria speranza non si esaurisca e non si perda quella serenità, quella pace, quel coraggio che le situazioni richiedono. “Vi aiuti in tale delicata opera apostolica la Sacra Famigliari Nazaret, alla quale affido il vostro serrvizio, e specialmente i casi più difficili. Vi sia accanto Maria, Regina della famiglia, mentre di cuore imparto la apostolica benedizione a voi e a tutti gli aderenti al movimento Retrouvaille”.

Vai a "L'insegnamento del Papa oggi"