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Diventare santi

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Il disegno di Dio non è un processo spettacolare, è un processo umile, che tuttavia porta con sé la vera forza del futuro e della storia

«…il patto di Dio con Mosé e con Israele al Sinai è una delle grandi tappe della storia della salvezza, nei quali il confine tra Antico e Nuovo Testamento scompare e si manifesta il perenne disegno del Dio dell’Alleanza: il disegno di salvare tutti gli uomini mediante la santificazione di un popolo, a cui Dio propone di diventare “la sua proprietà tra tutti i popoli” (Es 19,5).
In questa prospettiva il popolo è chiamato a diventare una “nazione santa”, non solo in senso morale, ma prima ancora e soprattutto nella sua stessa realtà ontologica, nel suo essere popolo. In che modo si debba intendere l’identità di questo popolo si è manifestato via via nel corso degli eventi salvifici già nell’Antico Testamento; si è pienamente rivelato poi con la venuta di Gesù Cristo… Quando Gesù chiamò i Dodici voleva riferirsi simbolicamente alle tribù di Israele, risalenti ai dodici figli di Giacobbe. Perciò ponendo al centro della sua nuova comunità i Dodici, Egli fa capire di essere venuto a portare a compimento il disegno del Padre celeste, anche se solo a Pentecoste apparirà il volto nuovo della Chiesa: quando i Dodici, “pieni di Spirito Santo”, proclameranno il Vangelo parlando tutte le lingue (At 2,3-4).
Si manifesta allora la Chiesa universale, raccolta in unico Corpo di cui Cristo risorto è il capo e, al tempo stesso, inviata da Lui a tutte le nazioni, fino agli estremi confini della terra (Mt 28,20).
Lo stile di Gesù è inconfondibile: è lo stile caratteristico di Dio, che ama compiere le cose più grandi in modo povero e umile. La solennità dei racconti di alleanza del Libro dell’Esodo lascia nei Vangeli il posto a gesti umili e discreti, che però contengono un’enorme potenzialità di rinnovamento. E’ la logica del Regno di Dio, non a caso rappresentata dal piccolo seme che diventa un grande albero (Mt 13,31-32). Il patto del Sinai è accompagnato da segni cosmici che atterriscono gli Israeliti; gli inizi della Chiesa in Galilea sono invece privi di queste manifestazioni, riflettono la mitezza e la compassione del cuore di Cristo, ma preannunciano un’altra lotta, un altro sconvolgimento che è quello suscitato dalle potenze del male. Ai Dodici Egli “diede il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità” (Mt 10,1). I Dodici dovranno cooperare con Gesù nell’instaurare il Regno di Dio, cioè la sua signoria benefica, portatrice di vita, e di vita in abbondanza per l’intera umanità. In sostanza la Chiesa, come Cristo e insieme con Lui, è chiamata e inviata a instaurare il regno della vita e a scacciare il dominio della morte, perché trionfi nel mondo la vita di Dio. Trionfi Dio che è Amore. Quest’opera di Cristo è sempre silenziosa, non è spettacolare; proprio nell’umiltà dell’essere Chiesa, del vivere ogni giorno il Vangelo, cresce il grande albero della vera vita. Proprio con questi inizi umili il Signore ci incoraggia perché, anche nell’umiltà della Chiesa di oggi, possiamo vedere la sua presenza e avere così il coraggio di andare incontro a Lui e di rendere presente su questa terra il suo amore, questa forza di pace e di vita vera.
Questo è, quindi, il disegno di Dio: diffondere sull’umanità e sul cosmo intero il suo amore generatore di vita. Non è un processo spettacolare; è un processo umile, che tuttavia porta con sé la vera forza del futuro e della storia. Un progetto, quindi, che il Signore vuole attuare nel rispetto della nostra libertà, perché l’amore di sua natura non si può imporre. La Chiesa è allora, in Cristo, lo spazio di accoglienza e di mediazione dell’amore di Dio. In questa prospettiva appare chiaramente come la santità e la missionarietà della Chiesa costituiscono due facce della stessa medaglia: solo in quanto santa, cioè colma dell’amore divino, la Chiesa può adempiere la sua missione, ed è proprio in funzione di tale compito che Dio l’ha scelta e santificata quale sua proprietà. Quindi il nostro primo dovere, proprio per sanare questo mondo, è quello di essere santi, conformi a Dio; in questo modo viene da noi una forza santificante e trasformante che agisce sugli altri, sulla storia… Al riguardo, è utile riflettere che i dodici Apostoli non erano uomini perfetti, scelti per la loro irreprensibilità morale e religiosa. Erano credenti, sì, pieni di entusiasmo e di zelo, ma segnati nello stesso tempo dai loro limiti umani, talora anche gravi. Dunque, Gesù non li chiamò perché erano già santi, completi, perfetti, ma affinché lo diventassero, affinché fossero trasformati per trasformare così anche la storia. Tutto come per noi. Come per tutti i cristiani… La Chiesa è la comunità dei peccatori che credono all’amore di Dio e si lasciano trasformare da Lui, e così diventano santi, santificando il mondo» [Benedetto XVI, Omelia nel porto di Brindisi, 15 giugno 2008].

Celebrando, nel Giorno del Signore alla banchina di Sant’Apollinare nel Porto di Brindisi, il mistero che è fonte e culmine di tutta la vita della Chiesa, Benedetto XVI ha fatto risuonare la Parola di Dio nei fedeli che illuminati dallo Spirito Santo, dono del Signore risorto, scrutano le Scritture per il cammino di santità e di missionarietà nell’appartenenza alla Chiesa incontrando la persona del Signore Gesù e ascoltando la Sua Parola. Incontrare Cristo convenendo ecclesialmente nell’Eucaristia è il dono più grande scaturito del suo Cuore divino e umano, il Pane della vita spezzato e condiviso per divenire una cosa sola con Lui in un concreto vissuto fraterno di comunione ecclesiale.
Benedetto XVI ha offerto, innanzitutto, una lettura cristiana, ecclesiale dell’Antico Testamento, secondo la prassi liturgica, che ogni domenica proclama il testo dell’Antico Testamento nella prima lettura come pagina essenziale per una comprensione compiuta del Nuovo Testamento, del Vangelo, secondo l’attestazione di Gesù stesso nell’episodio di Emmaus, in cui il Maestro “cominciando da Mosé e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24,27). Ha rilevato anche, pur nella continuità della varie tappe dell’unico disegno di Dio di salvare tutti gli uomini mediante la santificazione di un popolo che accetta di divenire sua proprietà, la modalità diversa tra la solennità dei racconti di alleanza del Libro dell’Esodo, tra il patto del Sinai accompagnato da segni cosmici che atterriscono gli Israeliti e gli inizi della Chiesa in Galilea privi di queste manifestazioni, che riflettono la mitezza e la compassione del Cuore di Cristo, ma preannunciando un’altra lotta, un altro sconvolgimento suscitato dalle potenze del male. In sostanza, la Chiesa, come Cristo e insieme con Lui, è chiamata e inviata a scacciare il dominio della morte, perché trionfi nel mondo la vita di Dio. Trionfi Dio che è Amore.
E qui il Santo Padre ha ricordato che “quest’opera di Cristo è sempre silenziosa, non è spettacolare; proprio nell’umiltà dell’essere Chiesa, del vivere ogni giorno il Vangelo, cresce il grande albero della vera vita. Proprio con questi inizi umili il Signore ci incoraggia perché, anche nell’umiltà della Chiesa di oggi, nella povertà della nostra vita cristiana, possiamo vedere la sua presenza e così avere il coraggio di andare incontro a Lui e di rendere presente su questa terra il suo amore, questa forza di pace e di vita vera”. Il disegno di Dio di diffondere sull’umanità e sul cosmo intero il suo amore non è un processo spettacolare, ma è una processo umile, che tuttavia porta con sé la vera forza del futuro e della storia.
Naturalmente ci si può chiedere perché Dio non abbia creato un mondo in cui la Sua presenza, la Sua Parola, fosse più manifesta; perché Cristo risorto non abbia lasciato dietro di sé in quell’unico Suo corpo di cui crocefisso risorto è il capo cioè la Chiesa un ben altro splendore della sua presenza sacramentale, della Sua Parola, che colpisse chiunque in modo irresistibile. Ma Dio, Padre, Figlio, Spirito Santo, la patria da cui proviene in continuità la Parola di Dio, il Verbo incarnato crocifisso - risorto, vuole attuare il suo progetto di creazione e di redenzione nel rispetto e nel rischio della libertà di ogni persona, perché l’amore di sua natura non si può imporre e Dio con la Sua Parola, con il Verbo incarnato, non solo ama, ma è amore, quindi non costringe mai ma è in dialogo con ogni persona attraverso il mistero di Cristo espressione piena e perfetta della Parola di Dio; il mistero della Chiesa, sacramento della Parola di Dio. Un processo spettacolare costringerebbe fin dall’inizio e impedirebbe una risposta d’amore. Ecco perché noi viviamo in questo mondo nel quale appunto Dio non ha l’evidenza di una cosa che si possa toccare con mano, in cui la Persona di Gesù Cristo è colta, attraverso la conoscenza indiretta dei testimoni, nei segni, in modo sacramentale e quindi può essere cercato e trovato ragionevolmente solo attraverso lo slancio del cuore sospinto dal dono del suo Spirito.

La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa cioè Cristo risorto, nello stile della “compassione”, è la “speranza del mondo”
“Nella luce di questa provvidenziale Parola di Dio - ha proseguito Benedetto XVI -, ho la gioia quest’oggi di confermare il cammino della vostra Chiesa”. Nella relazione di distinzione e comunione tra Bibbia e Parola di Dio, la Parola di Dio è realtà vivente, efficace (Eb 4,12-13), eterna (Is 40,8), “onnipotente” (Sap 18,15), creatrice (Gn 1,3ss) e instauratrice continua di storia. Nel Nuovo Testamento questa Parola è il Figlio stesso di Dio, il Verbo fatto carne (Gv 1,2), mentre la Scrittura è attestazione, testimonianza normativa di questa relazione tra Dio e l’uomo in attesa dell’Incarnazione, la illumina, la orienta in maniera certa. La Parola di Dio, quindi, eccede il Libro, e raggiunge ogni uomo anche attraverso il mistero, il sacramento della Chiesa, sua Tradizione vivente. La Parola continua ad alimentare la vita di generazioni in tempi sempre nuovi e diversi. La comunità cristiana diviene, quindi, soggetto della trasmissione della Parola di Dio, e allo stesso tempo soggetto privilegiato in vissuti fraterni di comunione ecclesiale per cogliere il senso profondo della Sacra Scrittura, il progresso della fede e quindi lo sviluppo del dogma, della fede professata, celebrata, vissuta e pregata. Lo Spirito dà respiro alla parola scritta e colloca il Libro nel mistero più ampio dell’incarnazione e della Chiesa. “E’ un cammino - ha proseguito il Papa in comunione con il Vescovo - di santità e di missione, sul quale il vostro arcivescovo vi ha invitato a riflettere nella sua recente Lettera pastorale; è un cammino che egli ha ampiamente verificato nel corso della visita pastorale e che ora intende promuovere mediante il Sinodo diocesano”. E il Papa ha aggiunto che il risuonare della Parola di Dio attraverso il Vangelo della celebrazione suggerisce lo stile della missione, cioè l’atteggiamento interiore che si traduce in fede vissuta e che non può essere che quello che attualizza lo stile di Gesù: lo stile della “compassione”. L’evangelista lo evidenzia attirando l’attenzione sullo sguardo di Cristo verso le folle: “Vedendole - egli scrive - ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore” (Mt 9,36). In queste espressioni la Parola rivelata, il Verbo eterno del Padre, la seconda Persona della Santissima Trinità, il Figlio del Padre, il Crocefisso risorto che dona il Suo Spirito, attraverso il suo Vicario annuncia alla Chiesa particolare in Brindisi l’amore di Cristo per la sua gente di oggi, specialmente per i piccoli, i poveri, gli immigrati. La compassione cristiana non ha niente a che vedere col pietismo, con l’assistenzialismo. E’ sinonimo di solidarietà e di condivisione, ed è animata dalla speranza. E’ speranza, questa, che si fonda sull’occhio di fede che vede in ogni volto la presenza sacramentale di Cristo risorto, “speranza del mondo”. “E voi, fratelli e sorelle di questa antica Chiesa di Brindisi - ha attualizzato il Vicario di Cristo -, siate segni e strumenti della compassione, della misericordia di Cristo. Al vescovo e ai presbiteri ripeto con fervore le parole del Maestro divino: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). Questo mandato è rivolto ancora oggi in primo luogo a voi. Lo Spirito che agiva in Cristo e nei Dodici, è lo stesso che opera in voi e che vi permette di compiere tra la vostra gente, in questo territorio, i segni del Regno di amore, di giustizia e di pace che viene, anzi, che è già venuto nel mondo. Ma la missione di Gesù si partecipa in diversi modi a tutti i membri del Popolo di Dio, per la grazia del Battesimo e della Confermazione. Penso alle persone consacrate che professano i voti di povertà, verginità e obbedienza; penso ai coniugi cristiani e a voi, fedeli laici, impegnati nella comunità ecclesiale e nella società sia personalmente che in forma associata. Cari fratelli e sorelle, tutti siete destinatari del desiderio di Gesù di moltiplicare gli operai nella messe del Signore (Mt 9,28). Questo desiderio, che chiede di farsi preghiera, ci fa pensare in primo luogo ai seminaristi e al nuovo Seminario di questa archidiocesi; ci fa considerare che la Chiesa è, in senso lato, un grande “seminario”, incominciando dalla famiglia, fino alle comunità parrocchiali, alle associazioni e ai movimenti di impegno apostolico. Tutti, nella varietà dei carismi e dei ministeri, siamo chiamati a lavorare nella vigna del Signore”.

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