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Democrazia, laicità, verità

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Portare nel pubblico ragionevole dibattito le proprie credenze religiose e i propri valori più profondi

«Ora che la nazione deve affrontare sempre più complesse questioni politiche ed etiche, confido che gli americani potranno trovare nelle loro credenze religiose una fonte preziosa di discernimento e un’ispirazione per proseguire un dialogo ragionevole, responsabile e rispettoso nello sforzo di edificare una società più umana e più libera.
La libertà non è solo un dono, ma anche un appello alla responsabilità personale. Gli americani lo sanno per esperienza - quasi ogni città di questo paese possiede i suoi monumenti che rendono omaggio a quanti hanno sacrificato la loro vita in difesa della libertà, sia nella propria terra che altrove. La difesa della libertà chiama a coltivare la virtù, l’autodisciplina, il sacrificio per il bene comune ed un senso di responsabilità nei confronti dei meno fortunati. Esige inoltre il coraggio di impegnarsi nella vita civile, portando nel pubblico ragionevole dibattito le proprie credenze religiose e i propri valori più profondi. In una parola, la libertà è sempre più profonda.
Si tratta di una sfida posta ad ogni generazione, e deve essere costantemente vinta a favore della causa del bene (Spe salvi, 24)… La Chiesa, per parte sua, desidera contribuire alla costruzione di un mondo sempre più degno di ogni persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 26-27). Essa è convinta che la fede getta una luce nuova su tutte le cose, e che il Vangelo rivela la nobile vocazione e il sublime destino di ogni uomo e di ogni donna (Gaudium et spes, 10). La fede, inoltre, ci offre la forza per rispondere alla nostra alta vocazione e la speranza che ci ispira ad operare per una società sempre più giusta e fraterna. La democrazia può fiorire soltanto, come i vostri Padri fondatori ben sapevano, quando i leader politici e quanti essi rappresentano sono guidati dalla verità e portano la saggezza, generata dal principio morale, nelle decisioni che riguardano la vita e il futuro della nazione» [Benedetto XVI davanti al Presidente degli Stati Uniti d’America George W. Bush, 16 aprile 2008].

Un’esperienza di pubblico ragionevole dibattito delle proprie credenze religiose e dei propri valori più profondi
E’ avvenuto sul prato sud della Casa Bianca, gremito di pubblico e parlando in diretta tv il Papa e il Presidente degli Stati Uniti. Bush ha ricordato che l’America è una nazione che prega, capace di essere allo stesso tempo innovativa e religiosa, dove “fede e ragione esistono in armonia” e dove il ruolo pubblico della religione ha piena cittadinanza. In un mondo dove c’è chi invoca Dio per giustificare le stragi, ha detto il presidente rivolto al Papa, “abbiamo urgente bisogno del suo messaggio di amore”. Bush è stato interrotto da tanti applausi quando ha parlato di difesa della sacralità di ogni vita e quando ha detto che il mondo ha drammaticamente bisogno oggi del messaggio papale “per rigettare la dittatura del relativismo”.
Il Papa, esprimendo il cuore della tradizione cattolica cioè che nella fede cristiana conoscenza e vita, verità ed esistenza sono intrinsecamente connesse e se la verità donata nella rivelazione di Dio nel suo volto umano in Gesù sorpassa evidentemente le capacità di conoscenza dell’uomo, non si oppone alla ragione umana perché di sua natura la fede fa appello all’intelligenza, perché svela ad ogni uomo la verità della sua origine e del suo destino e la via divino - umana per raggiungerlo responsabilmente. La libertà non è soltanto un dono originariamente in noi senza di noi, ma comporta riconoscerlo nel suo essere dono del Donatore divino, alimentarlo continuamente nella preghiera e quindi responsabilità personale, sacrifici, disciplina, virtù, come sanno - ha osservato il Papa - gli americani le cui città sono ricche di monumenti dedicati a “chi ha sacrificato la propria vita in difesa della libertà, in patria e all’estero”. Il Papa ha citato la battaglia contro la schiavitù, il movimento per i diritti civili e il totalitarismo nazista e comunista, sottolineando come le parole di Giovanni Paolo II sulla vittoria spirituale della libertà ricordino quelle di Gorge Washington nel suo discorso d’addio: “La democrazia, come hanno capito i vostri Padri fondatori - ha detto il Papa - può fiorire solo quando i leader politici sono guidati dalla verità e portano la saggezza, generata dal principio morale, nelle decisioni che riguardano la vita e il futuro della nazione”.

I valori non negoziabili sono riconosciuti non dati dalle istituzioni
Nell’intervista concessa dal Santo Padre ai giornalisti durante il volo diretto negli Stati Uniti, in risposta alla domanda se pensa che un’istituzione multilaterale come le Nazioni Unite possa ancora salvaguardare i principi ritenuti “non negoziabili” dalla Chiesa Cattolica cioè i principi fondati sull’universale legge naturale, ha risposto: “E’ proprio questo l’obiettivo fondamentale delle Nazioni Unite: che salvaguardino i valori comuni dell’umanità, sui quali è basata la convivenza pacifica della Nazioni: l’osservanza della giustizia e lo sviluppo della giustizia. Ho già brevemente accennato che a me sembra molto importante che il fondamento delle Nazioni Unite sia proprio l’idea condivisa dei diritti umani, dei diritti che esprimono valori non negoziabili, che precedono tutte le istituzioni e sono il fondamento delle istituzioni. Ed è importante che ci sia questa convergenza tra le culture che hanno trovato un consenso sul fatto che questi valori sono fondamentali, che sono iscritti nello stesso essere Uomo. Rinnovare questa coscienza che le Nazioni Unite, con la loro funzione pacificatrice, possono lavorare soltanto se hanno il fondamento comune dei valori che si esprimono poi in “diritti” che devono essere osservati da tutti. Confermare questa concezione fondamentale e aggiornarla in quanto è possibile, è un obiettivo della mia missione”.
Di fronte ad un’altra domanda che si collega alla libertà della Chiesa cioè al riconoscimento di piena cittadinanza alla fede cristiana nel contesto di un riconoscimento pubblico dei valori religiosi, della religione negli Stati Uniti e se questo modello americano possa essere valido anche per l’Europa secolarizzata, evitando il rischio che la religione e il nome di Dio possano venire usati per far passare certe politiche e persino la guerra, ha risposto: “Certamente, in Europa non possiamo semplicemente copiare gli Stati Uniti: abbiamo la nostra storia. Ma dobbiamo imparare l’uno dall’altro. Quanto trovo io affascinante negli Stati Uniti è che hanno cominciato con un certo concetto positivo di laicità, perché questo nuovo popolo era composto da comunità e persone che erano fuggite dalle Chiese di Stato e volevano avere uno Stato laico, secolare che aprisse possibilità a tutte le confessioni, per tutte le forme di esercizio religioso. Così è nato uno Stato volutamente laico: erano contrari ad una Chiesa di Stato. Ma laico doveva essere lo Stato proprio per amore della religione nella sua autenticità, che può essere vissuta solo liberamente. E così troviamo questo insieme di uno Stato volutamente e decisamente laico, ma proprio per una volontà religiosa, per dare autenticità alla religione. E sappiamo che Alexis de Toqueville, studiando l’America, ha visto che le istituzioni laiche vivono con un consenso morale di fatto che esiste tra i cittadini. Questo mi sembra un modello fondamentale e positivo. E’ da considerare che in Europa, nel frattempo, sono passati duecento anni, più di duecento anni, con tanti sviluppi. Adesso c’è anche negli Stati Uniti l’attacco di un nuovo secolarismo, del tutto diverso, e quindi prima i problemi erano l’immigrazione, ma la situazione si è complicata e differenziata nel corso della storia. Tutto il fondamento, il modello fondamentale mi sembra anche oggi degno di essere tenuto presente anche in Europa”.

In America, a differenza di molti luoghi in Europa, la mentalità secolare non si è posta come intrinsecamente opposta alla religione
Oltre al dialogo con i giornalisti Benedetto XVI ha risposto alle domande poste dai Vescovi Americani nel Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione di Washington, mercoledì 16 aprile 2008. Ed è stato chiesto al Santo Padre di esprimere la sua valutazione non solo sulla sfida del nuovo secolarismo in aumento nella vita pubblica e sul relativismo nella vita intellettuale ma anche come poter compiere in questo contesto un’opera di evangelizzazione più efficacemente.
“Ritengo - ha detto il Papa - significativo il fatto che qui in America, a differenza di molti luoghi in Europa, la mentalità secolare non si è posta come intrinsecamente opposta alla religione. All’interno del contesto di separazione fra Chiesa e Stato, la società americana è sempre stata segnata da un fondamentale rispetto della religione e del suo ruolo pubblico e, se si vuol dar credito ai sondaggi, il popolo americano è profondamente religioso. Ma non è sufficiente contare su questa religiosità tradizionale e comportarsi come se tutto fosse normale, mentre i suoi fondamenti vengono lentamente erosi. Un impegno serio nel campo dell’evangelizzazione non può prescindere da una diagnosi profonda delle sfide reali che il Vangelo ha di fronte nella cultura contemporanea americana.
Naturalmente, ciò che è essenziale è una corretta comprensione della giusta autonomia dell’ordine secolare, un’autonomia che non può essere disgiunta da Dio Creatore e dal suo piano di salvezza (Gaudium et spes, 36). Forse il tipo di secolarismo dell’America pone un problema particolare: mentre permette di credere in Dio e rispetta il ruolo pubblico della religione e della Chiesa, sottilmente tuttavia riduce la credenza religiosa al minimo comune denominatore. La fede diviene accettazione passiva che certe cose “là fuori” sono vere, ma senza rilevanza pratica nella vita quotidiana. Il risultato è una crescente separazione della fede dalla vita: il vivere “come se Dio non esistesse”. Ciò è aggravato da un approccio individualistico ed eclettico alla fede e alla religione: lungi dall’approccio cattolico del “pensare la Chiesa”, ogni persona crede di avere un diritto di individuare e scegliere, mantenendo i vincoli sociali ma senza una conversione integrale, interiore alla legge di Cristo. Di conseguenza, piuttosto che essere trasformati e rinnovati nell’intimo, i cristiani sono facilmente tentati di conformarsi allo spirito del secolo (Rm 12,3). L’abbiamo constatato in maniera acuta nello scandalo dato dai cattolici che promuovono un presunto diritto all’aborto.
Ad un livello più profondo, il secolarismo sfida la Chiesa a riaffermare e a perseguire ancor più attivamente la sua missione nel e al mondo. Come è stato reso chiaro dal Concilio, i laici a questo riguardo hanno una responsabilità particolare. Sono convinto che ciò di cui vi è più bisogno sia un maggior senso del rapporto intrinseco fra Vangelo e la legge naturale da una parte, e il perseguimento dall’altra dell’autentico bene umano, come viene incarnato dalla legge civile e nelle decisioni morali personali. In una società che giustamente tiene in alta considerazione la libertà personale, la Chiesa deve promuovere ad ogni livello i suoi insegnamenti - nella catechesi, nella predicazione, nell’istruzione seminaristica ed universitaria - un’apologetica tesa ad affermare la verità della rivelazione cristiana, l’armonia tra fede e ragione, ed una comprensione della libertà, vista in termini positivi come liberazione sia dalle limitazioni del peccato che per una vita autentica e piena. In una parola, il Vangelo dev’essere predicato ed insegnato come un modo di vita integrale, che offre una risposta attraente e veritiera, intellettualmente e praticamente, ai problemi reali. La “dittatura del relativismo”, alla fine, non è nient’altro che una minaccia alla libertà umana, la quale matura soltanto nella generosità e nella fedeltà alla verità.
Lasciatemi concludere dicendo che io credo che la Chiesa in America, in questo preciso momento della sua storia, ha di fronte a sé la sfida di ritrovare la visione cattolica della realtà e di presentarla in maniera coinvolgente e con fantasia ad una società che fornisce ogni genere di ricette per l’auto realizzazione umana. Penso in particolare al nostro bisogno di parlare al cuore dei giovani, i quali, nonostante la costante esposizione a messaggi contrari al Vangelo, continuano ad aver sete di autenticità, di bontà, di verità. Molto resta ancora da fare a livello della predicazione e della catechesi nelle parrocchie e nelle scuole, se si vuole che l’evangelizzazione rechi frutto di rinnovamento della vita ecclesiale in America”.

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