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Il perdono non è un caso

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Nella riconciliazione con Dio i giovani riscoprono la gioia vera e diventano “redentori” dei propri coetanei.
Attraverso l’azione dello Spirito Santo e mediante il ministero della Chiesa, accade il perdono e la pace pasquale

«L’odierno ritrovarci insieme assume, non a caso, la forma di una liturgia penitenziale, con la celebrazione delle confessioni individuali.
Perché “non a caso”? La risposta può desumersi da quanto scrivevo nella mia prima enciclica. Là rilevavo che all’inizio dell’esser cristiano c’è l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva (Deus caritas est, 1).
Proprio per favorire questo incontro vi apprestate ad aprire i vostri cuori a Dio, confessando i vostri peccati e ricevendo, attraverso l’azione dello Spirito Santo e mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace. E così si fa spazio alla presenza in noi dello Spirito Santo, la terza Persona della Santissima Trinità che è l’“anima” e il “respiro vitale” della vita cristiana: Lo Spirito ci rende capaci ‘di maturare una comprensione di Gesù sempre più approfondita e gioiosa e, contemporaneamente, di realizzare un’efficace attuazione del Vangelo (Messaggio per la XXIII Giornata mondiale della gioventù, 1 [Benedetto XVI, Omelia per la celebrazione penitenziale, 13 marzo 2008].

Lo Spirito Santo, la terza Persona della Santissima Trinità, è l’“anima” e il “respiro vitale” della vita cristiana
Il Papa ai ragazzi di Roma, convenuti in san Pietro per la riconciliazione pasquale con Dio diventando testimoni della tenerezza del Suo amore e per essere “redentori” dei propri coetanei, ha raccontato di essersi ispirato, arcivescovo di Monaco – Frisinga, al film Metempsicosi per spiegare quale sia l’azione dello Spirito santo in un’anima, biblicamente in un cuore, come si dice oggi nel proprio io. Il film racconta di due poveri diavoli che, per la loro bontà, non riuscivano a farsi strada nella vita.
Un giorno a uno dei due venne l’idea che, non avendo altro da mettere in vendita, avrebbe potuto vendere l’anima, il cuore, il proprio io. Quest’anima venne acquistata a poco prezzo e sistemata in una scatola. Da quel momento, con sua grande sorpresa, tutto cambiò nella sua vita. Iniziò una rapida ascesa, diventò sempre più ricco, ottenne grandi onori e alla sua morte si ritrovò console, largamente provvisto di denari e di beni. Dal momento in cui si era liberato della sua anima non aveva più riguardi né umanità. Aveva agito senza scrupoli, badando solo al guadagno e al successo. L’uomo non contava più niente. Lui stesso non aveva più un’anima, un cuore, un io, divenendo terribilmente egocentrico, solo. Il film –concludevo, dice il Papa – dimostra in maniera impressionante come dietro alla facciata del successo si nasconda un’esistenza vuota.
Apparentemente l’uomo non ha perduto niente, ma gli manca l’anima, il senso della vita e con essa manca tutto. E’ ovvio che ogni essere umano, un tutt’uno nel proprio io di anima e corpo, non può gettare via letteralmente il proprio io, il proprio cuore cioè la propria anima, dal momento che è essa a renderlo persona. Egli infatti rimane comunque persona. Eppure ha la possibilità di essere disumano, di rimanere persona vendendo e perdendo il proprio io, il proprio cuore, la propria umanità. La distanza tra la persona umana e l’essere disumano è immensa, eppure ci si può non rendere conto, dimostrare; è la cosa realmente essenziale, eppure è apparentemente senza importanza,culturalmente, socialmente, politicamente soprattutto, oggi, nella dittatura del secolarismo.
Anche lo Spirito Santo, che sta all’inizio della creazione e che grazie al Mistero della Pasqua è sceso abbondantemente su Maria e gli Apostoli nel giorno di Pentecoste, non ha evidenza agli occhi esterni. Se penetra nella persona, oppure no, non lo si può vedere né dimostrare; ma ciò cambia e rinnova tutta la prospettiva dell’esistenza umana, dando alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Lo Spirito Santo non cambia le situazioni esteriori della vita, ma quelle interiori. Nella sera di Pasqua Gesù, apparendo ai suoi discepoli, “alitò su di loro e disse: ‘Ricevete lo Spirito Santo ‘“ (Gv 20,22). In maniera ancora più evidente, lo Spirito scese sugli Apostoli nel giorno di Pentecoste, come vento che si abbatte gagliardo e in forma di lingue di fuoco. Anche confessando i peccati nell’avvenimento dell’incontro con la Persona di Gesù Cristo attraverso la mediazione del confessore lo Spirito Santo scende nel proprio io, nel proprio cuore, nella propria anima per perdonare i peccati e rinnovare interiormente rivestendo di una forza che rende, come gli apostoli, audaci, nell’annunciare che “Cristo è morto e risorto”, che entra in noi in modo tale da essere assimilati a Lui, da vivere in Lui e di Lui, da amare in modo divino da fedeli presbiteri, da fedeli laici, da fedeli consacrati. Cristo infonde ciò che di più intimo, di più proprio c’è in Lui, crocifisso risorto, il suo stesso Spirito pasquale, il suo modo divino di amare fino al perdono.

E’ Lui, lo Spirito che nel ministero della riconciliazione realizza l’incontro col Verbo incarnato, crocifisso risorto, presente qui e ora, in chi si confessa
Andando incontro a Lui, presentandoci a coloro ai quali Cristo ha affidato il ministero della riconciliazione, per confessare con animo contrito i propri peccati dopo un sincero esame di coscienza e con la tensione di tentare e ritentare con fiducia e speranza di non ripeterli più, si esperimenta la vera gioia della tenerezza di Dio Padre il cui amore è più grande di ogni peccato con la possibilità di poter ricominciare fino al momento terminale della vita: quella gioia che deriva dalla misericordia di Dio, si riversa nei propri cuori e riconcilia con Lui e con i fratelli. Questa gioia è contagiosa e fa essere testimoni di Lui con i frutti dello Spirito: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, mitezza e dominio di sé” (Gal 5,22).
Tempio dello Spirito, di nuovo la nostra anima in grazia di Dio, Egli abita in noi e ci spinge ad obbedire docilmente alle sue indicazioni, per portare il contributo all’edificazione della Chiesa (1 Cor 12,7) e discernere a quale modalità di vocazione il Signore chiama con il dono comune di amare in modo divino cioè di essere santi. Anche oggi il mondo necessita di chi ama in modo divino cioè santi da sacerdoti, da uomini e donne consacrati, da coppie di sposi, da genitori cristiani nell’animazione di tutte le realtà terrene: cultura, società, politica. E ogni giovane per intravedere in quale di queste vie amare in modo divino cioè essere santi necessita di ricorrere frequentemente al sacramento della confessione e alla pratica della direzione spirituale nel percorso di cristiani coerenti, aprendo il proprio cuore alla Persona di Gesù Cristo, il Signore risorto che convenendo fraternamente insieme nella liturgia ci fa rivivere, rendendo attuali, i misteri cioè il vissuto del suo percorso terreno onde offrirgli un “sì” sempre più incondizionato, senza riserve.

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