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Il tradimento dell'Europa

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
La cosiddetta “civiltà occidentale” ha anche in parte tradito la sua ispirazione evangelica

«Il cristianesimo costituisce un legame profondo tra il cosiddetto vecchio continente e quello che è stato chiamato il “nuovo mondo”. Basta pensare al posto fondamentale che occupano la Sacra Scrittura e la Liturgia cristiana nella cultura e nell’arte dei popoli europei e di quelli americani. Purtroppo però la cosiddetta “civiltà occidentale” ha anche in parte tradito la sua ispirazione evangelica. Si impone pertanto un’onesta e sincera riflessione, un esame di coscienza. Occorre discernere tra ciò che costruisce la “civiltà dell’amore”, secondo il disegno di Dio rivelato in Gesù Cristo, e ciò che invece ad essa si oppone» [Benedetto XVI in occasione della VI Giornata degli universitari, quest’anno su Europa ed America, dopo Europa e Africa, Europa e Asia, 1 marzo 2008].

Il tema era già stato trattato da Giovanni Paolo II in un Messaggio al Vescovo di Verona nel 1983 in occasione delle celebrazioni in onore di Sant’Adalberto, riportando quello che il 3 giugno 1979 a Gniezno, dove sono custodite le reliquie del Santo, aveva detto in una Omelia. “Questo Papa porta in sé stesso l’eredità di Adalberto. Si tratta dunque di un Santo molto caro e noto al Centro Europa, e la cui celebrazione solenne, oggi a Verona, Città di tradizionali rapporti intereuropei, potrà indubbiamente servire a ritrovare le antiche comuni sorgenti, affinché ‘la consapevolezza di questa comune ricchezza, diventata su strade diverse patrimonio delle singole società del Continente europeo, aiuti le generazioni contemporanee a perseverare nel reciproco rispetto dei giusti diritti di ogni Nazione e nella pace, non cessando di rendere i servizi necessari al bene comune di tutta l’umanità e al futuro dell’uomo su tutta la terra’ (Egregiae virtutis, 31 Dicembre 1981). L’esempio di Sant’Adalberto si presenta quindi oggi più che mai valido in Europa che, pur conservando il tesoro inestimabile della Verità cristiana, vede tuttavia sorgere nel proprio seno, in varie forme, i fermenti di dissoluzione propri del pensiero pagano che era stato superato dalla novità del Vangelo, grazie all’opera generosa - e diciamo pure - eroica dei primi missionari, tra i quali appunto il Santo Patrono di Praga.
Oggi - ha proseguito Giovanni Paolo II - sul loro esempio, occorre riproporre il medesimo messaggio, in forme certo adatte agli uomini del nostro tempo; e mostrare come il Cristianesimo non è una esperienza storica superata da nuove forme di redenzione umana, ma è, resta e sarà sempre la ‘novità’ per eccellenza, al di là di tutti i ritrovati che l’uomo, con le sole sue forze, saprà escogitare nel corso della storia. Se cediamo alla tentazione di lasciare il Cristianesimo per le ‘ideologie’ di questo mondo, pensando di trovarle più ‘avanzate’ o più efficaci, in realtà non andiamo avanti, ma torniamo indietro. Questo dovrebbe insegnarci la recente storia europea, nella quale si può constatare che l’acconsentire a quella tentazione non è stato senza rapporto con le catastrofi nelle quali è precipitata, sperimentando forme di barbarie sconosciute agli stessi antichi pagani.
L’esempio di Sant’Adalberto e degli altri grandi fondatori dell’Europa cristiana ci incoraggia a cercare e a trovare una piattaforma d’incontro tra le varie tensioni e le varie correnti di pensiero, per evitare ulteriori tragedie e soprattutto per dare all’uomo, al ‘singolo ‘ che cammina per vari sentieri verso la Casa del Padre, il significato e la direzione dell’esistenza”.

Dall’Europa all’Occidente
Allargando lo sguardo dall’Europa all’Occidente il cardinale Caffarra, in un intervento a Lecce del 16 febbraio 2008, ha ricordato ciò che è avvenuto in tutto il nostro Occidente in questi secoli, e quindi ciò che è accaduto a ciascuno di noi che in Occidente viviamo, non solo geograficamente ma culturalmente.
E rifacendosi alla trasformazione della fede - cristiana nel tempo moderno della Spe salvi dal numero 16 con lo sguardo sulle componenti fondamentali, grazie alla scoperta dell’America e alle nuove conquiste tecniche che hanno consentito un indiscutibile sviluppo, qualifica la modernità non solo in senso cronologico ma assiologico, addirittura teologico: questa nuova correlazione tra scienza a prassi significherebbe che il dominio sulla creazione, dato all’uomo da Dio e perso nel peccato originale, verrebbe ristabilito. Modernità significa, appunto, nascita di un “mondo nuovo” nel senso di una positiva valutazione che la modernità dà di se stessa nei confronti delle epoche passate. “Nuovo mondo” perché il moderno è valutato come una cesura nei confronti delle epoche precedenti. “Nuovo mondo” perché, alla fine e soprattutto, è stato posto un nuovo fondamento alla vita umana: alla fondazione di ciò che è sulla Ragione e Volontà divina si è sostituita la fondazione di ciò che è autonomia. La realtà del mondo si spiega rimanendo dentro il mondo stesso. E’ stata l’esclusione della trascendenza l’origine del “mondo nuovo”. La “redenzione” non si attende più dalla fede, ma dal collegamento appena scoperto tra scienza e prassi. Non è che la fede, con ciò, venga semplicemente negata; essa viene spostata piuttosto su un altro livello - quello delle cose solamente private e ultraterrene e allo stesso tempo diventa in qualche modo insignificante per il mondo, per la storia. Questa visione programmatica ha determinato il cammino dei tempi moderni e influenza pure l’attuale crisi della fede che, nel concreto, è soprattutto una crisi della speranza cristiana, restringendo il suo orizzonte e la grandezza del suo compito, pur importante nella formazione dell’uomo e nella cura dei deboli e dei sofferenti.
Il cristianesimo moderno, di fronte ai successi della scienza nella progressiva strutturazione del mondo, ha pensato, valutato e vissuto solo il segno della positività questo suo concentrarsi soltanto sull’individuo e sulla sua salvezza oltre la morte: l’esclusione dal settore pubblico di Dio, del Dio dal volto umano cioè della Chiesa significherebbe emancipazione dell’umanità, affermazione della sua libertà e potenza nel dominio scientifico e tecnico della natura.
“Tuttavia - osserva Caffarra - noi oggi stiamo vedendo quale è stato il prezzo di questa nuova fondazione, quanto è costata la generazione del “mondo nuovo” di cui ci stiamo parlando. Lo vediamo meglio ora che pare siamo arrivati al capolinea”. Un grande filosofo non credente, J Habermas, parla di “dissonanze cognitive” presente nella nostra condizione attuale. Siamo diventati sempre più consapevoli di esserci imbarcati in interpretazioni della realtà e della vita umana che configgono tra loro e dalle quali non riusciamo più ad uscirne.

Dissonanze cognitive presenti nella nostra condizione attuale
- Oggi ha luogo una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni animale. Si ha quindi un autentico capovolgimento del punto di partenza di questa cultura moderna, che era una rivendicazione della centralità di ogni uomo e della sua libertà, riconducendo l’etica entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. Ma nello stesso tempo si continua ad esaltare la libertà scelta come fondamento ultimo di tutto. Nello stesso tempo si afferma e la piena immanenza dell’uomo dentro al processo evolutivo e la sua radicale emergenza sul medesimo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la libertà ridotta a mero spontaneismo. E sulla spontaneismo non si costruisce nulla.
- Una seconda “dissonanza” non è meno grave. Assistiamo ad una progressiva difficoltà di dare una solida giustificazione e fondamento ai diritti fondamentali di ogni uomo. Questa difficoltà ha una causa precisa: la negazione che esista una natura umana comune a tutte le persone, prescindendo da ogni diversità e quindi un diritto naturale comune. E si continua ancora, senza fondamento, a parlare di “diritti umani fondamentali”. Ma il significato di questo discorso è andato e va quotidianamente cambiando: da diritti umani che prescindono dalle diversità a diritti delle diversità. Concretamente: il diritto insindacabile dell’individuo ad agire “come gli pare - e piace”. Come gli pare poiché la ragione è giudicata incapace di attingere ad una verità universalmente consentita. Come gli piace, poiché non esiste un bene che è tale in se stesso e per se stesso, ma solo per me ed in me. La conseguenza è che la legge civile non può più appellarsi ad un patto su beni ritenuti non negoziabili, ma deve prescindere dal riferimento a qualsiasi valore, attenersi ad una rigorosa “neutralità” secondo la quale la legge “può porsi solo come garante della diversità”. Nessun contenuto è da ritenersi interdetto o vincolante, purché sia posto ed imposto con la procedura stabilita.
Non è difficile rendersi conto che la società generata da tali “dissonanze” è una società di estranei morali ((di “coriandoli”, è stato detto con una immagine espressiva), di tradizioni culturali incomunicabili, nella quale l’uomo vive ogni giorno di più male. E si pone ogni giorno più drammaticamente la domanda se la mera affermazione della libertà di ogni individuo, senza che si dia un vincolo unificatore preesistente, sia in grado di dare origine ad una buona società.
“E’ stato creato - conclude Caffarra - dall’uomo un “mondo nuovo” che sembra ora essere entrato nella dissoluzione del principio che lo aveva generato: l’affermazione dell’autonomia dell’uomo contro la trascendenza, (contro la sua origine dal Creatore). Il grave malessere di cui oggi l’uomo in Occidente soffre, è il segno che siamo entrati in un momento di gravi crisi”.

Cristianamente il “mondo nuovo” denota due realtà profondamente diverse:
- è il mondo generato dalla risurrezione di Gesù. “I giovani - ha osservato Benedetto XVI - sono sempre stati, nella storia dell’Europa e della Americhe, portatori di spinte evangeliche. Pensiamo ai giovani come san benedetto da Norcia, san Francesco d’Assisi e il beato Karl Leisner, in Europa; coma san Martìn de Porres, santa Rosa da Lima e la beata Kateri Tkakwitha, in America. Giovani costruttori della civiltà dell’amore! Oggi, voi, giovani europei e americani, Iddio vi chiama a cooperare, insieme con i vostri coetanei del mondo intero, perché la linfa del Vangelo rinnovi la civiltà di questi due continenti e di tutta l’umanità”.
- Il mondo costruito dalla volontà dell’uomo di vivere “come se Dio non ci fosse, come se Dio non c’entrasse”. “Le grandi città europee e americane - sempre Benedetto XVI - sono sempre più cosmopolite, ma spesso manca in esse questa linfa, capace di far sì che le differenze non siano motivo di divisione o di conflitto, bensì di arricchimento reciproco. La civiltà dell’amore è ‘convivialità’, cioè convivenza rispettosa, pacifica e gioiosa delle differenze in nome di un progetto comune, che il beato Giovanni XXIII fondava sui quattro pilastri dell’amore, della verità, della libertà e della giustizia. Ecco, cari amici, al consegna che oggi vi affido: siate discepoli e testimoni del Vangelo, perché il Vangelo (la presenza ecclesiale della Persona viva del Risorto) è il buon seme del Regno di Dio, cioè della civiltà dell’amore! Siate costruttori di pace e di unità! Segno di questa unità cattolica, cioè universale e integra nei contenuti della fede cristiana che tutti ci lega è anche l’iniziativa di consegnare a ciascuno di voi il testo dell’enciclica Spe salvi…”.
Nell’Enciclica Spe Salvi Benedetto XVI scrive. “E’ necessaria un’autocritica dell’età moderna in dialogo con il cristianesimo e con la sua concezione della speranza. In un tale dialogo anche i cristiani… devono imparare nuovamente in che cosa consista veramente la loro speranza, che cosa abbiano da offrire al mondo e che cos invece non possano offrire. Bisogna che nell’autocritica dell’età moderna confluisca anche un’autocritica del cristianesimo moderno” (22).

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