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Quesiti sulla Chiesa

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
La Chiesa è il seme e il germe, la cui forza vitale e il cui intimo dinamismo è costituito dalla presenza in essa del Risorto per “un mondo nuovo”, per “una speranza affidabile”, per “un presente anche faticoso” verso una meta sicura di cui noi possiamo essere sicuri, così grande da giustificare la fatica del cammino

Quando diciamo conversione al Vangelo, a un mondo nuovo, a una speranza affidabile, a un cammino di vita verso una meta di cui noi siamo sicuri, così grande da giustificare la difficoltà del cammino, intendiamo quello che Paolo dice che “chi è in Cristo è una nuova creatura” (2 Cor 5,17) e tali siamo divenuti fin dal Battesimo, che è realmente morte e risurrezione, rinascita, trasformazione in una vita nuova, in un vissuto di comunione ecclesiale autorevolmente guidata dal Vescovo in comunione con il Papa e in parrocchia dai sacerdoti subordinati al Vescovo. Diventiamo così “uno in Cristo” (Gal 3,28), un unico soggetto nuovo, e il nostro vivere viene liberato dal suo isolamento. “Io, ma non più io”: è questa la formula dell’esistenza cristiana fondata sul Battesimo, che rivivremo nella Veglia pasquale, la formula della risurrezione dentro il tempo, la formula della “novità cristiana” chiamata a trasformare il mondo. Qui sta la nostra gioia pasquale perché con l’incarnazione il Figlio Dio si è unito in qualche modo con ogni uomo, incontrandolo risorto presente nella Chiesa ci fa, con il dono del Suo Spirito, figli nel Figlio e quindi fino al momento terminale della vita ogni uomo, tanto più ogni battezzato, anche peccatore, mantiene la possibilità di rendersene conto, convertirsi e ricominciare di nuovo, ogni battezzato come figlio, anche prodigo, ha la possibilità di rendersene conto, lasciarsi riconciliare dal Padre e ritornare fratello nella Chiesa. Aver fede non significa solo aver fiducia nell’amore di Dio più grande di ogni peccato, in Dio Padre che vede e provvede con una onnipotenza più grande di ogni necessità, ma anche in ogni io umano, comune ridotto: è sempre unito in qualche modo con il Figlio incarnato, se battezzato sempre figlio nel Figlio, anche prodigo. E’ difficile oggi educare, ha osservato il Papa, ma non impossibile ed è questa fiducia, questa fede che vince ogni difficoltà: i figli che nascono oggi non sono diversi da quelli che nascevano ieri. Ogni uomo ha una chiamata da Dio e i sacramenti del Battesimo, della Cresima, dell’Eucaristia, i sacramenti che iniziano all’incontro ecclesiale con Cristo fondano la vocazione comune di tutti i discepoli di Cristo alla santità da fedeli laici, da fedeli consacrati, da fedeli preti e alla missione di evangelizzare il mondo: la fede si rafforza e si irrobustisce donandola. La nostra vocazione e il nostro compito di cristiani consistono nel cooperare perché giunga a compimento effettivo, nella realtà quotidiana della nostra vita privata e pubblica, nella nostra casa, nella famiglia umana, nell’ambiente in cui operiamo, nella storia, nel mondo intero, ciò che lo Spirito Santo ha intrapreso in noi col Battesimo, la Cresima una volta per sempre, ciò che l’Eucaristia almeno della Domenica matura: siamo chiamati infatti a divenire donne e uomini nuovi anche visibilmente, per poter essere testimoni del Risorto, della presenza della Persona di Gesù Cristo, della possibilità di incontrarlo per essere cristiani dando alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.
Ma culturalmente fin dal seicento, osserva Benedetto XVI in Spe salvi, Francesco Bacone teorizza in Instauratio magna un passaggio sconcertante nella modernità, una frattura fra Vangelo e cultura, fra Vangelo e vita, oggi divenuto egemone nella mentalità: fino alla scoperta della nuova scienza o matematizzazione galileiana e conseguentemente della tecnica industriale, il recupero di ciò che l’uomo nella cacciata del paradiso terrestre aveva perso si attendeva dalla fede, dall’incontro nella Chiesa con la Persona di Gesù Cristo che dà, appunto, attraverso il concreto vissuto di comunione ecclesiale, alla vita personale e sociale un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva, e in questo si vedeva la “redenzione”, non semplicemente la possibilità di vivere qualche anno di più, di vincere qualche malattia, di superare qualche angoscia psicologica, ma di inserirci nella vita, la veramente vita che matura per l’eternità in anima e corpo, in cieli nuovi e terra nuova, con ogni bene senza alcun male, ma da quel momento storico con la cultura moderna non si attende più il regno di Dio dalla fede, ma si punta tutto al regno dell’uomo con il collegamento appena scoperto di teoria e prassi, di scienza, tecnica e industria. Non è che la fede, con ciò, venga semplicemente negata; essa viene spostata su un altro livello – quello delle cose solamente private e ultraterrene – e allo stesso tempo diventa in qualche modo irrilevante per il pubblico, per la storia e quindi irrilevante nella società e nella politica la vocazione dei fedeli laici impegnati nelle realtà terrene. Questo modo, purtroppo, condiviso di pensare cioè questa cultura ha determinato il cammino dei tempi moderni, l’ideologia industriale borghese della rivoluzione francese con l’esplosione del problema dei lavoratori prima, con l’ideologia marxista poi della rivoluzione proletaria che hanno lasciato “dietro di sé una distruzione desolante” (Spe Salvi) e purtroppo influenza pure l’attuale crisi della fede che, nel concreto, è soprattutto una crisi della speranza cristiana per una fede nel progresso autonomo dell’uomo, nelle riforme e si parla di un mondo nuovo solo in senso storico, secolarizzato nel quale Dio, Dio dal volto umano cioè Gesù Cristo non c’entra. Come oggi recuperare la fede nella speranza affidabile, come ravvivare nel cammino battesimale, penitenziale un presente verso la meta di cui possiamo essere sicuri, così grande da giustificare la fatica del cammino? La scienza e la tecnica sono importanti e possono contribuire molto all’umanizzazione dell’umanità e del mondo, ma può anche distruggere l’uomo e il mondo, se non viene orientata da forze soprannaturali che si trovano al di fuori di essa. D’altra parte, dobbiamo anche constatare che il cristianesimo moderno, ha ridotto il riferimento a Cristo solo come ispiratore di idee e di morale, senza la sua presenza reale, sacramentale nella Chiesa per tutti.
Nella comprensione della fede cattolica la salvezza di ogni uomo è un fatto reale, storico come il Gesù della fede. Reale significa che essa, la salvezza, concerne la realtà del mondo esteriore, sensibile, empirico, storico e materiale. Parliamo cioè della realtà di quel mondo che è primariamente disponibile, percepibile, materiale e spazio – temporale dove i fedeli laici sono protagonisti.
La salvezza di cui parla la fede cattolica, quindi, non è qualcosa che accade solo nella dimensione spirituale dell’uomo, e che riguarda il singolo individuo. Essa pervade anche la realtà fisica, la storia dell’uomo, il suo mondo esterno. Nulla è tanto alieno dalla fede cattolica quanto una concezione idealistica, spiritualistica della salvezza, che avviene solo quando conveniamo in Chiesa, ed una concezione solo morale della medesima. La fede cattolica non si identifica con una idea; non si identifica con una proposta morale ma accade nell’avvenimento dell’incontro ecclesiale con la Persona del Crocefisso risorto, vivo e presente qui e ora nella dimensione sacramentale di cui protagonisti sono i preti in Chiesa, i fedeli laici nelle realtà terrene.
Quando noi parliamo di un “mondo nuovo”, di una “speranza affidabile”, di una “meta sicura” parliamo non semplicemente di un “mondo dello spirito”, del paradiso dopo morte, ma di un “mondo” che ci sta di fronte e nel quale viviamo con amore e con quale condividiamo sorte e destino.
Ma come è potuto accadere che il cristianesimo moderno, noi, di fronte ai successi della scienza nella progressiva strutturazione del mondo, ci si è concentrati in modo clericale solo sulla salvezza dell’individuo e sulla salvezza della sua anima restringendo l’orizzonte della speranza cristiana, non riconoscendo sufficientemente la grandezza del suo compito nelle realtà terrene attraverso la vocazione dei fedeli laici, anche se resta grande ciò che si è continuato a fare nella formazione dell’uomo e nella cura dei deboli e dei sofferenti?
Come recuperare la realtà, la verità della fede cattolica? Sulla base del fatto dell’Incarnazione: “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14); “Gesù è venuto nella carne” (1 Gv 4,2); il Figlio di Dio è venuto “fatto di donna” (Gal 4,4). Ora la carne umana connota la dimensione terrena del fatto centrale della nostra fede. Dio, la sua vita, si è fatta visibile: è stata toccata, vista, ascoltata (1 Gv 1,1-4). In questo modo l’uomo concreto, in carne ed ossa, è stato reso partecipe della vita divina, già partecipe della vita veramente vita che non muore, della vita eterna, cioè è stato salvato. Il suo regno non è un al di là immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore, che attingiamo nella preghiera e nei sacramenti, l’Eucaristia in particolare, ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà girono per giorno, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi garanzia che esiste sciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è “veramente” vita.
Ne deriva che tutti gli avvenimenti che narrano la vicenda umana del Vebro incarnato o via umana alla Verità e alla Vita del Dio vivente Padre, Figlio, Spirito Santo, avvenimenti resi attuali dal Cristo, dal Crocefisso risorto nella celebrazione liturgica, devono essere considerati realisticamente, storicamente. In primo luogo, l’avvenimento pasquale che il cammino quaresimale ci porta a rivivere nel triduo pasquale.
Nel discorso che Benedetto XVI tenne al IV Convegno della Chiesa italiana a Verona, disse: “La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori. Nello stesso tempo essa non è affatto un semplice ritorno alla nostra vita terrena; è invece la più grande “mutazione” mai accaduta, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma con Lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo… Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente il nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé”.
Il senso è chiaro. La risurrezione di Gesù è un fatto realmente accaduto dentro la nostra storia: è il suo corpo crocifisso e morto che viene risuscitato. Ma nello stesso tempo quel corpo è entrato in possesso di una vita nuova e incorruttibile, senza cessare di essere veramente umano, con una vita veramente vita eterna. E’ iniziato in Gesù il “mondo nuovo”, che è questo stesso mondo nelle doglie del parto di cui noi abbiamo esperienza, ma trasformato ed attratto progressivamente dentro a quell’evento. Partecipi con il Battesimo come figli nel Figlio della sua morte e risurrezione ci è donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino.
La risurrezione del Verbo incarnato non deve essere pensata come il punto in cui una linea –appunto il Verbo incarnato – tocca la circonferenza – appunto la nostra vicenda umana – per poi ritornare velocemente all’infinito. Essa continua realisticamente ad agire, a penetrare continuamente nel nostro mondo per trasformarlo ed attirarlo a sé mediante la Chiesa: realtà visibile e concreta, strutturata anche in modo giuridico. Del “nuovo mondo”, della “grande speranza, della “meta sicura”, la Chiesa è il seme e il germe, la cui forza vitale ed il cui intimo dinamismo è costituito dalla presenza in essa del Risorto.
La creazione del “nuovo mondo”, della “grande speranza”, della “meta sicura” diventa particolarmente percepibile nei sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia. La natura propria del Battesimo è proprio quella di far ri-vivere, in senso reale, nel credente, fedele presbitero, fedele laico, fedele-consacrato quanto Cristo ha vissuto nel suo evento pasquale di morte e di risurrezione. La porta di ingresso della risurrezione di Gesù nel “mondo vecchio”, senza speranza credibile è il Battesimo, perché mediante il sacramento tutto l’uomo viene posto in Cristo e Cristo vive nell’uomo: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Questa è la definizione stessa della nascita del nuovo mondo, della speranza affidabile, della meta sicura. E l’Eucaristia, almeno domenicale, senza di essa non si può vivere, porta a perfezione quanto è stato iniziato nel Battesimo.
In sintesi: Parlare di un “mondo nuovo”, di una “speranza affidabile”, di un cammino verso una meta sicura e grande significa dire che la salvezza avviene in modo realistico con piccole speranze temporali che mantengono viva la grande speranza. Nel suo principio: Gesù di Nazaret che si fa presente in ogni tempo e luogo come Cristo, crocefisso risorto, in ogni celebrazione sacramentale, l’Eucaristia domenicale e la confessione frequente in particolare. Nella sua causa strumentale: la Chiesa visibile e concreta in vissuti di comunione fra fedeli preti, fedeli consacrati, fedeli laici, strutturata in modo giuridico. Nella sua forma maggiormente percepibile: i sacramenti dell’iniziazione cristiana, la successione apostolica, l’animazione cristiana delle realtà temporali.

Quesiti:

  1. Senza l’Eucaristia domenicale e la confessione frequente non si può essere cristiani, pieni di speranza e di fiducia anche nelle tribolazioni: è diffusa questa consapevolezza?
  2. La catechesi agli adulti, avendo come testo base il Catechismo della Chiesa cattolica e il suo Compendio è una delle più gravi urgenze pastorali. Importantissima l’omelia festiva nella quale Lui risorto ci parla qui e ora come parlava allora, ma non basta per la comprensione dei contenuti della fede: se ne è convinti?
  3. Di fronte alla cultura attuale non basta. L’educazione nella fede deve raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, la consapevolezza di valori non politicamente negoziabili, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità. La riflessione sistematica su tale “esigenza sconvolgente” della fede è la Dottrina sociale e il suo Compendio: ne siamo persuasi e come tendere a questa meta?

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